Ma davvero ci sono i tagli alla sanità?

Politica

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Da qualche settimana si è diffusa la narrazione che col governo Meloni ci sarebbe in atto una politica di pesanti tagli alla sanità pubblica. Ma è veramente cosi?. cerchiamo utilizzando i freddi numeri di capire come stanno davvero le cose. Il Fondo sanitario nel 2024 arriva al massimo storico di sempre, 134 miliardi. Se volessimo fare un raffronto, negli anni del Covid oscillava tra 120 e 133 miliardi, nel 2019 stava a 115 miliardi. Anche nel rapporto sul Pil quest’anno siamo al 6,88%, il dato più alto di sempre in rapporto al Pil salvo l’anno del Covid. “L’unica tesi che non si può sostenere è che abbiamo tagliato”, ha dichiarato il Presidente Meloni in merito alle fake news sinistre sui tagli alla sanità fatti dal governo. Nelle ultime ore alcuni partiti di opposizione hanno accusato il governo Meloni di aver tagliato i fondi alla sanità. «Il Paese che ha in testa la destra è senza la sanità pubblica, in cui il diritto alla salute non è più tutelato. Lo confermano i tagli contenuti nella Nadef, che portano la spesa sanitaria in confronto al Pil ai minimi del 6 per cento», ha scritto su Facebook il Partito Democratico. Secondo Sinistra Italiana il governo ha ridotto di 2 miliardi di euro la spesa sanitaria, con una legge di Bilancio che «mette a rischio la salute dei cittadini». Tra le altre cose la Nadef mostra quale sarà l’andamento della spesa sanitaria in Italia tra il 2023 e il 2026. Il governo ha stimato che quest’anno le risorse per la sanità si aggireranno intorno ai 134,7 miliardi di euro, contro i 131,1 miliardi del 2022. Queste risorse scenderanno però a circa 133 miliardi di euro nel 2024. Nel 2025 ci sarà poi una risalita a 136,7 miliardi e nel 2026 fino a quasi 139 miliardi. In rapporto al Pil questi numeri corrispondono rispettivamente a una spesa pari al 6,6 per cento nel 2023, al 6,2 per cento sia nel 2024 sia nel 2025, e al 6,1 per cento nel 2026.  Secondo i partiti di opposizione questi dati dimostrerebbero che il governo ha tagliato i soldi alla sanità. In realtà i numeri vanno letti con attenzione. Innanzitutto va chiarito che queste stime fanno riferimento allo scenario chiamato “a legislazione vigente”. Come suggerisce il nome, questo significa che il governo ha considerato come si evolverà la spesa sanitaria sulla base delle norme attualmente in vigore, frutto non solo di scelte di questo governo ma di quelli precedenti.  Per intenderci, queste cifre non tengono in considerazione le nuove risorse che il governo potrà stanziare con la prossima legge di Bilancio, che deve ancora essere approvata dal Consiglio dei ministri e approvata dal Parlamento entro la fine dell’anno.

Il testo della Nadef chiarisce, tra le altre cose, che «la legge di Bilancio finanzierà anche il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, con una particolare attenzione al settore sanitario». E lo scorso 7 settembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha promesso che il governo concentrerà la manovra economica sui salari, le pensioni e sulla sanità. Nello specifico la manovra per quest’anno ha stanziato in più, rispetto alle risorse già previste all’epoca, circa 2,2 miliardi di euro per il 2023, 2,3 miliardi dal 2024 e 2,6 miliardi per ogni anno dal 2025 in poi. Nuovi stanziamenti quindi c’erano stati, ma non sufficienti a compensare l’aumento dell’inflazione, che all’inizio del 2023 era già cresciuta del 10 per cento rispetto a un anno prima. 

C’è insomma, con il governo Meloni, già a legislazione vigente una proiezione di spesa sanitaria di circa 14 miliardi in più sul triennio (in rapporto al pil la spesa è più o meno analoga perché nel frattempo c’è stata una revisione al rialzo del pil da parte dell’Istat). In sostanza, se pure il ministro Schillaci non riuscisse a ottenere l’aumento di risorse richiesto, la spesa sanitaria nei prossimi anni sarebbe comunque ben superiore a quella che aveva previsto il ministro Speranza. Questa differenza nel trend della spesa sanitaria è molto più chiaro confrontando le previsioni per il triennio successivo contenute rispettivamente nel Def 2022 di Draghi/Speranza e nel Def 2023 di Meloni/Schillaci. Nel primo, quando cioè il ministero della Salute era in mano alla sinistra, le proiezioni erano queste: “Nel triennio 2023-25, la spesa sanitaria è prevista decrescere a un tasso medio annuo dello 0,6%; nel medesimo arco temporale il pil nominale crescerebbe in media del 3,8%. Conseguentemente, il rapporto fra la spesa sanitaria e il pil decresce e si attesta, alla fine dell’arco temporale considerato, a un livello pari al 6,2%”. Nel secondo Def, quando il ministero della Salute è passato in mano alla destra, le previsioni sono queste: “Nel triennio 2024-2026, la spesa sanitaria è prevista crescere a un tasso medio annuo dello 0,6%; nel medesimo arco temporale il pil nominale crescerebbe in media del 3,6%.

Conseguentemente, il rapporto fra la spesa sanitaria e pil, pari al 6,3% nel 2024, si stabilizza al 6,2%”. In pratica, a parità di crescita nominale, con la sinistra la spesa era prevista calare dello 0,6% mentre con la destra aumentare dello 0,6%. Non esiste alcun taglio, esiste un’opera meritevole e positiva” del Governo “per salvare gli investimenti, che ci ha evitato problemi”. ha ribadito oggi  ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, finito sul banco degli imputati per i suoi presunti tagli alla sanita nella rimodulazione del piano Pnrr  “Siamo molto concentrati su qualche notizia che si vuole sia negativa invece che su lavoro molto complesso che stiamo facendo, anche attraverso la revisione del piano. C’è stata una modifica – ha aggiunto aggiunge Fitto di circa la metà degli obiettivi di parte della terza rata, della quarta e dalla quinta alla decima. Tutto frutto di un confronto importante con la Commissione e il Consiglio europeo. Si è sentito dire che il Governo tagliava 10 miliardi di progetti, ma è stato tolto dall’ambito del Pnrr progetti in essere che esistevano prima del Pnrr, non inseribili e spostati fuori dal Pnrr. Il decreto in discussione ha il grande merito di aver garantito copertura a tutti i progetti che non entravano e liberato miliardi e messo ordine a piano”.

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