Lo Stato può non pagare ma pretendere di essere pagato, non siamo più cittadini, ma sudditi

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La vicenda che riguarda, notizia di questi giorni, la Servizi tecnici srl (che ha come unico committente la pubblica amministrazione) condannata dalla Cassazione a pagare la cartella esattoriale con sanzioni ed interessi conseguenti, anche se impossibilitata in quanto aspetta i compensi dovuti dallo Stato, ripropone il tema dei ritardi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei suoi fornitori di servizi e dei cittadini.

Lavori quindi in appalto per aziende di servizi, edili e metalmeccaniche, che si dimostrano dei capi al collo per i piccoli imprenditori.

Imprese che vincono appalti pubblici, soldi che dovrebbero essere sicuri e che invece non lo sono, questo è il nostro Paese sempre più in questi ultimi tempi.

Ed è una vergogna maggiore se si tratta di Pubbliche Amministrazioni, della Sanità, enti statali che pagano mediamente almeno con sei mesi di ritardo.

E mentre le grandi aziende riescono a farsi finanziare dalle banche per le piccole e un dramma.

Basti ricordare gli imprenditori che si sono suicidati o che hanno tentato il suicidio.

Pur avendo un bilancio a posto e sano anche se nelle migliori delle ipotesi non sono nella disperazione perché fuori bilancio, lo sono per i pagamenti non riscossi siccome tutti cercano di ritardarli quanto più è possibile e per i crediti che quindi rimangono insoluti.

Inoltre lievitano le spese per le consulenze richieste a studi legali.

La conclusione è che per molti piccoli imprenditori e i loro dipendenti ci sono ferie forzate, se non addirittura vi è nel peggiore dei casi il prospettarsi della chiusura dell’attività.

Il momento è ancora più difficile perché magari già lo scorso anno sono stati costretti a chiedere un finanziamento per pagare gli stipendi, per cui quest’anno non si è potuto ottenere nulla avendone già uno in essere.

Aziende sane e che hanno un mercato, paradossalmente paralizzate da crediti che non riescono a riscuotere dagli enti statali.

Un male solo italiano. In Finlandia la pubblica amministrazione paga al massimo dopo 24 giorni, in Germania dopo 35, in Francia dopo due mesi, in Italia invece lo Stato, la Regione, la Sanità, il Comune pagano, se va bene dopo almeno sei mesi.

Ricordiamo che secondo la Cgia di Mestre, i debiti della pubblica amministrazione ammontano a 50 miliardi.

Il nostro paese si scopre sempre più lontano dall’Europa con il nostro tessuto produttivo che rischia di morire per troppi crediti ed uno Stato che pur dando il cattivo esempio quando si tratta di dare, pretende da tutti i cittadini che i pagamenti vengano fatti e nei tempi giusti, quando si tratta di ricevere e quindi dagli stessi imprenditori a cui è debitore.

Per cui a questi ultimi va oltre al danno anche la beffa.

Non solo non riscuotono il dovuto dallo Stato ma devono anche pagare su questo le tasse.

Dovuto che chissà quando riceveranno e se riceveranno visto che rischiano prima di chiudere la propria attività.

E cosa potranno decidere di fare in questa situazione sempre più strozzante? I più irreprensibili di aumentare le fila dei suicidi, il resto di ingrossare le fila degli evasori nella speranza di riuscire a farlo.

Secondo la Cassazione, ritornando alla sentenza nei confronti della Servizi tecnici srl, lo Stato può non pagare, però può pretendere di essere pagato e tempestivamente, dallo stesso soggetto nei confronti del quale è debitore.

Il motivo è che quella della pubblica amministrazione, non è una novità ma un’abitudine, pertanto prevedibile, per cui l’imprenditore ha l’obbligo di premunirsi contro le conseguenze e predisporre quanto necessario per poter versare il dovuto all’Erario (accantonamenti, mutui).

Ma viene da chiedersi (e su questo dovrebbero interrogarsi soprattutto i nostri governanti ponendovi rimedio quanto prima con opportune leggi): uno Stato che costringe a questo e che poi ipocritamente condanna gli evasori o biasima i suicidi, è uno Stato che merita rispetto?

E uno stato che dà il cattivo esempio ai cittadini nell’assolvere ai suoi debiti può in ultima analisi pretenderlo da questi?

E che paese o società civile scellerata è quella che induce alla eliminazione dei suoi migliori imprenditori e fornitori che andrebbero avanti solo con i loro meditati compensi, se puntualmente incassati, senza il bisogno di ricevere sovvenzioni extra dello Stato né prestiti dalle banche?

Uno Stato che davvero vorrebbe combattere l’evasione fiscale e incentivare lo sviluppo dovrebbe almeno conservare e salvaguardare se non favorire, invece di essere causa primaria di fine, la creatività della intrapresa piccola o grande che sia, che c’è, battendosi il petto facendo i dovuti “mea culpa” più volte e cambiando quanto prima le sue cattive abitudini.

Ne va della sua sopravvivenza e della serena convivenza civile che dovrebbe e potrebbe assicurare.

Vito Piepoli

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