Cosa non fare e come devi agire con la persona in lutto. Pillole di cooaching

Arte, Cultura & Società

Di

di Lana Lia

Tante volte ci si chiede cosa capita a una persona in lutto. Non sembra più lei, non ha le reazioni che ci aspetteremmo. E allora ci si allontana, si giudica ecc. La persona, in realtà, sta benissimo! Ha la reazione giusta! Siamo noi a doverlo capire. Il lutto ci cambia. Non siamo più gli stessi. Anche se ci sembra forte, può reagire in modo diverso. E gli errori commessi possono essere dettati dalla disperazione e non accettazione. Chi sembra disinteressato, a volte, è proprio chi non ha passato la fase, anche se crede di averlo fatto. Vi scrivo qui alcuni comportamenti da evitare e relative motivazioni, basandomi su una esperienza personale.

NON FARE CON LA PERSONA A LUTTO….

1) Come stai?

Trova altre parole per esprimere lo stesso concetto.

Non tutti hanno voglia di aprire uno scrigno doloroso, soprattutto quando la ferita è fresca e crudele.

Se trovi un modo di far parlare la persona, sarà lei a raccontare. Ti dirà tutto quello che sente davvero in quel momento. Non una risposta alla tua domanda, magari generica per non soffrire, ma la verità.

Puoi dire: “Ciao, sono qui, se ti va di parlare ti ascolto”.

“Se ti senti di parlare, io sono qui”.

Il ‘come stai?’ potrebbe essere preso male da chi è in lutto perché ‘scusa, ma come vuoi che stia?’ è la risposta che ti dà mentalmente.

La persona potrebbe irritarsi.

2) NON GIUDICARE LE SUE REAZIONI.

Non tutti reagiscono al lutto allo stesso modo o, almeno, non come ce lo aspettiamo.

Chi è forte potrebbe sembrare debole e viceversa. Non giudicare la persona da un pianto o da una voce troppo allegra. Non è detto che chi sembra felice o normale non soffra.

Lo fa dentro di sé. Si ammala e soffre.

Mai parlare della reazione che sta avendo né in positivo né in negativo.

Forse la persona forte lo è ancora, ma per farlo deve piangere a lungo.

Oppure lo è anche se non riesce a versare una lacrima. Il suo dolore diventa rabbia, nervoso, malattia psicosomatica.

Tu – magari – non lo sai o non te ne accorgi.

Accogli la sua reazione.

Se piange accogli la sua reazione e abbraccia la persona, se è il caso. Siedi accanto a lei e non parlare. Lascia che pianga.

Dille che sei lì, che la ascolti, che non la lascerai sola. Se, però, non vuoi o puoi mantenere la promessa, non dirlo. Lei si aspetterà che tu ci sia.

Se sembra forte perché non piange, non imporle di farlo. Non lo farà e si arrabbierà di più con te, ma anche con sé stessa. Nel secondo caso, molto più duramente.

Chi non piange cerca la normalità e soffre il doppio perché non riesce a tirare fuori tutto. Quando lo fa non è mai abbastanza. Non solo soffre per il lutto, ma anche per la gente che giudica il suo modo di reagire come forte o disinteressato.

La persona che soffre così si sta già giudicando e non c’è bisogno che ci si mettano gli altri.

Parla con lei e segui i suoi tempi. Si fermerà, non riuscirà a continuare, ricomincerà a ‘fare finta di niente’. Segui il suo umore. Quando è giù, usa con lei parole di comprensione e sicurezza: “È vero”, “Capisco”, “Ti ascolto”, “Non vergognarti” se esprimi così il tuo dolore. Ognuno ha il suo modo”.

3) Ha un’età / La sua vita l’ha fatta.

Unisco queste due frasi perché sono connesse. Non vanno mai dette, soprattutto se il lutto è ancora fresco.

Non consolano.

Quella persona morta è, comunque, un parente o un amico con cui l’altro ha passato anni di vita.

Se la persona ha un’età e la sua vita l’ha fatta, peggio! Quanti anni di vita ha passato con la persona in lutto?

Appunto, tanti.

Come puoi pensare che dire quanto sopra serva a consolare la persona che, per anni, ha avuto intorno qualcuno molto importante per lei?

Lasciala parlare, piangere, urlare, pregare ecc. Quando starà meglio parlerà con te.

Queste frasi, di solito, vengono dette quando il lutto è fresco per far smettere di piangere. Ma come puoi pretendere che la persona smetta di piangere quando vuoi tu? Che smetta di parlarne quando vuoi tu?

Se non ti va, vattene. Nessuno ti chiede di stare vicino a quella persona.

Se ci pensi, nessuno ti ha chiesto niente, allora perché ti impicci? Fatti i cavoli tuoi che è meglio!

Quando la persona si sarà ripresa allora potrete parlare di altro.

Se il lutto persiste e, da anni, la persona soffre come il primo giorno, non si deve dire lo stesso quel tipo di frase.

Pensaci: se la persona sta male che cosa fai, le dici quello che la farà arrabbiare e soffrire di più?

Per te il tempo è passato, per lei no. È passato, ma non del tutto. È passato senza quella persona. È lei che se l’ha portata dietro, quindi – anche se non c’è fisicamente – non conta. Per lei è lì, nell’assenza.

A volte è più presente un’assenza che pesa di una presenza inutile.

Bisogna cercare di far capire alla persona in lutto che deve lasciare andare quello che è morto. Ormai è andato, libero. È felice, ma può esserlo davvero solo se è libero di andarsene. Il filo che legava le due persone è stato tagliato. Non c’è più. C’è n’è uno nuovo, uno che unisce la terra al cielo ed è perfetto così perché, davvero, se ci crediamo, i nostri morti possono fare di più là che qua. Certo, a volte, ci lasciano in difficoltà perché non possiamo sostituirli – ognuno ha le sue capacità – ma anche prendersi alcune responsabilità fa crescere e imparare cose nuove .

Questo discorso va fatto ragionando sulle tempistiche. Potrebbe essere presto per chi è in lutto, anche se sono passati anni.

A seconda della persona, bisogna trovare il modo di farglielo capire. Questo è il concetto ma, a volte, va addolcito per farlo accettare.

Se la morte è stata ingiusta/ inaspettata/ violenta ecc, è possibile che questo non consoli molto. Potrebbe far arrabbiare.

Purtroppo è l’unica cosa da fare e, col tempo, si riuscirà a farla capire.

Es. “Mangia, ( nome la persona morta) vorrebbe che tu mangiassi. Da lassù ti vede. Fagli / falle fare un sorriso. Se non mangi si preoccupa”.

COME INIZIARE A PARLARE CON UNA PERSONA IN LUTTO?

Se le scrivi sui social o un messaggio, è più facile. A voce potresti essere travolta dalle sue emozioni e non riuscire a dire la cosa giusta.

Abbiamo già visto alcune frasi da dire invece di “COME stai?”

e alcuni atteggiamenti non verbali.

Ieri mi è venuta una illuminazione.

Cosa avrei potuto dire io?

Io avrei potuto dire : ” Voglio esserti di conforto”, ” Ti chiamo / scrivo per esserti di conforto”.

ATTENZIONE: POTREBBE NON AVERE LO STESSO EFFETTO DI “STARTI VICINO” CHE È LA FRASE PIÚ GETTONATA ANCHE NEI TELEGRAMMI.

Questo è più generico e avvicina emotivamente alla persona.

Un tipo di persona in crisi, o particolarmente non in grado di superare facilmente il lutto, potrebbe arrabbiarsi e dire che non può essere confortata, ma tu devi far capire che vuoi solo consolare: il conforto è vicinanza, presenza, abbracci, parole giuste.

QUANDO FUNZIONA MEGLIO?

Se la persona è fragile, ha bisogno di affetto. Tu prova ad iniziare con “vorrei esserti di conforto”.

Lana Lia

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