Italia e Germania bocciate sul clima

Ambiente, Natura & Salute

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IL primo luglio il ministero dell’ambiente ha inviato alla Commissione UE, il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC).

Un piano, che guarda al futuro con lo specchietto retrovisore.

Io credo che un’autorità politica, per governare una transizione debba riflettere molto se a prevalere e condizionare le scelte ci si affida, a scenari energetici più politici che tecnici evitando, in tal modo di vagliare i rischi derivanti dalla realtà dei fatti.

La scelta dello scenario energetico sul quale tarare il PNIEC non deve basarsi tenendo conto del mercato, degli operatori privati, ma io credo soprattutto degli organismi scientifici internazionali dei loro rapporti periodici.

Alla base degli scenari energetici ci sono ipotesi al contorno, giudizi di valore che generano le politiche deliberate piuttosto, che le equazioni che sono sottostanti ai modelli.

Dovrebbe preoccupare molto il lento procedere della transizione, di molto inferiore al ritmo necessario al conseguimento degli obiettivi di medio termine (taglio emissioni del 55% al 2030) e di lungo termine (zero emissioni nette al 2050).

Obiettivi indicati dalla UE e da IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

IL PNIEC inviato a Bruxelles è contestato da Legambiente, Greenpeace, WWF, Kyoto Club e   Transport & Environmen.

Intanto emerge dai“ numeri” del Piano che gli obiettivi del 2030 non saranno raggiunti, inoltre si punta su tecnologie che sono ancora a livello sperimentale come il nucleare“ smart e pulito” e il sequestro e confinamento della CO2.

Pacifico che tali tecnologie assorbiranno importanti risorse.

L’ esemplare di SMR più importante, costruito dalla NuScale Power Corp ha perso il cliente Utah Associated Municipal Power System, per esclusivi motivi economici.

IL costo complessivo del progetto è passato da 5,3 a 9,3 miliardi di dollari. La ricerca pubblicata su PNAS “Rifiuti nucleari da piccoli reattori modulari” ha dimostrato, che gli SMR produrranno rifiuti più voluminosi e chimicamente reattivi, il che avrà un impatto sulle opzioni per la gestione e lo smaltimento delle scorie.

La cattura e lo stoccaggio del carbonio invece è una tecnologia vecchia, commercializzata per la prima volta negli anni ’70. All’epoca si chiamava enhanced oil recovery, perché l’anidride carbonica recuperata dalla produzione di petrolio e gas veniva iniettata nei giacimenti di petrolio e gas esauriti per ripressurizzarli ed estrarre più idrocarburi.

Un nuovo studio dell’IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis) ha esaminato la capacità e le prestazioni di 13 progetti faro di “sequestro CO2” e ha rilevato, che 10 dei 13 hanno fallito o sottoperformato rispetto alle capacità previste, per lo più con ampi margini.

L’anidride carbonica può essere iniettata nel sottosuolo, ma  non vi è alcuna garanzia che rimanga lì e non si disperda nell’atmosfera.

Esistono diversi esempi reali di fallimento nel mantenere il gas sottoterra. L’esempio migliore è la fuga di gas dell’Aliso Canyon in California nel 2015, il peggior disastro di gas serra causato dall’uomo nella storia degli Stati Uniti, quando 97.000 tonnellate di gas furono disperse nell’atmosfera.

Un altro fallimento è stato il progetto In Salah in Algeria, un progetto di cattura del carbonio con un costo totale di 2,7 miliardi di dollari. L’iniezione è iniziata nel 2004 ed è stata sospesa nel 2011 a causa delle preoccupazioni sull’integrità del sigillo e dei movimenti sospetti dell’anidride carbonica intrappolata nel sottosuolo.

L’intera efficacia del processo di cattura del carbonio è stata messa, in discussione dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico. Nel suo rapporto speciale sulla cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, l’IPCC ha dichiarato   “Lo stoccaggio di CO2 non è necessariamente permanente. La perdita fisica dai serbatoi di stoccaggio è possibile attraverso il rilascio graduale e a lungo termine o il rilascio improvviso di CO2 causato dall’interruzione del serbatoio”.

Italia, Germania e Francia sono i Paesi Ue più lontani dagli obiettivi di emissione per il 2030. Risulta in uno studio, che analizza i piani climatici nazionali rispetto agli obiettivi climatici nazionali, previsti dal regolamento sulla condivisione degli sforzi (Esr).

La mancata riduzioni delle emissioni richieste, comporta il pagamento di pesanti sanzioni finanziarie.

Gli Stati membri devono raggiungere gli obiettivi climatici, in cinque settori chiave: trasporti stradali, edifici, piccola industria, rifiuti e agricoltura.

 Ogni obiettivo è regolato in base al PIL di un Paese e le nazioni più ricche hanno requisiti più severi.

Il rapporto di Transport & Environment (T&E) ha rilevato che i due Paesi con i risultati peggiori sono la Germania e l’Italia.

Intanto il partito laburista ha ricevuto dall’elettore la missione di trasformazione del sistema energetico puntando sulla energia pulita, zero emissioni nette e riportando il Regno Unito a leader globale del clima.

IL voto degli inglesi è stato un voto di fiducia sul clima e di accelerazione della transizione energetica.

Copernicus il servizio di monitoraggio satellitare dell’Unione Europea, ha comunicato che giugno scorso è stato il dodicesimo mese consecutivo in cui la temperatura media del pianeta è rimasta al di sopra di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale (1850 – 1900).

La temperatura media della superficie dell’aria degli ultimi 12 mesi è stata più alta di 1,64°C rispetto a questo periodo, mentre è stata più calda di 0,76°C rispetto alla media degli ultimi 30 anni (1991 – 2020).

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