Bambini dimenticati in macchina: succede di più ai padri?

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Succede di più di giovedi e venerdi”. Attenzione ai segnali: “dimenticarsi le chiavi o di andare a prendere i bimbi a scuola”

Autore: Silvia Mari

ROMA – Un’altra bambina che muore assolata, per un colpo di calore, imprigionata nell’auto del padre. E’ successo a Venezia, ma prima era accaduto a Roma alla Cecchignola, a un papà carabiniere, a luglio 2023, e ancora a Catania nel 2019. Convinti di averli portati a scuola o al centro estivo per poi essere loro a fare la macabra scoperta finito il turno di lavoro. Nel 2017 è successo anche a una mamma nell’aretino di andare al lavoro e lasciare la bimba di 18 mesi in auto: dal 1998 sono 12 in Italia i bambini dimenticati e morti in macchina. Il copione è sempre lo stesso: si è diretti a lavoro e si dimenticano i figli piccoli sul seggiolino, convinti di averli portati a destinazione. E’ accaduto alle mamme in 3 casi su 12, eppure non possiamo dire che in assoluto capiti ai padri più delle madri. “Non ci sono statistiche o lavori scientifici che attestino che accada più frequentemente ai padri che alle madri. Gli studi dimostrano che il 46% dei genitori che si dimenticano in modo totalmente non intenzionale del proprio bambino all’interno dell’auto- spiega la psicoanalista Adelia Lucattini, ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, sentita dalla Dire- è chi li accompagna all’asilo o a scuola, sia abitualmente che occasionalmente. Può accadere anche in contesti diversi, per esempio, il parcheggio del supermercato. Nel 28% dei casi, il bambino ha avuto accesso a un veicolo senza che i genitori lo sapessero. Accade più frequentemente di giovedì o di venerdì e poiché i genitori sono più stanchi e sovraccarichi dopo una settimana di lavoro e impegni incalzanti. Il 54% dei bambini ha un’età inferiore a due anni poichè si addormentano più facilmente e non parlano ancora. Dal 1998 al 2024 negli Stati Uniti sono morti per un colpo di calore all’interno dell’automobile 969 bambini“.
Un blackout, un buco di memoria. “Si parla di una dissociazione con amnesia da sovraccarico emotivo e molto spesso lavorativo- spiega l’esperta- associata a stanchezza da eccessiva pressione esterna e interiore, soprattutto in persone multitasking che hanno un forte senso del dovere. Naturalmente questo tipo di stanchezza e di stress perdura da mesi, sono spesso accompagnati da sindromi depressive striscianti, di cui i genitori possono non avere coscienza poiché compensano divenendo iperattivi ed efficienti. Dal momento che la depressione provoca barrage (vuoti di pensiero e di memoria), stanchezza e difficoltà a portare avanti le proprie attività e i propri doveri, danno sempre il massimo, vivono sopra le loro forze, per cui vanno incontro a delle improvvise cadute psicofisiche, che si accompagnano a dei blackout psichici, che sono frequenti negli stati depressivi, lo stress e l’ansia da soli solitamente non sono sufficienti. Non sono disturbi talvolta cronici (che perdurano da più di sei mesi) e possono essere anche reattivi, dovuti a difficoltà particolari, una malattia personale o di una persona cara, o a un lutto recente. Il blackout è improvviso, gli studi internazionali ci dicono che può capitare a chiunque, che non è prevedibile, è un fenomeno trasversale che accade in tutto il mondo e che i genitori coinvolti sono solitamente persone serie, organizzate, attente che amano i propri bambini con i quali sono affettuosi e che che sono stati desiderati e attesi, verso i quali sono sensibili, attenti e premurosi”.
La prevenzione in Italia è diventata legge con il dispositivo di allarme sul seggiolino introdotto con la 117 del 2018 e con il decreto 122/2019, il cosiddetto dl Seggiolino’, sono stati anche individuati i requisiti tecnici che il dispositivo antiabbandono deve possedere: basta un’ora per morire di colpo di calore.
“Il sistema di allarme nel seggiolino del bambino però- sottolinea la psicoanalista- può non essere attivato per la convinzione consapevole e inconscia che a se stessi non può accadere di dimenticare il bambino o per distrazione. Il problema è di tali proporzioni che già alcune case automobilistiche hanno aderito al progetto ‘Sense-A-Life’, che ha lo scopo di prevenire il numero di incidenti che vedono coinvolti bambini dimenticati in auto, non solo al sole. Il funzionamento è semplice: due sensori di pressione vengono installati sul sedile del guidatore e sul seggiolino del bambino, così quando il sistema rileva che il guidatore è sceso dall’auto invia un segnale sullo smartphone del genitore per ricordare la presenza del piccolo passeggero”.

Ma non basta delegare tutto alla tecnologia, bisogna andare alle origini di questi crolli. “I genitori di bambini piccoli, per continuare a funzionare nel quotidiano a casa e al lavoro- sottolinea la psicoanalista- creano una routine, abitudini rigide, automatismi, ad esempio fanno gli stessi percorsi, lasciano le cose nelle stesse posizioni, etc. Il problema è che vivono e lavorano sopra i loro forze per portare a termine i propri compiti. Poi accade che all’improvviso l’equilibrio si spezza e questo si può verificare in ogni aspetto della vita, diviene una tragedia personale e familiare quando è coinvolto il proprio bambino che, in quel momento, non è nel campo mentale del genitore”.

Prevenire vuol dire saper cogliere segnali di stress. Ecco alcuni indizi che dovrebbero far alzare l’asticella di attenzione: “Dimenticarsi le chiavi di casa al lavoro e viceversa, di fare la spesa, di andare a prendere i figli a scuola o al centro estivo, avere dei vuoti di memoria rispetto a telefonate o impegni presi. Possono essere piccoli segnali nella vita quotidiana iniziali con piccole perdite di memoria, amnesie e lapsus, che poi si estendono alle attività che si svolgono all’esterno e anche al lavoro. Sono segni di stress cronico e burnout. Un altro elemento da considerare è la frequenza con cui i genitori di bambini piccoli si sentono stanchi da perdita di sonno, numerose ricerche parlano una sindrome tipica dei neogenitori, con distraibilità, colpi di sonno, vuoti di memoria, grande stanchezza soprattutto nei primi due anni di vita dei bambini poiché i genitori non dormono abbastanza e hanno ripreso il lavoro a pieno ritmo. La perdita di sonno ha conseguenze anche sulla mente. L’insonnia provoca una sindrome depressiva reattiva”, ricorda Lucattini.
Il governatore Luca Zaia in un post su Fb sull’ultima tragedia di Venezia ha scritto di avere il massimo riserbo per rispettare il dolore della famiglia. “Un evento di questa portata, la morte di un figlio a causa di una dimenticanza, di un’amnesia dissociativa, è terribile per un genitore- evidenzia Lucattini- talvolta inconcepibile, sentito spesso come incomprensibile e imperdonabile. Può evolvere in un lutto complicato che si accompagna ad angosce di perdita e di separazione molto intense che perdurano nel tempo e cambiano il rapporto con se stessi, le relazioni personali, intime e sociali. Il trauma profondo può portare a distacco dalla realtà, irritabilità, rabbia, amarezza, perdita di speranza, odio verso di sé. E’ noto che nei genitori che perdono i figli le forme depressive gravi e il tasso di suicidi è più alto che nella popolazione generale. In queste situazioni è sempre necessario un supporto psicologico specialistico immediato e concertato tra psichiatri e psicoanalisti che coinvolga anche l’altro genitore, talvolta tutta la famiglia”.

fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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