La violenza sulle donne può essere rituale?

Ambiente, Natura & Salute

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100 Domande sulla Sessualità: rubrica ideata e curata dal dottor Umberto Palazzo e dalla giornalista Daniela Piesco 

Le mutilazioni genitali femminili come riti di passaggio sono praticate in molte regioni dell’Africa, del sud della penisola araba e del sud-est asiatico, sia in contesto islamico sia nell’ambito di religioni tradizionali. L’escissione è una mutilazione degli organi genitali femminili effettuata presso molte popolazioni dell ‘Africa e non solo. Contro questa pratica oggi si stanno battendo molte giovani madri africane, che si rifiutano di far subire alle loro figlie ciò che è toccato a loro in sorte. Un grande scrittore africano contemporaneo racconta la drammaticità dell’escissione: hanno tagliato qualcosa a mia madre, e purtroppo il suo sangue non ha smesso di uscire. Il suo sangue zampillava Tutte le sue compagne avevano smesso di sanguinare. Quindi la mamma doveva morire sul luogo dell’escissione.
Oltre duecento milioni di donne nel mondo hanno subìto una forma di mutilazione genitale.
Secondo l’Unicef e l’Organizzazione mondiale della sanità, le vittime si concentrano in trenta
Paesi, 27 dei quali sono nel continente africano, «Il taglio» sottintende l’ineguaglianza tra uomo e
donna e l’ossessione per il controllo della sessualità femminile. E sono tanti i miti che girano intorno alla
mutilazione, in Tanzania, pensano che un’infezione del tratto urinario sia una maledizione degli antenati,
estirpabile solo attraverso la mutilazione, in Ghana c’è la convinzione che il clitoride della partoriente
renderà cieco il neonato, mentre nelle foreste della Costa d’Avorio si crede che il clitoride racchiuda in sé
un grande potere che va estirpato dal corpo femminile per essere donato agli spiriti. Secondo uno studio
condotto nell’ambito del progetto europeo Daphne MGF (mutilazioni genitali femminili) e coordinato dall’Università degli Studi di Milano Bicocca nel nostro Paese «il numero di donne straniere maggiorenni con mutilazioni genitali femminili si attesterebbe tra le 46mila e le 57mila unità». Un fenomeno preoccupante anche per le nuove nascite femminili in Italia, minacciate da questa barbara pratica , questa sì da tagliare immediatamente.

Il commento giornalistico

È un fenomeno silenzioso, sommerso, eppure diffuso, quello delle mutilazioni genitali femminili. Di questa pratica si parla poco, spesso utilizzando l’acronimo MGF, non solo perché si tratta di un termine lungo da pronunciare, ma anche perché nominare una tipologia di violenza di genere così specifica e vivida rimane, ancora oggi, un tabù.

Eppure è bene sottolineare che l’Italia dispone di una legislazione molto avanzata, tanto che la legge 9 gennaio 2006, n. 7, che tra l’altro ha modificato il codice penale introducendo il delitto di mutilazioni genitali femminili, è stata definita quale esempio di best practice dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nel Rapporto sulle MGF pubblicato a dicembre 2011. Il Governo italiano inoltre ha posto da tempo la questione MGF al centro del proprio posizionamento all’interno del sistema delle Nazioni Unite, facendosi promotore di numerose iniziative volte all’adozione di decisioni di contrasto e condanna del fenomeno a livello mondiale.

Ai sensi della legge 7/2006 il Dipartimento per le Pari Opportunità svolge funzioni di promozione e coordinamento delle attività messe in atto dai Ministeri competenti ai fini della prevenzione, assistenza alle vittime ed eliminazione delle pratiche MGF, oltre che acquisire dati e informazioni a livello nazionale e internazionale, in particolare sulle attività svolte e sulle strategie di contrasto programmate.

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