VIDEO | Gino Cecchettin: “Giulia simbolo della lotta al femminicidio, abbiamo il dovere di essere felici”

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Il padre di Giulia al Salone internazionale del libro di Torino ha presentato il libro scritto insieme a Marco Franzoso

Autore: Rachele Bombace

TORINO – Giulia aveva 22 anni, era una giovane donna piena di sogni ma è stata uccisa da un ragazzo che diceva di amarla. Elena, sua sorella, ha capito la natura di quello che era successo e Giulia da allora è diventata il simbolo del femminicidio. Da quel momento la manifestazione del 25 novembre, per l’eliminazione della violenza sulle donne, si è trasformata in un’onda di rumore: in migliaia hanno camminato per le strade di Roma, insieme agli studenti dei licei e a tutte quelle donne che hanno iniziato a trovare il coraggio di denunciare i maltrattamenti subiti in famiglia.
Giulia era una portatrice di valore aggiunto ed io mi sono ispirato a lei per tutto quello che è venuto dopo. Lei negava la violenza sotto qualsiasi forma, soprattutto quella verbale. Ho vissuto il suo valore per 22 anni e penso che gli italiani in una settimana hanno capito chi sia Giulia e per questo da persona buona è diventata il simbolo della lotta contro il femminicidio e si è fatta sentire così tanto”. Al Salone internazionale del libro di Torino, nella Sala Azzurra del Padiglione 3, ha preso la parola Gino Cecchettin, il padre di Giulia per presentare il libro scritto insieme a Marco Franzoso: ‘Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia‘ (Rizzoli). “E’ triste dirlo- ammette davanti alla sala gremita di persone- ma la vita continua imperterrita e bisogna cercare di essere felici nonostante quello che è accaduto a me. Giulia la avrò per sempre nel cuore, ma ho altri due figli e a loro devo garantire un futuro di serenità e successo. Ringrazio coloro che sono con me”.

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Il dolore vissuta dal padre di Giulia rimane “forte e pervasivo in tutta la vita e in ogni istante della vita, ma so che la giornata è fatta di tanti piccoli momenti e non si può vivere di solo dolore. Riesco a scindere quando è il momento di entrare nel dolore e attraversarlo tutto e quando ci si deve dedicare ad altro- spiega- al lavoro, alla famiglia e agli amici. Ho sentito tanta vicinanza, ho ricevuto tanti messaggi che mi fanno sentire quanto Giulia sia arrivata a tutti gli italiani. Quelli sono messaggi di speranza”.
Gino Cecchettin ha scelto di guardare avanti. La sua è “la fortuna e la sfortuna di essere forti. Annusare il profumo dei suoi vestiti mi rende forte e stabile- racconta- perché so che solo attraversando certi momenti, con la cicatrice sulla pelle, riesci ad andare oltre. È già arrivato il momento in cui in famiglia, con Elena, parliamo di Giulia con il sorriso. Lei ci mancherà per sempre perchè ci metteva allegria. Ricordo alcune parole, come ‘sbucciare’ che deriva da buccia, che quando la pronunciavamo lei faceva una faccia buffa, sbalordita, e ce ne sono a centinaia di esempi del genere. Noi ridiamo e quando ricordi un caro con il sorriso vuol dire che sei nella strada giusta e io di questo me ne compiaccio perché vedo i ragazzi che nonostante la perdita di una sorella sono forti e vanno avanti. Questo è un messaggio di speranza che a me piace condividere- afferma Gino Cecchettin- tutti nelle nostre vite abbiamo una piccola o grande storia di dolore, però non ci deve affossare, non ci deve annichilire, dovremmo usare questa storia di dolore come un trampolino per proiettarci in avanti per i nostri cari. Piangere una figlia è qualcosa di terribile, io non l’avrei mai immaginato, ma non smetterò mai di dire ‘abbiate speranza’ come la sto avendo io che sfrutto il dolore per avere più forza. Non so come si faccia, è una cosa empirica che viene da sé. Un allenamento che richiede tanto spirito, ma se lo posso fare io lo possono fare anche gli altri”.
Il libro ha rappresentato “una continuazione della nostra vita. In quei giorni cercavo in tutti i modi un contatto con Giulia, sapevo che non ci sarebbe stata più nella mia vita. Tutti i non detti, tutte le parole, gli abbracci, tutto quello che un padre vorrebbe dare alla figlia e non lo può più fare”. Questo libro fa luce, parla di bellezza. “Ho avuto chi mi ha consigliato di scrivere per elaborare il dolore– continua il genitore- non lo avrei fatto subito se non avesse un giorno suonato alla mia porta Marco. Bussavano alla mia porta decine di persone per portare conforto. Molti scrittori si sono fatti avanti, però a Marco ho chiesto perché voleva scrivere la storia di Giulia e ascoltandolo ho deciso che lo avrei fatto con lui. Rizzoli poi si è fatto avanti e, avendo dato la parola, lo abbiamo fatto. È stato un grande lavoro di racconto di Giulia che mi ha fatto bene e male. Tante le ore trascorse a ricordarla per rimettermi in connessione con lei“.

Questa storia assurda e dolorosa è avvenuta a pochi chilometri da casa di Franzoso. “Mi sono fermato davanti alla massa di fiori, ho incontrato le persone che mostravano un dolore discreto e ho provato una emozione fortissima nel vedere il viso di Giulia. Avevo la necessità di raccontare questa storia- continua Franzoso- non riesco a viverlo come un libro, una narrazione, per me è un testimone, un ponte lanciato nel mondo. Volevo entrare nella sensibilità di un padre. Mi sono chiesto: dove abbiamo sbagliato noi adulti? Perché non intercettiamo quello che succede nei nostri figli?“. Così i due uomini hanno iniziato a scavare nella sensibilità dei padri: dall’ascolto della generazione degli adulti all’urgenza di una riconciliazione con le necessità dei ragazzi. “Ho trovato un padre che continua a ripetermi ‘i miei figli hanno il diritto di essere felici. Non posso crollare, davanti a me ho due strade: buttare via tutto o costruire una possibilità affinché i miei figli possano provare ad essere felici’. Questo era anche quello che desiderava Giulia, credere nel futuro. Ho trovato una famiglia che sta cercando di fare di quello che è successo un progetto, affinché vicende simili non accadano mai più“. Il libro è stato quindi un modo per “trasformare il dolore in un progetto, per credere nella possibilità di costruire un mondo migliore- sottolinea Cecchettin- abbiamo il dovere morale di cercare per i nostri figli di costruire un mondo che sia migliore di questo”.
E a chi lo ha attaccati per aver scritto un libro, il padre risponde con gli insegnamenti ricevuti dalla figlia: “Da Giulia ho imparato ad essere gentile e un po’ meno maschio alfa. Ho imparato che certe volte non serve discutere con chi non dà valore, meglio lasciarsi scivolare addosso le sue parole. Ho capito il valore del tempo di qualità passato con i ragazzi. Quel tempo non è mai troppo perché poi dopo crescono. Elena ora vive a Vienna”. Mentre scrivevano “questo libro continuavano a pensare cosa avrebbe scritto Giulia, lei avrebbe reagito con grazia. Gino ha subito moltissimi attacchi e anche io- sottolinea Franzoso- fanno rumore ma c’è un’onda molto più lunga: 15mila persone silenziose erano presenti al funerale di Giulia. La grande massa delle persone ha capito e si sta interrogando- dice in conclusione- nelle ultime presentazioni del libro abbiamo visto molti uomini e soprattutto molti ragazzi di 17-18 anni che ci chiedono cosa possono fare personalmente per migliorare le cose. Questo fa scivolare da dosso questi attacchi che non sono nulla”.

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“SUPPORTERÒ ELENA NELLA LOTTA FINO A CHE POSSO”

Tra Elena e Giulia ci sono 20 mesi di differenza, sono cresciute insieme nella stessa stanza per 22 anni condividendo tutto. Lei ha un punto di vista privilegiato e con una lucidità incredibile ha analizzato subito quello che era successo alla sorella”, dice Gino Cecchettin, durante la presentazione de testo ‘scritto insieme a Marco Franzoso: ‘Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia’ (Rizzoli).
“Ne abbiamo parlato in famiglia, le ho chiesto: ‘Perché hai tirato fuori la parola patriarcato? Cosa centra? Lui ha dato di matto’, ma lei mi ha risposto ‘no papà’. Poiché sono un uomo scientifico- ricorda Cecchettin- non lesino a documentarmi, così ho preso il dizionario e sono andato a vedere la voce patriarcato. E ho capito che questa parola racchiude in sé un insieme di comportamenti che portano ad atteggiamenti di prevaricazione dell’uomo verso la donna, spesso violenti, che ne limitano la libertà. Significa che se una donna vuole bere un caffè con le amiche e il compagno/marito dice no, questo è patriarcato. A Giulia è stata negata la possibilità di essere libera. Elena ha ragione ed io la supporterò nella sua lotta, anche se abbiamo punti di vista differenti su alcune tematiche, ma la sosterrò fino a che posso”.

Purtroppo secondo l’ultima ricerca dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) e Un Women, sono 89mila i femminicidi nel mondo: 243 al giorno, 10 all’ora, uno ogni 5 minuti. A Giulia il padre diceva “di chiudere in modo perentorio la relazione con Filippo. Conosco i maschi, si fanno certe idee, tengono viva la speranza. Dicevo a Giulia di dare un segnale netto che la storia era finita. Lei si sentiva in colpa e aveva paura che lui si facesse del male. Questo messaggio ce lo aveva un po’ trasferito. Poi nelle prime ore di ricerca, come genitore ho capito forse con un po’ di anticipo come fosse andata. Speravo in un incidente- racconta- però quando un genitore spera in un incidente siamo al paradosso”. Filippo, secondo Cecchettin, “avrebbe dovuto accettare il no di Giulia e probabilmente avrebbe trovato un altro amore, un amore più grande, e trascorrerebbe i prossimi anni con questo amore invece che nel posto dove sta adesso. Questa forse è la lezione che sta dando Filippo”.
Il libro di Cecchettin e Franzoso non racconta nulla dell’assassino di Giulia. “Una scelta maturata insieme- aggiunge Franzoso- perché queste storie vanno raccontate dalla parte delle vittime e non del carnefice. Mi interessano le donne che subiscono violenza e non voglio dare parola a questi uomini”, conclude.
Gino Cecchettin, per fare qualcosa per gli altri e non perdere il valore di Giulia, ha creato la Fondazione Giulia per aiutare le associazioni contro la violenza di genere e creare un team di esperti che possa fare lezioni negli istituti superiori e alle scuole medie. “Dovrebbe essere costituita appena dopo l’estate- conclude- esiste già una landing page: Fondazionegiulia.org”.

fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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