La Reggia dei Carraresi a Padova

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La Signoria dei Carraresi ebbe il suo più glorioso periodo con Ubertino I che nel 1339, dopo aver liberato Monselice, ultima roccaforte degli Scaligeri, divenne “Signore e Gonfaloniere del Comune di Padova”. Ubertino, oltre a riportare ordine e pace nella città, fu anche restauratore delle opere pubbliche. Inoltre, portò a completamento la cintura esterna delle mura cittadine e con lui ebbe inizio un periodo di prosperità per i padovani.

Con l’edificazione della reggia come palazzo di residenza, Ubertino volle affermare il suo potere a Padova.

L’area di terreno scelta per la costruzione della reggia, aggiornata all’odierna toponomastica, si delinea con il lato nord di Piazza del Duomo, via Monte di Pietà, piazza dei Signori, via Dante fino all’altezza del selciato di S. Nicolò per proseguire, poi, verso occidente, con la via che conduce al Teatro Verdi e piegando, infine, verso sud, con via Dondi dell’Orologio e via Accademia.

Piazza dei Signori e Torre dell’Orologio

Insomma, un’autentica “isola” nel cuore della città racchiusa tutt’intorno da una cinta muraria a lungo camminamento.

Ubertino fece costruire una specie di corridoio pensile, chiamato traghetto, che congiungeva la reggia con la prima cinta muraria della città, fino al Castello, utile in caso di pericolo e di fuga e percorribile anche a cavallo.

Era un’epoca violenta, i complotti di palazzo erano all’ordine del giorno e gli attacchi esterni sempre possibili. Il Traghetto serviva, dunque, contro i pugnali delle congiure e contro le lance dei nemici dichiarati, la stessa funzione della Galleria Vasariana a Firenze.

La struttura del Traghetto

Il Traghetto

Largo tre metri, collegato ortogonalmente alle mura, riparato da due parapetti merlati, era sostenuto da pilastri e ventotto archi in laterizi.

Il cammino di ronda, largo circa due metri, ossia i tre metri del traghetto meno lo spessore della merlatura, era usato come comodo percorso sopraelevato per i signori. Agevolmente percorribile a cavallo, costituiva, come detto, una importante via di fuga in caso di aggressioni.

Aveva due accessi, uno per i signori, dal primo piano della Reggia Carrarese, e uno per i soldati a cavallo e i trasporti d’ogni genere, dalla rampa recentemente rinvenuta e restaurata all’interno di Casa ex Anselmi, all’angolo tra via Accademia e via Arco Valaresso.

Il traghetto fu poi completamente distrutto alla fine del ‘700; a suo ricordo rimangono solo un rudere di un pilastro ed un arco impostato su di esso.

Grazie all’intervento di ripristino sostenuto con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo nel 2013 è stata restituita alla cosiddetta Casa della Rampa. Al suo interno la rampa di accesso al “traghetto”.

Cortile e accesso alla Rampa

La Reggia

Due i palazzi all’interno della reggia: il Palazzo di Ponente, residenza dei principi, e il Palazzo di Levante, prima destinato alla Curia e poi riservato alle donne. I due palazzi comunicavano tra loro attraverso un corpo centrale con un ampio cortile interno circondato da un portico a colonne.

L’intera struttura si ampliò nel tempo: si arricchì di un corpo centrale, quadrato, a peristilio interno, demolito nel 1800 per decisione del Comune di Padova, che vendette all’asta le bellissime colonne di marmo roseo veronese. Nel 1877, inoltre, l’architetto Camillo Boito, chiamato a costruire una scuola elementare, fu costretto a demolire un’ala della doppia Loggia del palazzo di Ubertino, nonostante le animate proteste di storici illustri dell’epoca.

Le logge superiori del cortile conducevano alle due sale maggiori di ricevimento dei Da Carrara, una di fronte all’altra: la Sala Tebana, più antica e più piccola, e la Sala degli Eroi o dei Giganti, cinquecentesca, ora annessa a Palazzo Liviano, l’edificio così chiamato in onore di Tito Livio, che fu progettato da Giò Ponti tra il 1937 e il 1939.

In via dell’Accademia, troviamo l’unica parte rimasta intatta a simboleggiare la grandiosità della reggia: la Loggia Carrarese, dal 1780 sede dell’antica Accademia dei Ricovrati, oggi Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti, che fu fondata nel 1599 da illustri letterati e personaggi della cultura e dell’aristocrazia, tra cui Galileo Galilei.

Dopo la morte di Ubertino (1345) si sentì l’esigenza di costruire un luogo di preghiera e di raccoglimento, oltre che per la famiglia, anche per i numerosi ospiti, specie se prelati.
La Loggia esterna fu allora chiusa e ridotta a Cappella, che il Guariento affrescò tra il 1355 e il 1360 con le scene del Vecchio Testamento.
Nel corso degli anni gli stessi “Ricovrati” decisero di abbattere una parete della Cappella per ingrandire la Sala delle Adunanze, distruggendo così una parte degli affreschi; tolsero dal soffitto le tavole con i famosi Angeli, conservate ora nel Museo Civico di Padova, ingrandirono le finestre interrompendo gli affreschi e murarono parte della loggia costruendo internamente un camino.

Nel 1917 la loggia fu liberata dalla sovrastruttura edificata dagli accademici e fu ripristinato il portico con le colonne.
Nella Sala delle Riunioni dell’Accademia la parete occidentale è ancora in gran parte ricoperta dagli affreschi originali disposti su due fasce, ciascuna sormontata da un fregio nel quale compaiono alcune scritte a caratteri gotici, in gran parte illeggibili.
Sottostante alle due fasce vi è uno zoccolo a finti riquadri marmorei su cui poggia una serie di archetti decorati da fiorami.

Oltre agli splendidi affreschi, la decorazione della Sala delle Riunioni comprende anche una preziosissima pianta della città, risalente al 1784, del cartografo Giovanni Valle, primo ad usare i calcoli trigonometrici nella realizzazione delle piante, e l’originale banco ad emiciclo attribuito al noto architetto veneziano Jappelli.

Pianta di Padova di Giovanni Valle (1784)

In una sala terrena della reggia si possono vedere inoltre alcuni frammenti di decorazioni araldiche di tempi diversi, come l’insegna “parlante” del carro alternato con il cimiero del moro di Ubertino da Carrara.

Il ciclo di affreschi del Guariento

PARETE OVEST

Il lato destro della Cappella privata dei Principi. Guariento di Arpo, pittore molto affermato a Padova e a Venezia, fortemente legato alla tradizione giottesca e influenzato anche da influssi bizantini, quasi certamente realizzò gli affreschi tra il 1349 e il 1354.

Si presentano disposti su due fasce, ognuna sormontata da un fregio nel quale compaiono alcune scritte a caratteri gotici, in gran parte illeggibili, che illustrano le scene dipinte. L’ampliamento settecentesco ad opera dell’Accademia dei Ricovrati, finalizzato ad adattare lo spazio alle attività dell’Accademia, ha mutilato alcune scene delle due fasce.

Le scene affrescate raffigurano alcuni degli episodi più importanti dell’Antico Testamento.

Partendo dal lato sinistro del registro superiore: Noè benedetto dal Signore, e il successivo episodio della sua Ebbrezza; nella fascia centrale una successione di celebri scene: il colloquio di Abramo con i tre Angeli (divenuti iconici dello stile di Guariento, per la particolare inclinazione dei volti, e la curva delle lunghe ali); a seguire è rappresentata la scena della distruzione di Sodoma, in cui si possono focalizzare due personaggi principali, Lot e sua moglie, trasformata in statua di sale; a chiudere la fascia è l’episodio del sacrificio di Isacco in cui sono espressi nella massima evidenza i sentimenti umani.

Spostandosi nella fascia destra del registro superiore, si possono notare una serie di scene legate alla vita di Giuseppe: a sinistra si può notare la pensierosa figura di Giacobbe; a seguire, Giuseppe tratto dal pozzo dai fratelli e venduto come schiavo ai mercanti.

Trasferendosi sul registro inferiore, scorriamo una seconda successione di episodi: Golia morente, colpito da David; a seguire il Giudizio di Salomone. Dalla fascia centrale presenta una sequenza di scene riferite al personaggio di Daniele; da sinistra: vediamo il profeta trainato in cielo dagli angeli, episodio diviso da un gruppo di macigni, al di là del quale sono raffigurate le storie dei tre compagni di Daniele, minacciati dal re Nabucodonosor II. Sulla fascia di destra, spicca la nota scena di Giuditta che decapita Oloferne.

PARETE EST

Di fronte ai primi affreschi si ammirano due frammenti a suo tempo salvati dalla demolizione settecentesca della parete che costituiva il lato sinistro della cappella. Il primo raffigura Giuseppe che interpreta i sogni del faraone; a seguire, Adamo ed Eva davanti all’Eterno.

Gli affreschi del Guariento non possono essere fotografati se non previa autorizzazione e solo ad uso privato

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