Decalcomania. Nell’era della profonda conoscenza, ancora una speranza

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Ѐ difficile conservare l’interesse nell’<<era della profonda conoscenza>>, che rende nulla la realtà riscontrata, per esempio, nella posa del momento, come nell’espressione che racchiude in sé l’insegnamento di ciò che è umano.

Decalcomania è il titolo di un libro che ho pubblicato con la casa editrice Porto Seguro, che rispecchia un tempo in cui si ricercano certezze assolute per difendere l’interesse concentrato nei valori che guardano principi troppo spesso messi in crisi dalla ragione incontrata dove non è riconoscibile il sospetto, che disorienta il pensiero fino al punto da sfondare illusionisticamente il limite della realtà figurata attraverso l’espressionismo della decorazione, che appena sfiora immagini trasfigurate dall’epica che affronta e risolve, laddove possibile, il problema della censura. Solo per fare un esempio: gli aspetti della vita politica tenuti in gran conto dai giornali, fateci caso, sono tutti scaturiti da miti e leggende che si riferiscono alla letteratura, visto e considerato che gli effetti della scrittura della storia non possono avere effetti immediati.

Sarebbe un fatto devastante. L’immagine trasferita nell’uso delle idee che danno forma al volume che vi presento vuole essere una meditazione letteraria e filosofica di questa caduta del tempo, spesso ripreso da rappresentazioni fantastiche del vuoto e da desideri consapevoli che sfociano inconsapevolmente nel nulla teorizzato dalla mutevolezza delle apparenze, che arrivano a cambiare il significato di ciò che non risulta oggettivo a causa del ritmo fiero e volitivo dell’irreale curiosità che stabilisce il controllo intellettuale di ciò che rientra nel pieno possesso del giudizio di chi guarda o di chi osserva sempre la stessa faccia della storia, nonostante il cambio di prospettiva degli anni che avvicinano a nuove responsabilità e accentuano il peso della ricerca di nuovi ruoli, sia nel tempo delle scelte -che rendono altri che trovano altri significati- che nel tempo della rinuncia, la quale implica un rapporto distaccato con i meriti recenti e la percepibile ariosità della vita che si presta ad essere letta nelle vittorie già avvenute, divenute simbolo di una misura che è punto di riferimento nella ricerca e nello studio della resa del progresso e del suo senso, spesso nullo e occupato dall’amore del lusso, fatto che potrebbe rendere scettici, ma che pure spesso e volentieri –questo lo vediamo- si rende onorevole.

Soprattutto quando c’è in gioco la libertà della persona e l’attività contratta nelle apparenze limitanti si rivela fallace per sé stessa. Sul piano intellettuale ho posto un limite all’indagine dello spirito indagatore. Questo limite è segnato dall’espediente del nome con il quale sono nota nella cerchia delle mie conoscenze e tra coloro che mi appartengono nelle diverse sfere delle vicende che circondano la mia vita personale, ma anche tra tutti i conoscenti, e questo nome è Rossella. Questa scelta mi vede al di là della porta della riflessione letteraria, nella speranza che nel <<nulla>>si possa salvare qualcosa che dapprincipio mi ha vista marginale perché non era percepibile il confronto nello spazio acceso dall’arte.

Successivamente la comprensione mi è sembrata più chiara perché attraverso i canali social ho ricevuto tante prove della coincidenza tra questa prospettiva fatta di tendaggi e i filtri di lettura del nostro tempo, così sottoposto a “mutilazioni” dell’essere nostro, sempre più appeso ad un filo come la reale vicinanza alla vita in cui siamo senza compromessi con l’ambiente che sovente devia le nostre scelte, fino al punto da arrivare a cancellare la nostra realtà. Vi ringrazio per l’attenzione e mi auguro di avervi incuriosito nella solita vecchia maniera che contrasta queste eresie del modernismo e del relativismo etico e conoscitivo…

Rosa Notarfrancesco

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