Marx puo’ aspettare

Cinema

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Il documentario espiatorio di Marco Bellocchio

Presentato in anteprima nel 2021 al Festival de Cinema di Cannes, Marx può aspettare è un docu-film firmato Marco Bellocchio con cui il regista decide di decriptare il suo vissuto personale e professionale, offrendo alla pubblica piazza cinematografica la possibilità di attraversare il confine intimo di un uomo in cerca di risposte, per comprendere quali domande non siano state poste. Tutto comincia con una tavola imbandita a festa che centripeta una famiglia, dove ognuno ha una storia da raccontare, un dettaglio da svelare, un ricordo da rinnovare. Marco vi presenta la famiglia Bellocchio. Il regista, attraverso una narrazione anagrafica e interrogatoria, ricostruisce quelle dinamiche familiari – spesso distruttive – eternamente segnate da quella che fu una scelta silenziosa e disperata di uno dei suoi membri. Il 26 dicembre 1968 Camillo Bellocchio, fratello gemello di Marco, muore suicida. Quel gesto definitivo rimane però incompiuto, perché lascia dietro di sé una scia di perchè da ricostruire, delusioni da sanare, grida di aiuto che ancora fanno eco. Ciascuno degli intervistati affronta quell’evento attraverso una lettura ed un responso spesso condizionato da ciò che fa meno male per chi resta, creando un Camillo ogni volta diverso ed aprendo scenari ancora più difficili da esplorare.

Marx può aspettare è l’esegesi esplicativa di gran parte del percorso cinematografico del regista, da sempre segnato dai grandi temi della famiglia, delle istituzioni, della vita e della morte, come I pugni in tasca, Salto nel vuoto, Gli occhi, la bocca e L’ora di religione, usando, questa volta, un linguaggio privo di metafore, di necessità scenografiche o di scrittura da rispettare. Per Bellocchio è giunto il momento di portare in scena il dolore così com’è, svelandone le colpe ed i sensi di colpa, gli effetti collaterali che una vita intera non basta a curare, guardandoli direttamente negli occhi, questa volta senza la mediazione defilata di una storia da reinterpretare. Accompagnato dalle musiche di Enzo Bosso, attraverso la ricerca nella memoria dei suoi fratelli e conoscenti, il confronto con i suoi figli, e il rispolvero di vecchie fotografie, il regista compie un’analisi della perfetta commistione tra epoca storica ed epopea familiare, svelando quanto la ricerca dell’affermazione renda ciechi verso chi rimane indietro ed una fede cristiana diventa un demone.

Gli anni ’60 sono stati la carta d’identità di un risorgimento politico, dove ognuno veniva raggiunto dalla vocazione al cambiamento, ricerca, questa, che non ha risparmiato i fratelli Bellocchio, come  Piergiorgio, fondatore nel 1962 dei Quaderni piacentini, Alberto sindacalista e scrittore,  ed infine Marco che proprio in quegli anni faceva il suo ingresso nel mondo dei grandi con I pugni in tasca, miglior regia a Locarno nel 1965, e La Cina è vicina, Leone d’Argento a Venezia nel 1967. Tutti, tranne Camillo, ancora incerto, claudicante, ondivago, esploratore passivo di un mondo che sembra possa fare a meno di lui. Come una mosca racchiusa in un bicchiere, lentamente perde ossigeno; uno stato di debolezza che nemmeno la sua famiglia riesce ad integrare, dove l’affetto materno rispondeva alle regole del Signore, predicando un vangelo secondo il Silenzio, ed il confronto con quei fratelli invece troppo impegnati a parlare.

L’ultima volta che il regista vide Camillo fu nel ’68 e di fronte al suo continuo ed irrisolto dubbio identitario, gli consiglia di scovare ed abbracciare la propria onda rivoluzionaria. Ma per Camillo Marx doveva aspettare…lasciarsi andare alla corrente quando non si è forti abbastanza per rimanere in piedi. La lotta doveva cominciare da se stesso,  contro quel padrone interiore che gli toglieva il diritto di vivere. Marco non ricorda molto di quel fratello nato abbracciato a lui, non comprende come le sue radici lentamente lo abbiamo avvolto fino a strangolarlo. Ogni aneddoto che ascolta e rimbomba nella mente e nel cuore è il suo gemello che sta rinascendo, questa volta, però, con il pianto rumoroso di chi si fa sentire al mondo.   

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