Il Monopoli è solo un gioco?

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di Francesca Girardi

Un gioco da tavolo: Monopoli. Quante partite giocate, la mia memoria custodisce immagini di pomeriggi trascorsi ad allineare casette, a gioire nell’ambito Parco della Vittoria o spazientirsi “in prigione”. Un tabellone color verde acqua, una scatola con scomparti dedicati a colorate banconote di carta, ovviamente finte, che regalavano l’illusione di essere adulti e, talvolta essere adulti di successo.

Aspetti ludici che, dopo aver incontrato la lettura di Mary Pilon, sono contornati da una nuova cornice: nelle pagine di Monopoli Stories: i segreti sul gioco da tavolo più famoso del mondo, l’autrice narra la storia, o meglio le storie, che si nascondono e che sono custodite, silenziose, in ogni scatola del Monopoli.

L’idea da cui prende vita il prototipo ludico del Monopoli appartiene a una donna il cui nome è Lizzie Magie, e la versione originale portava il titolo di Landlord’s Game.

Per conoscere il segreto del gioco da tavola, torniamo indietro nel tempo.

Ci troviamo nell’America di fine ‘800, da poco si è conclusa la guerra di secessione e sempre più diffuso è il messaggio: Pari lavoro, pari salario. Mary Pilon nelle prime pagine della sua opera ci presenta Lizzie, giovane impiegata che ricopre il ruolo di stenodattilografa presso l’ufficio lettere smarrite, settore che, si legge: “[…] dopo il 1860 aveva cominciato ad assumere donne […] Terminata la guerra, aveva continuato a farlo asserendo fossero più oneste e accurate nell’adempimento dei loro doveri degli uomini […]”. Un dettaglio, quest’ultimo, curioso e ricorrente in altre storie femminili, ad esempio nella biografia di Henrietta Leavitt che presso l’Osservatorio di Harvard si occupa di fotometria stellare (registrazione delle magnitudo delle stelle), e i suoi registri, così come quelli delle altre donne, erano ritenuti più curati e ordinati rispetto a quelli dei colleghi maschi. Dopo questa breve digressione, torniamo a Lizzie Magie.

Lizzie era figlia di James Magie, il quale affiancò Abraham Lincoln condividendone i valori dell’eguaglianza, della parità dei diritti, tutti valori che James lasciò come una sorta di eredità culturale alla figlia che si trova ad essere donna lavoratrice in un periodo storico che riconosce alle donne un ulteriore accesso al mondo del lavoro, ma un guadagno inferiore rispetto ai colleghi maschi.

Riporto ora un altro importante dettaglio, che vedremo poi collegarsi a quanto appena riportato. I giochi da tavolo nel XIX secolo erano considerati non solo dei passatempi, bensì importanti strumenti di comunicazione. E qui c’è l’origine di Landlord’s game. Infatti, come pocanzi detto, Lizzie era sensibile al tema del pari lavoro-pari salario, condivideva i principi dell’economo Henry George, padre del georgismo, filosofia economica che riconosceva ad ognuno il diritto di possedere qualsiasi cosa fosse frutto del proprio lavoro e diversamente, riteneva ingiusto la proprietà della terra, considerando l’imposta unica, l’efficace strumento attraverso cui ridurre altre tasse.

Lizzie arrotondava il suo stipendio impartendo lezioni proprio sull’importanza che rivestiva l’imposta unica sul valore fondiario, ma aveva bisogno di coinvolgere più gente.

Ed ecco che inventò il Landlord’s Game, con tanto di tabellone, di denaro e proprietà da comprare e vendere, oltre che la possibilità di avere un prestito dalla banca o la possibilità di scambiarsi prestiti con gli altri giocatori. Nello svolgimento del gioco erano presenti reali dinamiche sociali: “[…] i giocatori lavoravano e venivano retribuiti di conseguenza… giocatori che rimanevano al verde andavano al ricovero per poveri…vinceva chi era più ricco […]”.

Lo scopo di questo gioco da tavola era rappresentare ciò che l’uomo poteva fare naturalmente, ovvero competere e se accadeva che qualcosa non fosse contemplato nelle regole, Lizzie lasciava che fossero i giocatori a risolvere la questione. E ogni giocatore poteva scendere in campo dando vita a un nuovo sé, che si relazionava con gli altri in una modalità nuova, concentrandosi su aspetti a cui, nella quotidianità della vita reale, non prestava alcuna attenzione.

L’astuzia e l’ingegno di Lizzie era far sì che il gioco da tavola mostrasse sia il monopolio, con qualcuno che riusciva a predominare sugli avversari, sia la faccia opposta per cui ognuno riceveva un compenso e quindi costruiva la propria ricchezza. Il riconoscimento del brevetto del gioco da tavolo venne riconosciuto a Lizzie Magie il 5 gennaio 1904.

E altre sono le storie che animano Monopoli Stories e che succedono alla versione originale che verrà nel tempo modificata, sviluppata e brevettata nuovamente, dal primo tabellone nato con un preciso scopo economico-sociale.

La versione contemporanea del Monopoli non prevede più le banconote colorate, bensì un bancomat giocattolo attraverso cui poter procedere con pagamenti digitali.

In fin dei conti, i giochi si adeguano ai tempi e alla società. 

Citazioni tratte da:

Pilon M., Monopoli Stories: i segreti sul gioco da tavolo più famoso al mondo, Milano, Egea, 2015

Foto:

Pilon M., Monopoli Stories: i segreti sul gioco da tavolo più famoso al mondo, Milano, Egea, 2015, p. 53

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