La denuncia- Hemingway

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La denuncia è un racconto breve di Ernest Hemingway, ambientato nella Spagna a cavallo tra la guerra civile e la seconda guerra mondiale.

Il racconto si svolge dentro la taverna di Chicote a Madrid, un bar, secondo la descrizione, frequentato prevalentemente da uomini, e soprattutto da soldati della resistenza.

Proprio questo è il dettaglio che muove l’intreccio, infatti, all’interno del bar, il narratore (che non specifica ma lascia intendere di essere lo stesso Hemingway) sta seduto con l’amico John a bere “gin and tonic”. Qui riconoscono Luis Delgado, un fascista, che come se nulla fosse passa la sua serata in divisa da lealista, con un gruppo della resistenza.

Luis Delgado verrà denunciato, catturato e fucilato dal controspionaggio de La Seguridad.

Hemingway è uno scrittore “vero”, ed anche in questo caso ne ha dato conferma.

La cornice dentro cui si immerge la vicenda, è quella della guerra civile spagnola che nel 1939 vedrà salire al potere il dittatore Francisco Franco. Se in un primo momento ci si aspetterebbe una descrizione cupa e macabra del contesto, si scopre l’immensa abilità di Hemingway di fornire una cruenta banalizzazione dello scenario bellico. In questo traspare il suo essere “vero”.

“Stavano bombardando la Gran Via e allora entrai nel bar di Chicote per aspettare la fine” oppure “al buio la gente tornava a casa dai cinema dov’era rimasta rintanata fino alla fine del bombardamento”, sono frasi che sembrano minimizzare ciò che sta realmente accadendo, la realtà è che proprio questa “banalizzazione” finisce per enfatizzare quanto cruento fosse il tutto.

In un mondo che ruota attorno alla “farina del diavolo” (scrive Hemingway riferendosi al denaro), lo scrittore porta a riflettere sul dualismo interiore che porta una scelta come la denuncia. Se da un lato si fa persuaso della sua scelta di denunciare Delgado, dall’altro fa capolino il ricordo di esperienze condivise con lui. Questo lo spingerà infatti a farlo denunciare dal cameriere, lavandosene le mani dicendo “Ma io sono straniero: vostra la guerra e vostro il problema”.

Porta a tal proposito il termine “ponziopilatismo”, esprimendo il silenzio dei colpevoli, perché in fin dei conti tutti lo siamo. Ma tendiamo a lavarcene le mani (e ci credo!) davanti alle ingiustizie.

A mio modesto parere, Hemingway ha voluto comunicare che ora come allora, la società è rinchiusa in un circolo vizioso dove un’ingiustizia finge di passare inosservata, generandone un’altra, poi un’altra e così via.

La domanda che mi viene di pormi (e di porre a voi) è: arriverà mai un anello debole in grado di spezzare (seppur inconsapevolmente) questa orrenda catena omertosa?

Riccardo Nobile

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