Come un gossip può divenire un Affare di Stato

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Una storia che si potrebbe anche riassumere così: un uomo di potere così impegnato nel suo ruolo da non avere praticamente tempo per sé e una sua vita privata, e un’avvenente signora spesso accanto a lui persino in alcune manifestazioni ufficiali…Praticamente questo, in due parole, il caso Gennaro SangiulianoMaria Rosaria Boccia. La vicenda che sta tenendo banco da settimane su tutti i media per il fatto che lui era un Ministro e chi l’accompagnava non era una semplice amica – un classico – bensì una persona che, grazie a lui e oltretutto attrezzata da 007, voleva plausibilmente arrivare a rivestire a ogni costo un ruolo all’altezza delle sue ambizioni. Una storia da gossip per riviste da leggere al parrucchiere, se non fosse che invece ha fatto tanto scalpore da richiamare l’attenzione degli organi inquirenti, ma anche giustificare l’ipotesi che questo scandalo, più che voler colpire i diretti interessati, possa essere addirittura un complotto mediatico giudiziario teso piuttosto a colpire il nostro Governo per minarne reputazione e tenuta.

Insomma un caso politico così montato da divenire quasi un Affare di Stato e che, invece di essere un incendio da circoscrivere tutti nell’interesse di un’Italia alle prese con le difficilissime sfide cui dover far fronte, ha costretto Giorgia Meloni a doversene occupare per porvi rimedio; pena il rischio un calo di credibilità dell’intera coalizione e di quel consenso peraltro sempre in ballo con le infinite scadenze elettorali a cui siamo periodicamente chiamati. Né d’altronde il nostro premier poteva fare diversamente, visto che il protagonista di questa fastidiosa querelle – ed ennesimo scandalo verosimilmente usato in realtà contro di lei e il suo Esecutivo – riguardava un Ministro da lei nominato per la Cultura, che non solo è il pilastro insostituibile del Pensiero, ma è anche voce importante del nostro PIL perché strettamente connessa a un comparto vitale della nostra economia quale è il turismo.

Complotto o meno contro Sangiuliano o il Governo, quasi un dejà vu per noi, proprio mettendo in fila una serie di episodi, e sempre con la cultura al centro; ma quale oggetto di particolare attenzione, se non forse di preoccupazione, dell’area progressista del nostro Paese alla luce della determinazione con cui cerca di sventare qualsiasi tentativo potesse metterne in discussione la presunta egemonia intellettuale o aprire una nuova stagione di confronti. Ovvero una rivisitazione di quella Cultura, frutto dell’antica spartizione del ‘46 tra i vincitori del Referendum tra Monarchia e Repubblica, dove la DC si buttò sulla “ciccia” lasciando praticamente campo libero a PSI e PCI sul resto. «Conoscere il passato, per capire il presente…» ecco come poi la ribellione al mito di Roma e della Storia, fatto proprio e utilizzato dal Fascismo, finì per dare origine a tutta una classe di intellettuali che, a partire dal ’68, mettendosi alla testa persino di rivolte operaie e occupando Università, finì praticamente per imporre quel pensiero progressista e di sinistra che ha formato non solo i professori di quasi tutte le scuole di ogni ordine e grado, ma anche gran parte delle future classi dirigenti del Paese.

Quella Cultura di sinistra, subito ribattezzata all’epoca Kultura, perché accanto a fascinazioni marxiste leniniste o maoiste aveva lo stesso leitmotiv di oggi in un antifascismo da tirar fuori a ogni piè sospinto e appiccicare a ogni cosa. Insomma una sorta di marchio d’infamia da usare, a proposito o sproposito contro chiunque la pensasse diversamente, e poi rimasto preziosissimo e irrinunciabile Jolly della sinistra da giocare in ogni campagna elettorale o dibattito o anche semplice confronto di idee. Quasi a ribadire che la Cultura è patrimonio e appannaggio pressoché esclusivo e inviolabile di una sola parte politica e di pensiero del Paese, gli esempi non mancano di certo. E tantomeno quelli osservati persino da vicino, occupandoci appunto e soprattutto di questo più che di cronaca o altro.

Emblematico, infatti, come esempio dell’efficacia di certa informazione di poter influire anche su scelte politiche importanti, quanto successo a Vittorio Sgarbi, dopo la vittoria del centro destra di due anni fa alle politiche e alla vigilia della formazione del nuovo Governo. Dato da tutti come il quasi sicuro Ministro del ramo, considerando la sua inarrivabile conoscenza non solo dell’Arte ma anche della Cultura a 360° e unita, per di più, a una grande esperienza da parlamentare e persino una costruttiva parentesi come Sottosegretario…ebbene è bastato un solo paginone del Corsera del 13 ottobre 2022 con una lunga e articolata intervista, ma dal titolo «Farei il ministro del Patrimonio. La cultura del ‘900 è di destra» (v. BariSera di due giorni dopo e dal titolo “Sgarbi alla Meloni…”) per fargli preferire, al suo posto, proprio Sangiuliano. Cioè appunto quel Ministro che – bis in idem per una campagna di stampa contro di lui per presunti reati tutti da dimostrare – ha poi preceduto di sei mesi nelle dimissioni, quando ha rinunciato volontariamente alla sua carica di Sottosegretario, proprio per evitare fastidi o imbarazzi a chi ha sin troppo da fare per rimettere in piedi il Paese e riportarlo al ruolo che gli spetta in Europa e a livello internazionale,

Ma poiché non è di Sgarbi come “uomo e politico del fare” che vogliamo parlare, ma lo abbiamo tirato in ballo per l’analogia che vi è tra la sua vicenda e quella dell’ormai ex ministro ritorniamo perciò su quest’ultimo. E diciamolo chiaro, sicuramente Sangiuliano è stato vittima di se stesso e di alcune sue scelte personali, però per lui oltre il danno pure una beffa che sembra dover continuare all’infinito: vae victis, impossibile non notare un certo accanimento nei suoi confronti, nel probabile tentativo di allargare il discredito dovuto alla sua debolezza tutta umana anche alla sua indubbia caratura di grande intellettuale…e dunque implicitamente continuare ad attaccare anche tutti coloro che lo hanno nominato alla carica che aveva.

La ragione per cui abbiamo perciò deciso di dedicare la nostra chiosa al neo Ministro alla Cultura Alessandro Giuli. Innanzi tutto augurandogli un buon lavoro per l’Italia, ma con un in più un paio di suggerimenti a nostro avviso utili: essere molto prudente e diplomatico con i grandi media. ma soprattutto guardingo, nel suo mandato, con gli avversari di questo Governo ricordandogli che «Chi tocca la Kultura si fa male!», Naturalmente scherziamo, ma non troppo.

Enrico Tedeschi

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