Reti sociali: viaggio nel passato delle ricetrasmissioni

Arte, Cultura & Società

Di

di Franco Faggiano

Le reti sociali che si sono sviluppate spontaneamente nel passato, con dinamiche dirette ed indirette, sono state sostanzialmente infinite. Tuttavia, in questo breve articolo, voglio dedicare il ricordo ad alcune esperienze di vita che hanno caratterizzato l’esistenza di molte persone della mia generazione e di quella successiva, ovvero dai cosiddetti “baby boomer” a quelli appartenenti alla “generazione x”.

Ebbene, i criteri di aggregazione erano molteplici, comunque quasi tutti di tipo ludico-culturale. Le attività sportive erano sicuramente quelle con un maggiore appeal e una più sentita frequentazione, ma certamente erano reti sociali spontanee e disorganizzate, spesso sviluppate nel dopo scuola nei prati e nei giardini cittadini, a meno che non facenti parte di associazioni dedicate, a carattere territoriale locale o nazionale. Altre attività, invece, e se vogliamo paradossalmente, avevano anche reti sociali più consistenti, tuttavia al tempo stesso avevano un chè di effimero ed occasionale, sicuramente non strutturate. Nella fattispecie, cito come esempio le reti sociali costituite da appassionati di ricetrasmissioni che con i loro apparati omologati (dicasi “baracchini”) e con pagamento di concessione governativa, parlavano nell’etere sulla frequenza cittadina (dicasi “Citizen’s band”) dei 27 Mhz. Una variegata comunità, che spaziava dagli adolescenti fino a persone molto attempate, da studenti a lavoratori, da uomini a donne, tutti accomunati da questa passione. Con i dovuti paragoni e distingui, è stata – anche se in modo meno ampio – una sorta di web ante litteram, con un networking geografico limitato territorialmente tramite l’uso di ricetrasmettitori a bassa potenza, piuttosto che con l’uso di computer e smartphone utilizzati attualmente. Comunque sempre da casa, dove venivano installate queste amatoriali stazioni ricetrasmittenti con antenne a volte montate sul balcone a volte, per chi poteva, sul tetto.

Vediamo, in sintesi, il modus operandi di queste reti sociali. Innanzitutto, tutti quanti avevano un cosiddetto nickname con il quale si identificano (esempi: “Interceptor” o “Anubis” ). Poi, spesso, si associava il proprio nome (mai il cognome) allo stesso identificativo (ovvero, sempre ad esempio, Mario “Floppy”). La conoscenza, dunque, era inizialmente virtuale come avviene oggi nelle chat tramite i social, ma a differenza di quello che avviene nel terzo millennio, non solo accadevano raramente situazioni pericolose, ma spesso con il tempo invece si creavano belle ed importanti amicizie, c’erano fidanzamenti e successivi matrimoni, nonché si concretizzavano anche rapporti professionali. Come? Semplice: dopo aver parlato numerose volte al baracchino, e dove inevitabilmente – pur non vedendosi in viso – quello che si diceva, sia nel tono sia nel linguaggio usato, non poteva essere mistificato come avviene oggi scrivendo su una tastiera. L’età e il sesso dalla voce erano abbastanza evidenti, e i ragionamenti espressi – sia di tipo generale sia di tipo tecnico – evidenziavano in modo palese un certo grado di cultura e conoscenza. Quindi si passava, qualora si ravvedevano i presupposti ad effettuare il cosiddetto “verticale”, nella fattispecie ad un incontro di persona. Come avveniva? Generalmente si fissava un appuntamento in un luogo dove c’era molta gente (visto che mai per sicurezza veniva detto dove si abitava), e dove a distanza si poteva vedere la persona per valutarla meglio nell’aspetto, soprattutto per congruenza tra quello detto in radio e quello che si palesava fisicamente. E nel caso di ragazze o donne, si andava con la compagnia di qualcuno, a volte pure del padre o di un fratello, piuttosto che con un’amica. Tutto questo sembra assurdo visti gli attuali usi e costumi, ma di certo funzionava e anche molto bene.

Come si creavano queste micro reti sociali? Ogni gruppo, si dava appuntamento su un canale scelto di quelli a disposizione (esempio il canale 15, sui 40 omologati) e lì si parlava di ogni cosa. A volte, solo la sera dopo cena, altre volte durante la giornata. Ovviamente, la conversazione non era come quella telefonica dove il dialogo è continuo, ma ognuno doveva aspettare il proprio turno per parlare senza esagerare nella durata dando il necessario spazio a tutti. E spesso era utile prendere appunti, visto che queste conversazioni potevano avere anche tanti partecipanti e aspetti da approfondire. Peraltro, tranne qualche raro caso, le conversazioni non erano mai volgari e si teneva sempre conto del gentil sesso e dell’età dei presenti, quindi nel totale rispetto delle parti. Tenendo poi conto della limitata potenza degli apparati, se regolari, una conversazione su un canale, mediamente aveva dei limiti di comunicazione. Quindi, quello che avveniva in un limitato raggio chilometrico o di una specifica zona geografica, poteva essere solo ascoltato da alcuni che erano nelle vicinanze di chi parlava. Per meglio comprendere, chi parlava sul canale “x” di una zona di Torino, non poteva sentire e parlare sullo stesso canale di quelli che usavano lo stesso canale, ad esempio, a Milano. Ecco che queste micro reti sociali, facevano parte di un sistema di radiocomunicazioni pressoché infinito, tutti elementi di un sistema direi illimitato, pur se non raggiungibile e, a volte, non comprensibile per le diverse lingue o anche dialetti locali usati. Oggi questi apparati, anche se desueti tecnologicamente e limitati per alcuni aspetti, sono ancora utilizzati nel volontariato (Protezione Civile), e in ambito professionale (camionisti) e amatoriale (camperisti e fuoristradisti).

Chiaramente, quanto scritto, non ha la pretesa di essere stato esaustivo, ma offre un quadro di un passato che, a distanza di pochi anni, sembra assolutamente superato dalle nuove tecnologie, tuttavia nel contempo offre diversi spunti di riflessione su come questa forma di socializzazione è avvenuta con successo e potrebbe tuttora permettere un sano rapporto comunicativo tra le persone creando coesione e facendo rete.

Franco Faggiano, EPS (Esperto Progettazione Sociale) e socio ASI (Associazione Sociologi Italiani) | Blog: retisocialienetworking.blogspot.com

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