Femminicidio o donnicidio?

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di Rita Mascialino

L’epoca che sta attraversando la lingua italiana è caratterizzata da cambiamenti grammaticali e lessicali che si succedono molto meno lentamente che in passato e che talvolta paiono portare l’impianto dell’italiano in un – apparente o sostanziale – decadimento, come ad esempio nella morfologia, dove è iniziata a percepirsi la progressiva minore presenza del congiuntivo, per così dire il re assoluto della lingua italiana e già latina. Quanto alla produzione di neologismi lessicali, ve ne sono diversi riguardanti la sostituzione di termini e concetti considerati non più consoni nei mutati tessuti sociopolitici più democratici e rispettosi anche delle più deboli componenti della società. Un esempio di quanto testé affermato può essere la parabola ascendente del termine spazzino, sostituito da netturbino e da ultimo da operatore ecologico, vocabolo questo che senz’altro corrisponde al meglio alla realtà di tali lavoratori oltre a dare loro la dovuta onorabilità.

Tra tutti i termini che subiscono miglioramenti a vario livello, un termine che pare resistere a eventuali programmi di superamento e sostituzione è il vocabolo femminicidio – non è rilevante che sia stata una donna a inaugurarlo, è noto come le donne siano abituate da tempi immemorabili a essere scarsamente considerate, ciò che emerge ampiamente anche nei vari ambiti linguistici.  Per chiarire: il termine è sorto sulla scia del femminismo di conio maschile finalizzato a squalificare uomini effeminati, ma non sorprende che possano avere fatto le stesse donne scelte svilenti nei propri confronti. Omicidio come uccisione dell’uomo è termine che si riferisce ai due generi somatici conglobando anche la donna che non ha identità in questo termine – e anche in molti altri in misura maggiore o minore secondo le diverse culture (vedi al proposito tra l’altro Mascialino: Rubrica Frailty, Thy Name Is Woman).

Nella necessaria ideazione di un termine adatto a qualificare la strage di donne è stato dunque scelto  dalla studiosa inglese un termine di strutturazione latina, femicide, in seno al quale la donna è degradata a femmina, vocabolo che anche nella cultura latina viene utilizzato in senso negativo accanto al nobile domina, padrona, signora, appunto donna. Personalmente – uso il pronome di prima persona singolare – ho ideato da tempo il dignitoso termine donnicidio, rifiutandomi di accettare femminicidio. Si potrebbe obiettare che si usa anche molto, secondo i casi, il termine maschio invece del più signorile uomo, ma non si tratta di eliminare la distinzione del genere somatico, si tratta di togliere dall’uso comune il termine femminicidio, questo è quanto va messo in disuso come è accaduto per il già citato spazzino.  Le donne non si oppongono all’utilizzo di tale vocabolo e concetto?

Nel mio caso, io non accetto tale termine che a un certo punto ho sostituito, in perfetta solitudine, senza alcun seguito da parte di nessuno, con donnicidio, più consono e rispettoso della donna, almeno non offensivo. Venendo un attimo ancora al fatto che gli uomini non si sentano offesi essendo talora identificati come maschi – termine corrispondente a femmine –, credo non si possa o non si debba non tenere presente che il termine maschio è relativo al genere somatico di coloro che detengono le redini della storia dell’umanità nel mondo, termine che appartiene all’area sinonimica di virile, concetto nobile e comunque che esalta le capacità di dominio maschili che nessuno, giustamente, disconosce ai maschi, mentre il termine femmina non esalta che il livello più basso nella gerarchia dei valori della donna: la sottomissione di livello animalesco per una persona, la strumentalizzazione a tutti i livelli più bassi, questo in generale, le eccezioni ci sono sempre e non fanno testo.

È vero che i maschi sono invincibili, sono i più forti e questo è nella norma delle cose, si proporrebbe come assurdo un comando di agnelli sul gruppo di leoni, perderebbero subito la partita, ma qui non è il caso di vincere o di perdere – anche se questa poi è la triste realtà dove a perdere sono i più deboli, nella fattispecie le donne –, si dovrebbe trattare di alleanza tra maschi e femmine almeno con una pari dignità tra uomini e donne per il bene reciproco e quindi della società, della civiltà umana.

Un’utopia? Può darsi, ma un’alleanza può iniziare a piccoli passi, anche tra l’altro proprio togliendo di mezzo l’ingiusto termine femminicidio e sostituendolo con donnicidio, non vedo perché non si possa fare. Costa troppo forse utilizzare un termine più dignitoso per le donne che riconosca il loro stato di persone e non di femmine o fattrici e simili? Ormai il vocabolo è entrato nell’uso comune, si potrebbe obiettare, per cui non ha rilevanza eliminarlo. Allora perché si è sostituito spazzino con operatore ecologico? Il triste dato di fatto è che, quando si tratta della donna, allora non è il caso neanche di cambiare un semplice termine. Uccidere una femmina ha qualche assonanza con animali non umani e questo rende purtroppo, inconsciamente, l’uccisione meno grave, ammazzare una donna in un donnicidio, ossia in una strage di donne, non di femmine, apparirebbe più grave, comunque la si volesse mettere e con tutto il rispetto e l’amore per le altre specie animali.

Non vedo perché si debba insistere nella cultura linguistica italiana – lasciamo stare le altre lingue qui – sul termine femminicidio quando lo si potrebbe molto agevolmente e si dovrebbe eliminare per sempre dal vocabolario italiano. Certo i problemi non si risolvono cambiando un termine o l’altro, ma almeno verrebbe meno la circostanza dell’offesa buttata in faccia alle donne. Il donnicidio di fatto resta sempre l’assassinio delle donne come il femminicidio, ma appunto delle donne, non delle femmine come magari nell’allevamento delle mucche e degli animali da macellazione in generale. Ribadendo: equiparare le donne a femmine è comunque sminuire la gravità dell’assassinio, si tratta di esseri umani che hanno o dovrebbero avere una pari dignità con i loro compagni esistenziali. Io comunque, anche se so che non serve a superare in massa il termine femminicidio, continuo ad utilizzare il più dignitoso e appropriato donnicidio.

Molti uomini, maschi esattamente, condividono la posizione culturale più rispettosa delle donne, ma anch’essi, come la sottoscritta, pare non facciano testo – o non facciano ancora testo: le donne, non le femmine, hanno bisogno dell’alleanza illuminata del più forte maschile per avere diritti e dignità di spettanza nei regimi democratici e così poter dare il loro contributo come, auspicabilmente, migliore e specifica strutturazione della cultura e della società.

Rita Mascialino

foto Rai Scuola

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