Papa Francesco e i discorsi irrazionali della Chiesa sui contraccettivi

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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La Notizia: “C’e un dato che mi ha detto uno studioso della demografia: in questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncettivi: uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita. E questi sono gli investimenti che danno più reddito. Che futuro ci attende? E’ brutto”. Lo ha detto il Papa nel suo intervento agli Stati generali della natalità” (ANSA del 10 maggio).

Sarà la vecchiaia che fa brutti scherzi? Altrimenti come non stupirsi di un discorso del genere da oparte di un papa che sino a ieri sembrava essere più vicino al Vangelo di quanto lo fossero i suoi due noti predecessori, i quali erano palesemente più vicini al Catechismo della Chiesa Cattolica? E chi conosce bene Vangelo e Catechismo sa bene quante volte quest’ultimo si allontani da primo.

Avrebbe mai potuto Gesù parlare ai suoi discepoli di mine antiuomo o di proiettili all’uranio impoverito, oppure di contraccettivi artificiali? Mentre però il Vangelo ci fornisce ugualmente norme, che vietano con assoluta certezza anche la fabbricazione dei micidiali strumenti di morte, non ci dà nessuna possibilità di affermare che l’uso del profilattico sia immorale. La Chiesa, non potendo ricorrere al Vangelo, per sostenere l’illiceità dei contraccettivi artificiali, si arrampica sugli specchi con un ragionamento di questo tipo: “Tale dottrina, più volte esposta dal Magistero, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo (Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 12).
In merito, c’è semplicemente da osservare:
– Il fatto che Dio “abbia voluto” la connessione dei due aspetti, non significa per niente che li abbia voluti inscindibili.
– L’affermazione è in contraddizione palese con la liceità, ammessa dalla Chiesa stessa, del ricorso ai periodi infecondi per evitare una gravidanza indesiderata. Infatti i due significati, in tal caso, vengono di fatto scissi. Fatta la legge trovato l’inganno. E qui ad essere ingannato è il buon Dio: non vuole che faccia l’amore senza procreare? Gli secca un po’? E va bene, vuol dire che farò l’amore solo nei periodi infecondi…
Rendendosi conto della contraddizione, Paolo VI, pensa, pensa, e trovò la falsa soluzione: “In realtà, tra i due casi [ricorso ai periodi infecondi, e ricorso ai contraccettivi] esiste una differenza essenziale: nel primo caso i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali”.
Ma certo,  gli sposi, ricorrendo ai contraccettivi, non assecondano la natura. Ma qualora siano attratti irresistibilmente l’uno verso l’altro, e desiderino ardentemente concepire un figlio, ma reprimano il loro desiderio, che fanno? Assecondano la natura oppure ostacolano il suo corso? E’ sin troppo chiaro che cambia la forma e non la sostanza.
Chi ha stabilito che impedire lo svolgimento di processi naturali sia sempre un male? Che cosa cambia se due sposi non si uniscono e non procreano, oppure si uniscono e non procreano? Quale il danno? Si offende il buon Dio?
Viene fatto di chiedersi come sia possibile che persone colte e intelligenti possano fare discorsi che non hanno nulla di razionale. E’ il pregiudizio. Il pregiudizio può confondere la mente anche di persone intelligenti. Se non riesco a liberarmi dall’idea che l’unione carnale è cosa cattiva, sporca, non buona, farò mille acrobazie per dimostrare che è lecita solo se finalizzata alla procreazione.  


Renato Pierri

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