“Roccella Jazz Festival”: tradizione e nuove frontiere nella 44ª edizione

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Emblematica della rassegna Roccella Jazz Festival “Rumori Mediterranei”, giunta alla sua 44ª edizione, è stata la serata che ha messo in luce l’essenza stessa della manifestazione. Il dialogo, cioè, fra tradizione e innovazione, tra radici e sperimentazione, e che ha visto protagonisti due progetti di grande rilievo: il “Terravetro” del Mauro Sigura Quartet, con la partecipazione speciale di Luca Aquino, e la performance di Stefano Di Battista & Cutello Bros New Generation, che ha segnato il debutto assoluto dei gemelli siciliani Giovanni e Matteo Cutello, su uno dei palchi più prestigiosi e autorevoli della scena musicale internazionale.

Emblematica questa serata, proprio nella sua accezione di particolarmente significativa, perché ha incarnato appieno lo spirito “contaminativo” e di ricerca che caratterizza “Rumori Mediterranei”.

Il progetto “Terravetro” di Mauro Sigura, che suona l’oud, uno degli strumenti a corda più antichi e diffusi nella musica araba, si è perfettamente integrato con la creatività sperimentale di Luca Aquino, trombettista che ha suonato uno speciale modello di tromba, la “aQuino”, realizzata insieme all’artigiano olandese Hub Van Laar. Un connubio che ha prodotto sonorità inedite, in un dialogo musicale continuo tra oriente e occidente, tra antico e moderno.

In parallelo, la performance di Stefano Di Battista, uno dei più grandi sassofonisti contemporanei, ha offerto una visione completamente diversa, ma altrettanto potente. Di Battista, celebre per il suo virtuosismo e per l’uso di strumenti iconici come il sax contralto Selmer Mark VI e il sax soprano Yamaha 62R, ha dimostrato come il jazz possa essere reso accessibile e popolare senza perdere la sua profondità e complessità. Con la reinterpretazione di brani popolari di grandi compositori come Ennio Morricone e Paolo Conte, Di Battista ha tolto al jazz quella patina pregiudizievole di musica colta, adatta solo a un pubblico di élite, ricollegandolo a quel substrato culturale da cui è emerso nei primi del Novecento a New Orleans nel quartiere a luci rosse di Storyville.

Di grande intensità,  è stato il debutto dei gemelli Giovanni e Matteo Cutello, definiti da Renzo Arbore “i due più grandi jazzisti del futuro”. Alla loro prima esibizione su un palco di tale importanza, i Cutello sono stati sostenuti dall’emozione palpabile dei loro genitori, Giovanna e Gaetano, presenti in platea. “Sono stato io a portarli a Roccella Jazz che avevano appena cinque anni” racconta il padre, grande appassionato di musica e musicista lui stesso di fisarmonica jazz sull’esempio di Richard Galliano, segnando l’inizio di un percorso che li ha condotti fino alla consacrazione al Roccella Jazz Festival.

Questa serata, quindi, non è stata solo un’esibizione di talento, ma un’espressione della vitalità del jazz e della sua capacità di rinnovarsi. In un contesto in cui tutto cambia rapidamente, il jazz, pur mantenendo intatte le sue radici, continua a evolversi, abbracciando nuove influenze e sperimentazioni, come ha dimostrato il palinsesto di “Rumori Mediterranei”.

Di questa continua trasformazione del jazz e della sua capacità di rinnovarsi, ne parliamo con Vincenzo Staiano, storico e ormai leggendario Direttore Artistico della rassegna. Staiano, con la sua visione artistica, ha saputo mantenere viva e vitale la tradizione del festival, rendendolo un punto di riferimento internazionale per gli appassionati del genere e per i musicisti di tutto il mondo.

 

Prof. Staiano, la rassegna “Rumori Mediterranei” è giunta alla sua 44ª edizione. Guardando indietro, qual è stata la “walking bass”, ovvero la linea guida o di tendenza, che ha caratterizzato tutte queste edizioni?

L’originalità. Il Festival di un paese di 7 mila abitanti per emergere e farsi notare nel panorama jazzistico internazionale si è dovuto dotare di un tratto distintivo che lo differenzia da altri eventi. Noi ogni anno predisponiamo sei-sette progetti originali o prime assolute che costituiscono il valore aggiunto rispetto ad altre rassegne che puntano su nomi altisonanti, ma scontati e molto sentiti. L’esempio più eclatante è la commissione, nel 1989, di “La Follia. The Roccella Variations” di George Russell che è considerato un capolavoro della storia del jazz. Un successo strepitoso che ha consacrato il nome di Roccella nel mondo.

Quali sono i tratti distintivi dell’edizione di quest’anno? C’è un tema particolare o una direzione specifica che avete voluto esplorare?

C’è una grande attenzione per i jazzisti italo-americani e ciò fa parte di una linea che seguiamo ormai da anni, così come il coinvolgimento dei nuovi talenti del jazz europeo. È di un certo interesse, poi, rilevare che i gruppi più apprezzati dal pubblico sono stati tutti stranieri (Cile, Ucraina, Macedonia del Nord, Germania e Grecia). Ciò significa che al pubblico piacciono le novità che noi proponiamo.

Nel corso degli anni, il jazz ha subito molte trasformazioni. Come si è evoluto il genere nel contesto del Roccella Jazz Festival, e in che modo avete cercato di mantenere la sua essenza originale pur adattandolo ai cambiamenti?

Questo è certamente un tema molto complesso. Il jazz si è ormai evoluto in varianti diverse da quello statunitense in molte aree del mondo. Londra è ormai la fucina di un genere particolare che presenta interessanti ibridazioni del jazz con la musica africana e di altri continenti, grazie alla presenza di molti immigrati. Lo stesso fenomeno si registra in altre paesi. Noi seguiamo con attenzione tutto ciò.

In che termini il “Roccella Jazz Festival” ha contribuito a promuovere il jazz a livello internazionale? Ci sono stati artisti o momenti che, secondo lei, hanno segnato un punto di svolta per il festival?

Per Roccella sono passati quasi tutti i grandi degli ultimi cinquant’anni. Ho citato Russell, ma potrei aggiungere Ornette Coleman, Cecil Taylor, Archie Shepp, Richard Muhal Abrams, Chick Corea, Wayne Shorter, Dave Holland, Carla Bley, Michel Petrucciani e tanti altri. Tutti questi giganti hanno lasciato segni indelebili  che sono visibili in molte registrazioni audio e video in circolazione sul web.

Quali sfide avete affrontato nel mantenere viva una rassegna di questo calibro per così tanti anni? Come vi siete adattati alle esigenze del pubblico e del panorama musicale in costante cambiamento?

Purtroppo il Festival ha conosciuto dei momenti difficili dal punto di vista finanziario che, fortunatamente, sono stati superati. È stato fondato nel 1981 da un’associazione privata presieduta dal compianto senatore Sisinio Zito e, dopo la sua scomparsa, nel 2016, è passato sotto la gestione del Comune di Roccella Jonica. Come ho già specificato in prima battuta seguiamo con attenzione il jazz a livello mondiale e cerchiamo di soddisfare le esigenze del pubblico.

Quali sono le sue aspettative per il futuro del festival e del jazz in generale? Come immagina che continuerà a evolversi nei prossimi anni?

Il Festival è fortemente condizionato dagli “umori” e dai tempi dei suoi sponsor istituzionali. Noi abbiamo saputo del finanziamento da parte di un ente solo a fine luglio. Questi tempi non aiutano una programmazione efficace. Il jazz è in continua evoluzione, ma niente di particolarmente significativo si registra negli Stati Uniti, paese dove è nato. È paradossale rilevare che per molti jazzisti statunitensi “l’America” è l’Europa.

MAURO SIGURA QUARTET, da sx: Tancredi Emmi, Gianfranco Fedele, Mauro Sigura, Alessandro Cau, Luca Aquino – photo by Pino Passarelli

STEFANO DI BATTISTA & CUTELLO BROS NEW GENERATION, da sx: Giovanni Cutello, Stefano Di Battista, Mauro Cutello – photo by Pino Passarelli

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