Oggi l’ultimo DEF da approvare

Economia & Finanza

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Oggi in Consiglio dei Ministri e, per l’ultima volta con questo nome sarà approvato il Documento di Economia e Finanza (Def).

L’uomo dei vuoti di memoria il Ministro leghista Giorgetti annuncia, che sarà un DEF licenziato solo con il quadro economico tendenziale cioè con le stime a legislazione vigente.

Assenti quindi gli obiettivi dopo i casini fatti intorno al deficit 2023, artatamente scaricato solo sul Governo Conte, pur essendo stato Giorgetti ministro del Governo Draghi durante il quale emersero le frodi del super bonus tanto, che l’ex ministro dell’Economia, Daniele Franco, l’11 febbraio del 2022,  in conferenza stampa avvisava che le truffe sul Super bonus erano “tra le più grandi mai viste”.

Sul super bonus poi c’è un altro aspetto poco noto ma molto importante.

Un errore madornale del Governo e, che non ha precedenti nella storia d’Italia è la stima sul deficit fatta a fine settembre ed errata, per ben 39 miliardi di euro equivalente all’1,8% del PIL.

Sbagliare così clamorosamente tre mesi prima della chiusura del bilancio genera riserve su tutte le stime fatte dal governo.

Il super bonus è all’origine del problema ? A ogni buon conto come si legge sul sito di Cottarellei “ non sono pubblici i dati di base dell’Agenzia delle Entrate che consentirebbero di capire in cifre l’esatta entità del problema e la tempistica con la quale si è manifestato, nonché gli effetti che questi crediti avranno sul debito pubblico dei prossimi anni. Si ricorda tra l’altro che il Super bonus 110% comprende anche il Sisma bonus, che ha natura e finalità molto diverse dall’Eco bonus. Sarebbe quindi auspicabile che il governo rendesse pubblici questi dati, in modo da favorire un’analisi oggettiva del problema. Infine, si osserva un forte disallineamento fra i dati di finanza pubblica, da cui emerge il boom del Super bonus 110% negli ultimi mesi dell’anno, e i dati dell’economia reale dell’ISTAT (riferiti a investimenti in abitazioni e occupazione in costruzione), da cui non si rileva assolutamente nessun andamento anomalo. Nulla emerge anche dai dati pubblicati mensilmente dall’Enea”.

Un cambio di nome è richiesto dalla riforma della governance economica nei cicli di spesa il DEF diventa, approvata dalla UE, sei mesi fa: il DEF si chiamerà Piano Fiscale Strutturale di Medio Termine.

Si intende per medio termine non più il triennio del DEF, ma un quinquennio che in teoria coincide con una intera legislatura.

I numeri certi ? IL deficit 2023 al 7,2% del PIL.

L’Ultimo DEF fornirà solo un quadro macroeconomico tendenziale, rimandando alla legge di bilancio in autunno i dettagli.

A seguito delle raccomandazioni che la Commissione UE invierà al Governo dopo le elezioni e, i“ dettagli” saranno i tagli di spesa o gli incrementi di entrata per evitare la procedura di infrazione per deficit eccessivo.

IL taglio minimo del deficit sarà dello 0,5% del PIL ed estremamente difficile da attuare considerato che già ora a bocce ferme mancano 20 miliardi tra cuneo fiscale e riconferma delle tre aliquote IRPEF.

Opportuno richiamare l’attenzione che nella Nota di aggiornamento al DEF di settembre il deficit era il 5,3% del PIL e poi al 7,2% certificato da ISTAT.

Sul fronte del debito mirano, a un rapporto debito/PIL tra il 138% e il 140% dal 140,1% attuale.

Aiuteranno i risparmi per minore spesa interessi a seguito riduzione tassi da parte della BCE più le dismissioni di quote del Monte dei Paschi di Siena, di Eni e della intera quota posseduta delle poste?

Oltre al problema DEF esiste l’esigenza di riequilibrio delle risorse PNRR tra comuni grandi e piccoli, in base alla capacità di spesa e lo squilibrio Nord/Sud.

A dicembre l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha certificato che i comuni del nord avevano aggiudicato una percentuale di progetti più che doppia rispetto ai comuni del centro e del sud

Ribadiamo perché citato in un precedente articolo, secondo l’analisi del Pnrr Lab della Sda Bocconi, l’intervento sugli asili nido porterà alcune regioni del Centro nord già molto servite alla percentuale obiettivo del 33% di copertura. Ma per le regioni con meno servizi, tipo la Sicilia, cambierà nulla.

Infine sulla crescita del paese inciderà nulla o poco degli investimenti delle ferrovie

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