Il messaggio

Arte, Cultura & Società

Di

di Franco Faggiano

Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano. (Paulo Coelho)

Con un titolo così enigmatico, si potrebbe pensare ad un romanzo forse noir. In realtà, in queste poche righe a seguire, andrò a disquisire sinteticamente su come l’utilizzo di messaggi a cavallo della fine del secondo e l’inizio del terzo millennio, ha letteramente cambiato il nostro modo di comunicare, sostituendo il dialogo a voce, fatto di persona o per telefono, con la scrittura (anche con immagini e video a supporto, nonché audio), tramite gli apparati tecnologici a nostra disposizione.

Dalla nascita della cosiddetta posta elettronica avvenuta grazie a Ray Tomlinson, quando nell’ottobre del 1971 venne inviato il primo messaggio di posta elettronica utilizzando un programma che lui stesso aveva sviluppato, sono poi passati altri ventuno anni circa quando il 3 dicembre del 1992, fu inviato dall’ingegnere Neil Papworth il primo SMS da un computer a un “Orbitel 901” (un antesignano dei cellulari).

Queste due date, di fatto, hanno segnato l’inizio di una nuova era di comunicazioni, sicuramente innovativa tuttavia non priva di difetti e di problematiche indotte.

Le mail, sia normali sia PEC (Posta Elettronica Certificata), hanno quasi sostituito la posta tradizionale data prevalentemente da lettere in formato cartaceo. Aspetto, questo, se vogliamo prevedibile e in parte anche auspicabile ambientalmente parlando vista la riduzione di carta utilizzata e di trasporti correlati. Di contro, però, ha impigrito le persone al sano uso della penna per scrivere a mano e ad utilizzare con troppa disinvoltura tale strumento, spesso abusandone, soprattutto in ambito professionale.

L’abuso vero e proprio, però, non è avvenuto con la posta elettronica (dicasi e-mail), ma con la messaggistica (in particolare con app usate da smartphone, e due su tutte: WhatsApp© e Telegram©). Ormai tutti (compresi i meno giovani) utilizzano questo strumento di comunicazione, ma non sempre in modo consapevole ed opportuno.

Detto questo, gradirei adesso soffermarmi più su altri aspetti che non su quelli tecnici, che peraltro ho descritto e sviscerato in un mio altro articolo, ed evidenziare quanto segue con alcune domande che sorgono a me spontanee e che suggerisco a chiunque di porsi prima di scrivere un messaggio.

L’invio di un messaggio è veramente necessario? E se si, quando?

L’invio di un messaggio, a volte, non nasconde la voglia di non sentire a voce l’interlocutore, anche solo per un limitato tempo a disposizione?

L’invio di un messaggio può non essere gradito? E viceversa, se si, quando?

L’invio di un messaggio è veramente il sistema più veloce ed immediato per contattare una persona, o forse con una breve telefonata potremmo sortire un effetto più immediato, soprattutto se i messaggi necessitano di risposte e contro risposte?

L’invio di un messaggio, se scritto in modo non opportuno, non può essere mal interpretato? E se questo avviene, non è alquanto problematico spiegare poi cosa realmente si intendeva dire?

L’invio di un messaggio non induce chi lo scrive, ma anche chi lo riceve, a non preoccuparsi di sentire telefonicamente a voce, o ancor meglio ad incontrare la persona, dando per scontato che questo basti?

L’invio di un messaggio può essere interpretato come un voluto distacco fisico o il voler mantenere le “distanze sociali” per svariati motivi?

L’invio di un messaggio non rischia, a volte, soprattutto se inviato professionalmente, una valutazione negativa da parte dell’interlocutore se il testo non è scritto correttamente (a volte anche per un banale errore di battitura o di correzione automatica dell’applicazione)?

Insomma, potrei andare ancora avanti con tanti ulteriori quesiti, ma il mio intento è quello di permettere a chi legge di fare le dovute riflessioni su quando e come il messaggio serva realmente e quando, invece, parlare o al telefono o di persona sia meglio.

Affidare tutta la nostra vita a questi “strumenti”, può si aiutare in alcuni casi (soprattutto quando le distanze geografiche sono considerevoli e non si può fare altrimenti), ma in tanti altri inaridisce chi siamo, non permettendo di evidenziare le nostre emozioni tramite il contatto diretto, fosse solo anche con la voce più che fisico. La socializzazione di un individuo nella società certamente può avvenire in più modi, compreso quello virtuale, ma non può essere l’unico o esclusivo sistema per dialogare, confrontarsi, e farsi soprattutto conoscere per quello che realmente siamo, con tutti i nostri pregi e difetti, senza limitare o peggio ancora mistificare la nostra essenza dietro ad uno schermo di qualsiasi tipo, sia di un computer sia di uno smartphone. La connessione tra le persone viaggia sì veloce grazie al web e a tutto quello correlato, ma quello che può offrire una sana conversazione verbale non ha letteralmente prezzo, e non può e non deve essere sostituita!

Franco Faggiano, writer e blogger. Socio dell’Associazione Sociologi Italiani in qualità di EPS (Esperto Progettazione Sociale). Blog: retisocialienetworking.blogspot.com

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