Una nuova guerra in medio oriente?

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di Raffaele Gaggioli

Nei mesi successivi all’attentato di Hamas contro Israele dello scorso sette ottobre una delle maggiori preoccupazioni degli alleati di Tel Aviv è stata cercare di evitare una pericolosa escalation del conflitto. Il gruppo terroristico palestinese non ha mai agito da solo, ma ha sempre potuto contare sul supporto della Repubblica Islamica d’Iran e dei suoi vari alleati.

Se il conflitto si allargasse in qualche modo al di fuori della Striscia di Gaza, Israele potrebbe dover affrontare sia le forze armate iraniane sia i diversi gruppi terroristici attivi in Libano, Yemen e altre regioni mediorientali.

Secondo alcuni osservatori internazionali, questa escalation è ormai sul punto di realizzarsi. Pochi giorni fa le forze aeree israeliane hanno colpito il quartiere di Sayyida Zeinab, a sud di Damasco, uccidendo il generale iraniano Razi Moussavi.

L’attacco potrebbe portare alla temuta escalation poiché Moussavi era a capo del Corpo delle Guardie della Rivoluzionarie islamiche in Siria, un corpo di spedizione iraniano con il compito di assistere il dittatore locale Bashar al-Assad e il gruppo terroristico di Hezbollah.

La reazione del governo iraniano non ha fatto altro che aumentare la tensione. Khamenei, guida suprema dell’Iran, ha infatti promesso che Israele verrà severamente punito per quanto successo.

In realtà non è certo che l’escalation avverrà. Nel 2020 Khamenei aveva rilasciato dichiarazioni simili dopo che gli Stati Uniti avevano ucciso il generale Qasem Soleimani, anche lui a capo delle Guardie della Rivoluzionarie, ma alla fine Teheran non aveva reagito in alcun modo.

Il governo iraniano sembra sapere che il paese non è pronto per un conflitto aperto con Israele. Qualsiasi dichiarazione di guerra contro lo stato ebraico comporterebbe il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e probabilmente anche del resto della NATO nel conflitto.

Teheran deve anche fronteggiare una difficile situazione interna. Molti giovani iraniani e membri delle fasce sociali più povere sembrano aver perso fiducia nel loro governo a causa della mancanza di riforme politiche ed economiche, come dimostrato dalle proteste di piazza degli ultimi anni e dalla scarsa partecipazione alle ultime elezioni farsa.

Una guerra contro Israele e i suoi alleati potrebbe spingere queste parti della popolazione iraniana a rivoltarsi apertamente contro il loro governo.

Non è neppure detto che tutti gli alleati regionali dell’Iran accetterebbero di sostenere una sua potenziale guerra contro lo stato ebraico e i suoi alleati oltreoceano. A differenza degli Huthi in Yemen, la leadership di Hezbollah sembra essere riluttante a farsi coinvolgere in un conflitto contro Tel Aviv, al di là dell’occasionale lancio di missili contro il sud di Israele.

Anche se Hasan Nasrallah, leader del gruppo terroristico libanese, ha promesso che Teheran punirà Israele per quanto successo, il capo terrorista non ha detto nulla riguardo un potenziale coinvolgimento di Hezbollah in questa punizione. Per ora Nasrallah ha semplicemente evidenziato le capacità difensive del suo gruppo terroristico, apparentemente per scoraggiare un’invasione israeliana del Libano.

È anche improbabile che la Siria decida di sostenere in qualsiasi modo lo sforzo bellico iraniano. Nonostante Damasco e Teheran siano alleate oramai da decenni, Assad non ha finora detto nulla sul conflitto in Gaza.

Dopo una brutale e complessa guerra civile pluridecennale, la Siria e le sue forze armate non sono in alcun modo pronte per un nuovo conflitto. Anche se Assad ha finora permesso ad Hezbollah e alle Guardie della Rivoluzione di operare sul territorio siriano, questo non gli impedirebbe di abbandonarli al loro destino in caso di guerra tra loro ed Israele.

Nonostante le difficoltà iraniane, sia Washington sia Tel Aviv credono però che un’escalation sia molto probabile. Israele ha chiuso trenta ambasciate nel mondo e ha preparato le sue difese antiaeree, mentre gli Stati Uniti sono in uno stato di massima allerta.

Un timore diffuso è che l’Iran stia preparando un massivo assalto contro Israele per mezzo di droni e missili a lunga gittata, la cui brutale efficacia è stata dimostrata negli ultimi anni dagli attacchi russi contro i civili e i militari ucraini.

Quest’attacco potrebbe venire commesso dagli Huthi e dai gruppi filo-iraniani più radicali, permettendo così a Teheran di negare qualsiasi suo coinvolgimento diretto nell’assalto aereo contro Israele.

È difficile prevedere quali potrebbero essere le conseguenze di quest’attacco. Finora il Presidente Biden ha sostenuto lo sforzo bellico israeliano, ma potrebbe costringere Tel Aviv a moderare la sua risposta per evitare un’ulteriore escalation.

Tuttavia il Primo Ministro israeliano Netanyahu potrebbe decidere di colpire a sua volta l’Iran e i suoi alleati con i droni del suo arsenale per punire Teheran per l’attacco e forse anche per aumentare la sua popolarità, compromessa dall’attentato dello scorso ottobre.

In questi tempi incerti non si può far altro che osservare la situazione, cercare di prevederne gli sviluppi e sperare nel meglio.

Raffaele Gaggioli

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