I giovani di oggi sono come i giovani di sempre? Intervista al prof.Gianluca Di Donato

Arte, Cultura & Società

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Intervista di Daniela Piesco co-direttore Radici 

I giovani d’oggi sono come i giovani di sempre. Perché il loro cuore, come sempre, lo fa Dio. Perché il loro cuore è desiderio di bene, di bello, di vero, esattamente come il cuore di tutti i giovani che sono venuti al mondo dall’inizio dei tempi. Perché allora sembrano così diversi? Perché sembra così difficile che questo cuore emerga? Perché c’è come una barriera che impedisce loro di comunicare con il mondo? Occorre allora un segnale più forte. Ed ecco che entrano in gioco gli adulti. Sono loro che devono preoccuparsi di mandare un segnale più potente per perforare quello schermo. Per abbattere quella barriera che ostruisce la comunicazione. Carlo Collodi aveva capito l’antifona. Il suo Pinocchio vive in pieno questo problema. Ma nel cammino di quella storia emergono fattori che aiutano a comprendere la portata della sfida. Il grido che viene dal cuore di Pinocchio, di tutti i Pinocchio. Ne parliamo con Gianluca Di Donato scrittore e docente di Sostegno e Lettere nella scuola secondaria di primo grado e di Storia della Musica nei licei musicali, un professore che sta con i giovani da quasi vent’anni’anni. Un’esperienza dalla prima linea che fa saltare il banco dell’ovvio, del prevedibile.

L’ intervista

Quali sono gli interessi dei giovani di oggi?

In parte gli stessi di sempre. Fino ad una certa età i riferimenti sono bene o male sempre gli stessi; musica, sport, elettronica. Quello che purtroppo è cambiata è la consistenza di questi riferimenti. Una volta i punti di riferimento erano grandi nomi, tali principalmente per le qualità. Oggi, il più delle volte, il personaggio viene creato a tavolino e, cosa peggiore, copre un arco di tempo determinato perché poi bisogna lasciare lo spazio ad altri.

Cosa fanno i giovani di oggi?

Sulla carta ciò che hanno sempre fatto; in realtà spesso vivono in modo passivo. Subiscono in modo acritico ciò che gli viene imposto da una società che paradossalmente contribuiscono loro stessi a formare

Negli ultimi anni sempre più ragazzi sembrano aver abbandonato ogni desiderio di diventare grandi, indugiando sempre più a lungo nella fase dell’adolescenza rispetto a quelli degli scorsi decenni, anche e ben oltre la maggiore età. E dunque fin quando si è giovani?

Il rimanere giovani, inteso come entusiasmo e volontà di fare, sarebbe anche un buon auspicio. Il problema vero è che oggi, soprattutto in determinati contesti, essi vengono tenuti in un limbo ovattato che non permette loro di responsabilizzarsi. Inoltre, soprattutto in Italia, tendono a rimanere in casa con i genitori talvolta fino ai trent’anni. Tutto questo comporta delle inevitabili ripercussioni nello sviluppo individuale di un contesto sociale

Oggi la creatività linguistica giovanile si esprime con modalità diverse rispetto al passato: le nuove generazioni interagiscono costantemente con la rete e lo slang di cui si servono su Internet permeato di inglese e anglicismi. Ebbene come comunicano i giovani di oggi? Come è cambiata, secondo lei, oggi la comunicazione? Come si esprimono i giovani?

Questo è uno degli aspetti peggiori che caratterizzano i ragazzi. La loro conoscenza della lingua italiana è a livelli bassissimi, sono spesso incapaci di costruire una frase di senso compiuto (non parliamo del corretto utilizzo dei verbi) e di sostenere un dialogo logico e strutturato. L’uso indiscriminato (e scorretto) della lingua inglese ormai è ridicolo. L’anglicismo sta bene nel momento in cui sintetizza un concetto, ma la tradizione pedissequa di una parola in inglese è diventato un qualcosa di patetico e provinciale, anche perché in nessun paese come il nostro c’è questo abuso. Tutto questo non fa che peggiorare le cose e quindi (e lo dico come docente) capita spessissimo di leggere temi di ragazzi di 15, 16 anni, che sono veramente imbarazzanti. Se a questo aggiungiamo che ormai dagli 11 anni in su si comunica fondamentalmente per messaggio (whatsapp, messenger Instagram) ci si può fare un quadro, desolante, della situazione.

Che ideali hanno? Quali valori?

Gli ideali, quelli veri, sono riferimenti che dovrebbero portare un giovane a crescere e a maturare in senso critico. Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, questi ideali non esistono più, perché viviamo un contesto sociale che impone un “usa e getta” terrificante. La rete ha dato a tutti, indiscriminatamente, la possibilità di “esserci” e questo, che sulla carta poteva essere un vantaggio, si è trasformato in un sistema che ha inflazionato praticamente ogni campo, con l’aggravante che, contemporaneamente, la capacità di discernere il vero dal falso e la qualità dalla contraffazione è drammaticamente calata.

Quando apparvero sulla scena sociale gli hippie, i punk, le altre controculture giovanili, prima ancora del contenuto ideale della loro espressione generazionale (peraltro rilevante), a colpire la mentalità borghese fu il disgusto dettato dagli indumenti o dagli ornamenti. La creatività nello stile di vita sfuggiva alle codificazioni del sistema del consumo corrente, e divario generazionale e frattura politica divennero i volti della stessa medaglia. Ma se le cose stessero così, bisognerebbe riflettere sulla mentalità che facilmente si scandalizza di fronte agli stili di vita giovanili. E dunque dietro l’invocazione di decoro, di garbo, di buona creanza, può esserci più semplicemente il controllo esercitato dall’ideologia del consumo?

Da sempre sono esistite le provocazioni, in ogni versante. Oscar Wilde, George Sand, solo per fare due nomi, vestivano e vivevano in modo volutamente provocatorio. Ma erano gesti dettati dal rifiuto di una borghesia ipocrita, atteggiamenti sostenuti da un imponente baglio culturale che dava loro la possibilità di fornire un’alternativa o almeno una chiave di lettura consapevole della società. E la stessa cosa è possibile dire per alcune delle “controculture” a cui lei fa riferimento. Oggi, l’aspetto peggiore della moda (intesa come tendenza) è che comporta il doversi adeguare a tutti i costi (anche, se non soprattutto, dal punto di vista economico) senza alternative, pena l’esclusione dal sistema. E qui ritorno a quanto dicevo prima; un’usa e getta sfrenato senza senso che porta spesso le famiglie a dover sostenere spese pesanti per comprare prodotti a tempo determinato, sia per qualità (cellulari e pc son programmati per diventare obsoleti dopo due anni) che per significato. Almeno un tempo, certe mode caratterizzavano, almeno idealmente, alcuni strati della società. Oggi la globalizzazione consumistica ha omologato tutto, distruggendo ogni forma di individualità.

Cosa spaventa i giovani? Il futuro? Il mondo lavorativo? È ragionevole o illusorio essere ottimisti?

Sempre con le dovute eccezioni, gli adolescenti oggi sono narcotizzati di fronte ai veri pericoli mentre, paradossalmente arrivano a considerare la vita come un paio di scarpe da gettare se al primo problema non entrano come vorrebbero. Il mondo del lavoro è vissuto come un impegno da affrontare tardi, per i motivi di cui dicevo prima. Ciò che però inizia a prendere una piega decisamente preoccupante è la convinzione di molti nel pensare che oggi sia possibile fare soldi facilmente solo buttandosi nell’agone dei social, (youtuber, tiktoker, ecc.) improvvisando contesti nei quali investono tempo e denaro per poi trovarsi, se va bene, dopo un anno con un pugno di mosche in mano perché nel frattempo è arrivato qualcun’altro con qualcosa di nuovo che catalizza l’attenzione, sempre a tempo determinato.

Eppure, nonostante il benessere economico odierno si ritiene che i giovani di oggi siano più infelici. Come si manifesta la depressione nei giovani? E perché sono sempre più depressi? Sono forse più fragili? Le ragioni sono custodite nei loro smartphone?

Non esiste un reale benessere economico. È tutto un prendersi in giro. Oggi la stragrande maggioranza della gente vive come il nostro Stato; a debito. Sul perché, poi i ragazzi siano più depressi, il motivo è il più scontato e banale possibile. Perché, in generale, hanno tutto e subito, ma soprattutto perché quel “tutto” non ha sostanza, non li porta da nessuna parte, non è un qualcosa da cui partire per crescere, sviluppare idee, pianificare progetti. Dura un lasso di tempo e poi finisce per fare spazio ad altro che a sua volta ha la consistenza di una bolla di sapone. Questo nel mondo occidentale. In altri contesti, ragazzi di 14,15 anni, vivono invece situazioni drammatiche che li porta a crescere rapidamente, senza però permettere loro di vivere adeguatamente la loro età. Ci troviamo quindi di fronte a estremi che per ragioni diverse portano spesso i ragazzi a vivere male. Lo smartphone, da strumento utilissimo è diventato la concretizzazione del fallimento generazionale. Con quello strumento molti giovani pensano di far parte del mondo, ma in realtà contribuiscono a vanificare tutto ciò che accade attorno a loro. E, attenzione, non solo i giovani. Di fronte a incidenti o a situazioni drammatiche la gente invece di intervenire si preoccupa di filmare e poi postare sui social. Stesso discorso quando li vedi nei musei o di fronte a qualcosa di bello da vedere, da guardare. L’unica preoccupazione è di filmare, fotografare, postare sui social, ignorando totalmente il senso di ciò di cui sono testimoni.

Qual è l’origine della violenza giovanile? La frustrazione? La noia? Il seguire le mode?

Noia e frustrazione sono le logiche conseguenze di una vita vissuta a ritmi frenetici ma senza concretizzare nulla di fondante. Che il “sabato” (l’attesa) fosse più emozionante della domenica (la festa) ce lo avevo già detto Leopardi e prima ancora fatto capire Platone. Con una differenza però; la festa, una volta arrivata, era esattamente ciò che si aspettava e veniva vissuta intensamente. Oggi, il problema di fondo dei ragazzi è che l’attesa è troppo breve e la festa scontata e carica di aspettative il più delle volte disattese. Ho come l’impressione che mai come oggi ci si vesta o si assumano comportamenti non tanto perché ci si crede, ma solo per apparire agli occhi di chi, a sua volta, fa esattamente la stessa cosa. Un diabolico cane che si morde la coda e che alla fine porta solo ad un isolamento emotivo e sociale che diventa carico di frustrazioni pronte ad esplodere alla prima occasione.

Sono una generazione sospesa in cerca di riscatto?

No, perché il più delle volte non sanno realmente ciò che vogliono.

Cosa rappresenta la scuola per i giovani? Perché i ragazzi lasciano la scuola? Perché i giovani non rispettano le regole?

Questo è un capitolo delicatissimo e per molti versi doloroso. La scuola non ha più assolutamente quel valore formativo di una volta. È diventata da una parte un ammortizzatore sociale, per la presenza di figure che spesso con la scuola c’entrano poco o nulla, dall’altra un polo che dovrebbe “badare” ai ragazzi a 360 gradi senza però dare a noi docenti gli strumenti adatti e il rispetto dovuto, inoltre troppi genitori entrano nel merito della didattica, spesso con violenza (sia verbale che fisica), senza averne gli strumenti e le competenze. Dall’altra parte la scuola assomiglia sempre di più a un supermercato che deve attirare a sé quanti più clienti possibili per guadagnare, non tanto dal versante culturale quanto meramente economico; più alunni hai, più fondi ricevi. Tutto questo dà vita a fenomeni che trovo assurdi: pubblicità su giornali, televisioni, social, manifesti sulle cantonate cittadine ecc. Sul perché poi i ragazzi lasciano la scuola i motivi sono diversi; il problema è che prima, chi non aveva voglia di studiare, cercava un lavoro, un “mestiere”. Oggi non più, e infatti è difficile (e spesso oneroso) trovare idraulici, meccanici, falegnami, barbieri ecc. inoltre, tante professioni artigianali stanno scomparendo. Sul perché i giovani non rispettino le regole la risposta è molto semplice; perché è la società che non le rispetta; si sentono offesi, traditi, illusi e reagiscono. Se a questo aggiungiamo l’incapacità di tante famiglie nello svolgere la loro autentica funzione educativa, abbiamo il quadro completo del tutto.

Chi sono i ragazzi fluidi? Cosa significa fluido nel gergo giovanile? Perché tanti adolescenti gender fluid? La generazione fluida eliminerà le distinzioni di genere, in nome della libertà?

Bauman aveva perfettamente ragione quando sosteneva che “la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza” (Zygmunt Bauman, 1999) Ma questo lo sosteneva 25 anni fa. Adesso le cose sono, se possibile, peggiorate. I ragazzi oggi non hanno neanche il tempo di comprendere cosa accade che la società cambia, ma in modo così rapido che più di fluido si potrebbe parlare di gassoso. E tutto questo è devastante da un punto di vista cognitivo. Le libertà, tanto più se sessuali, sono sacrosante; ma attenzione a non concepirle come uno stato d’animo a tempo momentaneo. Il problema di fondo è sempre lo stesso; formare correttamente la coscienza critica dei giovani affinché capiscano e comprendano, nel modo migliore possibile, chi sono e dove vogliono andare. Purtroppo, mai come oggi, la libertà di cui apparentemente godono, è (paradossalmente) un’oasi illusoria in un deserto di certezze.

Alcune informazioni sull’autore.

Classe 1972, Gianluca Di Donato ha un’attività concertistica di oltre trent’anni che lo ha portato a suonare in tutta Europa eseguendo un vastissimo repertorio che comprende tra l’altro, tutta la produzione per e con pianoforte di Mozart, Schubert e Brahms. Negli ultimi quindici anni si è dedicato con particolare attenzione alla musica del Novecento e ha affiancato costantemente l’attività concertistica a quella divulgativa, tenendo lezioni presso Licei ed Università. Si è laureato in Lettere moderne e in Filosofia all’Università di Fisciano e in Musicologia alla Sapienza; si è inoltre specializzato sulle attività di Sostegno presso l’Università di Foggia. E autore di numerosi articoli, pubblicati tra l’altro da “Quinte Parallele” e sul prestigioso portale www.lvbeethoven.it; ha scritto tre volumi dedicati a Brahms e Mozart, l’ultimo dei quali, Johannes Kreisler, amori e amicizie del giovane Brahms, edito dalla Florestano nel marzo del 2022, sta ottenendo notevoli apprezzamenti. Nel 2023 è stato pubblicato il volume Discorsi sulla bellezza, edito da Pensa editore con all’interno un suo saggio dal titolo Il concetto di Bello nella storia della musica. Nel novembre del 2022 è stato relatore al XXVI convegno di musicologia organizzato da “Il Saggiatore Musicale”. Dal 2021 al maggio 2023 è stato ideatore e conduttore della rubrica “Lezioni di Musica” trasmessa settimanalmente da radiomozartitalia.com. A giugno del 2024 uscirà nuovo libro, dedicato al compositore Arnold Schönberg, primo di tre volumi sulla “Liederistica con pianoforte nella Seconda scuola di Vienna”. A dicembre sarà pubblicato un nuovo cd, il primo di quattro con l’integrale della musica per pianoforte di Jean Sibelius, per la prima volta registrata da un pianista italiano. Ha ricevuto negli anni numerosi premi e riconoscimenti.

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