La leader del partito nazionale Mistifè, Giulia Di Rocco, giornata internazionale dei Rom presso il Parlamento europeo

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La leader del partito nazionale Mistifè, Giulia Di Rocco, giornata  internazionale  dei Rom, 8 aprile, presente al XII congresso dell’IRU” (International Roma Union )ed al  “ Romanì Week 2024” presso il  Parlamento  europeo

 Giulia Di Rocco sola a rappresentare  l’Italia del popolo Rom  a due  incontri internazionali. In Macedonia a Skopje  dal 3 al 6 aprile per il “ XII congresso dell’IRU” (International Roma Union) e  al “Romanì Week 2024” dal 9  al 11 aprile  presso il  Parlamento  europeo a Bruxelles  

The Romani Week is a yearly event organised in Brussels by Roma and pro-Roma stakeholders, civil society organisations and European institutions in the context of International Roma Day. This year, it will take place between 9 and 11 April.

 In occasione della Giornata Internazionale dei Rom dell’8 aprile, Giulia Di Rocco, Presidente del partito nazionale Mistifè, sarà l’unica italiana di etnia Rom a rappresentare l’Italia a due importanti incontri internazionali. In macedonia a Skopje dal 3 al 6 aprile per l’“ XII congresso dell’IRU” (International Roma Union ) che rappresenta l’etnia Rom  presso il Consiglio  d’Europa e all’ONU, e  la “Romani Week 2024” dal 9  al 11 aprile  presso il  Parlamento  europeo a Bruxelles  dove  la  Presidente Giulia Di Rocco è invitata a prenderne  parte  per la terza volta, parlerà della   tutela  legislativa dei bambini e ragazzi di etnia Rom  in  Europa. 

L’evento “ Romani Week 2024” mira a valorizzare come l’agenda per la etnia Rom si inserisca nel contesto di questioni politico-sociali europee, nelle priorità da affrontare secondo il principio di proporzionalità tra risorse economiche ed intellettuali da impiegare e soluzioni dei problemi, secondo appunto la verticale gerarchica dei fenomeni più pericolosi e disfunzionali, per arrestare l’avanzata della violenza di ogni ordine e grado e della sciagura delle guerre note e dimenticate.  La Presidente Di Rocco, convinta di poter raggiungere una effettiva unità di lavoro e di costruzione comune con l’agire consapevole dei giusti, abbandonando le dichiarazioni esaltanti di sole parole, tenta con il suo fattivo contributo di convincere i parlamentari europei ad iscrivere nel registro delle cose da fare anche le questioni della etnia Rom, che non ha confini, ma dimensiona la soluzione dei problemi all’intera area del popolo europeo proprio in occasione delle recenti elezioni.

L’obiettivo è di non escludere alcuna realtà economica, sociale e soprattutto umana e quindi dei diritti umani, rectius, dei bisogni umani in particolare dei minori, bambini, adolescenti, giovani. E sul piano dei diritti va evidenziato che se l’Amministrazione europea si pone come supremo legislatore ed esecutore non può e non deve trascurare alcuna realtà, altrimenti ne va della propria esistenza, atteso che sarebbe contradditorio con il principio dell’Europa dei popoli. Pur comprendendo l’ormai obsoleta distinzione tra destra e sinistra, essendo del tutto incerta la linea di confine, non sarebbe lungimirante disattendere i problemi della valorizzazione delle etnie e degli effetti connessi al ripetersi della reiterazione di reprimende e di sanzioni da parte degli organi della struttura organizzativa europea, su questioni del tutto marginali e contabili, che pure hanno bisogno di un certo ordine (mettere in ordine i conti si dice), ma l’esistenza in vita di bambini, mamme, genitori supera ogni questione contabile e pone all’ordine del giorno l’esistenza delle specie umana, l’esserci per dirla con il filosofo Martin Heidegger, Dasein (pronuncia tedesca: [ˈdaːzaɪn]) è un termine tedesco traducibile come “esserci”, o “presenza”, spesso tradotto anche come “esistenza“.

Heidegger si preoccupa di proporre un nuovo imponente discorso attorno all’Essere, a partire da un’analitica esistenziale condotta su quello che il filosofo tedesco definisce Esserci, ossia l’uomo. A partire da questa analisi, volta a mettere in luce le strutture ontiche (ossia dell’esistenza del singolo), Heidegger rivendica la scoperta della temporalità quale orizzonte di senso dell’Esserci. Nel suo progetto iniziale, questa intuizione sarebbe dovuta servire per cominciare a definire i tratti dell’essere (dato che, secondo Heidegger, l’Esserci è apertura all’essere, in quanto ente in grado di pensare all’essere, e per questo, a partire dall’uomo, si può arrivare a comprendere l’essere). In realtà, Heidegger si rende presto conto che l’uomo non potrà mai essere il punto di partenza di un’autentica e precisa ricerca dell’essere, dal momento che, spiega il filosofo, vi è una differenza ontologica insuperabile fra ente ed essere. Così, pochi anni dopo la pubblicazione di Essere e tempo, Heidegger annuncerà una Kehre (vale a dire “svolta”) del suo pensiero, volto a ricercare l’essere in sé con approccio differente rispetto all’analitica esistenziale dell’opera succitata. Tale indagine lo condurrà ad affrontare anche altre questioni di filosofia, quali la metafisica, l’arte, la poesia e il linguaggio..

Ridestare l’uomo alla capacità di conoscere l’Essere significa, per Heidegger, innanzitutto evidenziare la differenza ontologica che separa, senza dividerlo, l’Essere nella sua trascendenza da ciò che concretamente è, ovvero l’ente.

L’oggetto della ricerca è l’Essere, considerato come a priori trascendentale rispetto a ogni sua determinazione concreta, ovvero rispetto a ogni ente. Questo determina la “struttura formale” della ricerca, ovvero la necessità di superare l’errore tradizionale della metafisica, che ha ridotto l’Essere ad un ente come gli altri, ovvero all’Ente supremo.

Il problema dell’essere è il problema fondamentale (ovvero il problema del fondamento in quanto tale, e della sua capacità di fondare la realtà e la conoscenza che ne abbiamo), e richiede un atteggiamento conoscitivo necessariamente diverso da quello con cui ci volgiamo alla conoscenza delle singole cose concrete. Se l’essere è il ricercato, e se l’essere va considerato sempre come “l’essere di una cosa”, ne consegue che, nel problema dell’essere, l’interrogato è ciò che è: è la cosa (l’ente). Ma quale cosa (ente)? Qual è la cosa (l’ente) che è in grado di rispondere a una domanda sul suo essere? Ovviamente siamo noi, è l’uomo, per il semplice fatto che da sempre egli esperisce la sua esistenza come tale che in essa ne va del suo stesso essere: egli solo, cioè, è in grado di porsi la domanda sull’essere in modo esplicito. Questa cosa (ente) che noi siamo (esistente) e che ha per proprio modo di essere quello di interrogarsi, Heidegger lo chiama Esserci (Da-sein)..

Il problema dell’essere richiede quindi un lavoro preliminare, che consiste nell’esporre chiaramente le caratteristiche essenziali (gli “esistenziali”) di questa cosa esistente che noi siamo (l’Esserci) in quanto continuamente tesi a cogliere “il senso della vita”.

Rom (al plurale anche nella forma: roma, in lingua romanířom o rrom) sono uno dei principali gruppi etnici della popolazione e relativa lingua “romaní”, conosciuti anche come “gitani” o “zingari“.

La caratteristica comune di tutte le comunità che si attribuiscono la denominazione cosiddetta “rom” è che parlano – o è attestato che nei secoli scorsi parlassero – dialetti variamente intercomprensibili, costituenti appunto la lingua romaní, che studi filologici e linguistici affermano derivare da varianti popolari del sanscrito e che trovano nelle attuali lingue dell’India del nord ovest la parentela più prossima. I rom propriamente detti sono un gruppo etnico che vive principalmente in Europa, distribuiti in una galassia di minoranze presenti principalmente nei Balcani, in Europa centrale e in Europa orientale, benché la loro diaspora li abbia portati anche nelle Americhe e in altri continenti. La disciplina che si occupa di studiare la storia, lingua e cultura dei popoli romaní è la romanologia.

Un dato costante della storia del popolo rom va rintracciato nella persecuzione che hanno sempre subito: la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo sterminio (antiziganismo). Lungo la storia che li accompagna fino ad oggi si è protratta nel tempo la diffidenza nata al loro primo apparire nel Medioevo europeo: il nomadismo come maledizione di Dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, considerati nella superstizione popolare riconducibili alla magia; le arti divinatorie identificabili come aspetto stregonesco, ecc. Di qui la tendenza delle società moderne a liberarsi di tale presenza anche a costo dell’eliminazione fisica.

Tutti i Paesi europei adottarono bandi di espulsione nei loro confronti, fino alla programmazione del genocidio dei Rom, insieme a quello degli ebrei, durante il nazismo in GermaniaPorajmos o Porrajmos (in lingua romaní «devastazione», «grande divoramento»), oppure Samudaripen («genocidio») indicano il tentativo del regime nazista di sterminare le popolazioni romaní durante la seconda guerra mondiale.

Dopo la seconda guerra mondiale ha preso forma un movimento che è arrivato in occasione del primo congresso nel 1971 a Londra alla creazione dellUnione Internazionale Romaní. Questa Unione mira al riconoscimento di un’identità e di un patrimonio culturale e linguistico nazionale senza Stato né territorio, cioè presente in tutti i paesi europei.

Édouard ManetGitana con sigaretta, 1862, Princeton University Art Museum

Si stima che nel mondo ci siano tra i 60 e i 80 milioni di Rom. Tuttavia il numero ufficiale di Rom è incerto in molti paesi, questo anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come etnia Rom per timore di subire discriminazioni. In Italia, con compiti di mediazione culturale, è attiva l’associazione (ente moraleOpera Nomadi.

Nel suo libro “Omero nel Baltico”, Felice Vinci ipotizza che i sinti, maghi della metallurgia, siano trasmigrati dal sud della Svezia verso i paesi dell’oriente oltre 5000 anni fa.

Oggi, in lingua romaní, Rom significa uomomarito e designa il popolo stesso solamente presso i Rom propriamente detti. Come per la storia delle origini delle popolazioni di lingua romaní, anche l’origine del termine Rom è aperta a diverse ipotesi dibattute tra gli studiosi.

Rom è l’autonimo che la maggioranza della popolazione di lingua romaní utilizza per denominare il proprio gruppo. Si ritiene che questo termine sia strettamente correlato all’etnonimo Ḍom/Ḍomba, la cui prima apparizione nei testi sanscriti risale al “Sádhanamálá” (VII secolo d.C.), dove viene narrata l’esistenza di un re ḌomHeruka. Questa ipotesi si basa sull’analogia tra la popolazione dei ḍomba o ḍomari (in sanscrito oma, ma anche Domaki, Dombo, Domra, Domaka, Dombar e varianti dalla stessa radice), e i dom, un gruppo etnico dalle caratteristiche sedentarie e nomadiche del Medio Oriente. Tra le varie ipotesi, una delle più suggestive indicherebbe nella radice sanscrita om, onomatopeicamente connessa al suono del tamburo, che in sanscrito corrisponde alla parola amara e amaru, l’origine del termine.

dom medio-orientali hanno una ricca tradizione orale ed esprimono la loro cultura e la loro storia attraverso la musica, la poesia e la danza. (Nell’XI secolo Al Biruni, in uno dei suoi scritti, fa menzione dei om come musicisti.) Nel nord-ovest dell’India, ancora oggi, numerosi Jati sono chiamate con il termine Ḍom, il che induce a ritenere che abbia avuto in passato lo status di un etnonimo. L’esistenza, inoltre, di rovine di antiche fortezze, chiamate “omdigarh“, costituirebbe una prova che sia effettivamente esistito il regno dei om/omba, in seguito distrutto dalla dinastia Gupta, evento che avrebbe provocato la perdita dello status etnico dei Ḍom e la loro riduzione in Jati di infimo ordine. In base agli studi e le ricerche effettuate sui om/omba di oggi (sulla loro cultura, religione, etc.) si ritiene che essi appartengano a una popolazione che aveva abitato l’India prima dell’invasione degli Arii (nel 1500 a.C. circa).

Le prime ipotesi sulla correlazione tra il termine “rom” e i om/omba furono formulate dall’orientalista tedesco Hermann Brockhaus nel XIX secolo, e in seguito riprese dall’indologo tedesco August Friedrich Pott (pubblicate in un testo che è considerato la base dei moderni studi sui rom (“Die Zigeuner in Europa und Asien“, 1845). Hermann Brockhaus trovò il termine Ḍom/Ḍomba in due importanti testi di letteratura sanscrita bramina: nel Kathasaritsagara ( “Oceano di Storie“, una famosa collezione di leggende indiane scritta da Bhatta Somadeva nell’XI secolo) e nel “Rajatarangini” (“Il Fiume dei Re” una collezione scritta da Kalhana, considerato il primo storiografo kashmiri). In entrambi questi testi i om/omba appartengono alla casta più bassa mentre gli autori appartenevano alla più alta casta, che considerava le popolazioni non arie come estranee al sistema Hindu, che era stato vittorioso sulle popolazioni dell’India.

In alcune regioni dell’India di oggi (ad esempio a Benares), sono i om/omba che esercitano la funzione di cremare i morti, attività considerata degradante e “sporca”. Diversamente nel Rajasthan, nel Punjab e nell’Uttar Pradesh, molti om esercitano il mestiere tradizionale di musicisti e alcuni membri di questo gruppo sono considerati influenti. In India, gruppi simili ai om/omba, per condizioni sociale e caratteristiche professionali, sono i gae lohars (gaí: carro; lohár: fabbro), fabbri ambulanti; i Badis (tra i rom Badi/Bodi è uno dei cognomi più diffusi) suonatori di musica e acrobati; i Badjos (Badžo è un cognome molto diffuso tra i rom dell’Europa dell’est) musicisti; i Banjaras che sono mercanti fuori casta.

Carlo Priolo giornalista professionista, sociologo

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