Agosto 1991: L’inizio della fine dell’impero sovietico. Ovvero: Cronaca di un disastro annunciato

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Mosca-Agosto 1991. Sono passati 23 anni, quando lo spettro del Putsh si materializzò davanti ai cittadini sovietici( di lì a poco, sarebbero diventati dei semplici cittadini della neonata RFS russa), Mihail Gorbaciov viene spacciato per malato, con problemi di salute, dalla sua dacia in Crimea, il fautore della Glanost,  apprende che l’Armata Rossa si è mobilitata per impedire il totale sfacelo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Miha, ha il volto sorridente, rilassato o quasi! Attende fiducioso l’evolversi degli eventi, scruta oltre le montagne, verso Ovest, verso la Germania che attende l’unificazione, ascolta la radio, ma dai comunicati non ci sono notizie rassicuranti.

Forse, la la nuova Duma costituitasi dopo l’estromissione di Gorbaciov da reggitore supremo del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, recita il mea culpa, ascoltando il canto della vittoria di Alexander Dubcek e di quanti volevano iniziare le giuste riforme a partire dagli anni sessanta, proprio nei paesi satelliti e legati al Patto di Varsavia 

La Glanost, la Perestrojika ha avuto i suoi effetti nella politica interna dell’impero sovietico, non è così per i nostalgici, quei militari appartenenti all’Elite sovietica, con le mostrine lucide e la bandiera scarlatta che grida ancora “Morte ai nemici del Popolo”.

Inizia così il lento e difficoltoso travaglio relativo alla dissoluzione dell’URSS, l’esautoramento e il sollevamento dall’incarico di Mihail Gorbaciov accende la rivalsa dei nuovi memberi del PCUS. Nuovi, ma pur sempre testimoni oculari e accompagnatori del progetto politico di Gorbaciov:

La Prestrojika, in tutto e per tutto, lo specchio della libertà di parola, di stampa, di opinione e la fine di quella “Cortina di Ferro”, così definita dallo stesso Winston Churcill in un telegramma inviato al Presidente americano Henry Trumam in data 11 maggio del 1945, durante la crisi di Trieste, quando la Jugoslavia di Jozip Tito Broz, pressava nei territori dell’Istria, della Dalmazia, contribuendo alla nascita del blocco sovietico e comunista, che da Stettino, fino all’Adriatico dettava già il suo dogma. 

Settant’anni di storia e di impero, un blocco voluto e partito con il Socialismo in solo paese con le basi del potere operaio e con una forza militare di esclusiva proprietà del popolo e per il popolo. Il frutto di un congegno sociopolitico naufragato con la volontà dello stesso Gorbaciov di aderire ai piani di liberalizzazione socio economica e politica. 

La Glanost è il nuovo farmaco per riformare l’intero e pesante apparato burocratico sovietico. Yalta è solo un lontano ricordo, lo Stalinismo un fantasma da esorcizzare, insieme alle famose purghe volute dal dittatore per portare l’URSS, ai livelli più alti della politica interna e non solo.
Pianificazione centralizzata, statalizzazione e potenziamento dell’apparato militare, fino alla nomina di Nikita Krusciov, passando per i paladini stakanovisti della politica sovietica nel solo, grande ed immenso impero sovietico, lontano dal potere capitalista e dalle trame dei complotti occidentali il Patto di Varsavia è l’unica soluzione per scacciare i demoni persecutori di Hitler e ancor prima di Napoleone. Un piano d’invasione dei territori dell’Unione Sovietica è da scoraggiare.
Si va avanti con Bulganin, Breznev e con le medicine anti Marshall. L’Europa si rialza dopo la seconda guerra mondiale con i dollari americani, l’URSS, mette in moto i piani di ripresa quinquennali nell’area asiatica, dove diventa il maggior produttore di grano del mondo. L’apparato militare cresce a dismisura, nessuno osa guardare in faccia i soldati dell’Armata Rossa, ne tantomeno le divise del KGB, i servizi segreti sovietici che combattono la Guerra Fredda innescata dall’occidente. La cagnetta Laika, la Soyuz, lo Sputnik, il mondo comincia a tremare al rumore dei razzi sovietici, inizia la gara spaziale russo americana, Youri Gagarin prima e poi Neil Armostrong, si sfidano servendo con lealtà i propri paesi.
Gli Stati Uniti d’America lanciano la propaganda antisovietica, Cuba sembra una certezza, ma ben presto diventa un miraggio e un pretesto per mettere in campo le rispettive macchine da guerra, sempre in crescendo. La Primavera di Praga, i Paesi non allineati e aiutati dall’URSS, l’appoggio all‘Egitto durante la Guerra del Kippur, contro l’invasore Israeliano, la Dottrina Breznev, e ancora l’invasione in Afghanistan. Tanta storia, tanti morti, tante guerre, così come, tanto odio contro gli Yankee, spioni, pericolosi e nemici del popolo. Il Nord Atlantico diventa un via vai di sottomarini russi e americani, si spiano a vicenda, ed ecco la Guerra Fredda vissuta dai paesi capitalisti come una minaccia di Guerra Nucleare, tra le due uniche super potenze.
Inglesi e americani si insinuano nelle gelide acque del Baltico, del Mare di Barents, cercando di spiare i movimenti della Flotta Sovietica, incidenti, inseguimenti, eliche appartenenti al potere capitalista vanno ad impigliarsi nei sensori rimorchiati delle fregate sovietiche, periscopi vengono avvistati al largo delle coste britanniche, nelle Isole Orcadi, la Royal Navy perlustra le acque, ma il famigerato Ivan il Matto al comando del suo Classe Oscar, riesce a farla franca. Inglesi e americani continuano a spiare le acque sovietiche impunemente, il teatro della Guerra Fredda si sposta nel Mediterraneo. Mhuammad Gheddafi, beduino di fede socialista, lancia i suoi scud su Lampedusa, non più Guerra Fredda, ma preludio ad uno scontro tra le due superpotenze. Arriva l’Ark Royal a Gibilterra, portaerei britannica seguita da una squadra navale al completo,  a sua  volta, seguite dalla statunitense Enterprise e dalla fregata Reuben James.
“Troppe navi anglo americane, troppo vicine alla base navale sovietica di Odessa e alla flottiglia som di Sebastopoli“, queste le parole di Alexander Jakovlev. Le ultime parole, quando già Mihail Gorbaciov si apprestava a delineare la Glanost e la conseguenziale Perestrojka
Ronald Reagan, George Bush Seniort,  Margareth Tatcher, Jonh Major e Mihail Gorbaciov. Dal disarmo nucleare, alla politica di distensione, fino all’incontro nel Mar Mediterraneo nell’Isola di Malta. Gli ultimi anni dell’URSS, tra la Prima Guerra del Golfo e la fine dell’impero sovietico. 
La fine della Guerra Fredda, il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan- ultimo bastione del socialismo nel sud est asiatico, ai confini con le terre del Zoroastro, e caduto nelle mani dei signori della guerra come i Talebani, liberati dagli stessi attori internazionali che hanno finanziato il Battaglione Mujaheddin, contro l’invasore sovietico- segnano il pieno compimento della Perestrojka.
Gorbaciov diventa un grande statista, la vera scommessa del gigante capitalista nella terra sovietica, inespugnabile ma non impossibile da ostacolare su altri teatri di giochi internazionali. Un ultimo sussulto, durante la prima Guerra del Golfo, contro Saddam Hussein, Mihail prova a mediare, l’incrociatore Moskva, si tiene alla larga dal passaggio delle navi americane dirette nel Golfo Persico, gli alleati sono sicuri che l’Unione Sovietica, reggerà ancora per qualche anno. La Perestrojka cancella tutto, si volta pagina.
La Duma e il Politburo sono così freddi da sembrare degli enormi iceberg alla deriva, pericolosi per quell’Europa che vuole navigare in acque tranquille, senza la minaccia Sovietica, libera di poter unificare le due germanie, libera di progettare il destino dell’Est Europeo con la caduta del Muro di Berlino
Il Putsh dell’Agosto 1991? Un fatto di cronaca qualsiasi, un fatto relegato nella storia di un nugolo di Partigiani Comunisti Pansovietici, che avevano deciso di ribellarsi all’avanzare delle Democrazia di Boris Eltsin e di quella Guerra in Cecenia, cercata e voluta. Il preludio all’ascesa della Democrazia Zarista di
Vladimir Putin, l’uomo del giorno dopo, che combatte un’altra Guerra, non fredda, ma reale, contro la minaccia di un espansionismo, quello della NATO nell’est europeo, sempre più attuale e consistente. L’URSS, non è più un problema. 

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