Animali antropizzati? No, grazie

Ambiente, Natura & Salute

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Il rispetto per gli animali è un fatto di civiltà, indubbiamente.

Senza l’aiuto degli animali la nostra specie avrebbe dovuto percorrere la strada della civilizzazione in tempi molto più lunghi, quindi il genere umano è loro debitore.

Proprio per questo dobbiamo tener conto del loro intrinseco modo di essere e della loro appartenenza a un mondo, il mondo animale appunto, con tutte le sue insite caratteristiche.

Ma rispetto è anche considerazione per ciò che è loro connaturato, letteralmente: ossia ciò che la loro natura comporta, fatta eccezione per i comportamenti pericolosi (che possono comunque essere contenuti da una buona conoscenza dell’animale e delle sue caratteristiche).

Esiste dunque quello che i latini chiamavano limes: un limite, un confine fra ciò che si può ritenere giusto, condivisibile e accettabile e ciò che invece non lo è.

Una questione certamente non facile, che vede schierati molti diversi punti di vista. Negli ultimi vent’anni si è assistito a una crescente “umanizzazione” degli animali domestici per esempio, che talvolta sembra travalicare i limiti di una corretta convivenza uomo-animale: nomi di persona, sepolture in giardino, presenze all’interno di negozi alimentari con vivande esposte senza riguardo per l’igiene ecc…ecc…La presenza di certi  animali nei locali pubblici potrebbe disturbare le persone allergiche al pelo, tanto per fare solo un esempio legato a un fatto evidente di salute.

Quale che sia l’opinione in proposito, c’è una considerazione importante da fare: parlare di rispetto è spesso difficile, proprio perché ciascuno dà alla parola significati diversi. Tuttavia, per comprendere davvero gli animali è ovvio che si debba noi umani avvicinarsi al loro mondo; è ciò che faceva uno dei maggiori studiosi di etologìa, Konrad Lorenz, di cui è nota a tutti la famosa foto di lui completamente immerso nel laghetto con le anatre per studiarne a fondo le abitudini, i rapporti all’interno del gruppo, le relazioni fra adulti e con la prole o quant’altro. Lorenz non modificava minimamente le consuetudini e le abitudini degli animali che studiava, se ne guardava  bene perché sapeva che sarebbe stata una violenza.

Avvicinarsi al mondo degli animali sì, ma senza snaturarne e modificarne i comportamenti scimmiottando i nostri modelli: questo non serve agli animali ma a noi, che in una società carente di affettività e di rapporti validi e solidali ci sentiamo sempre più soli. Chiediamoci se è giusto proiettare le nostre frustrazioni o solitudini sugli animali; la Psicologia degli animali non può condividere questo, perché si tratta comunque di una forma sottile di sfruttamento per colmare le carenze psicoaffettive di una società malata: serve a noi, non agli animali.

Chi considera queste modalità come forme di maltrattamento perché allontanano troppo gli animali dalla loro vera natura, ha approfondito la questione più di chi è d’accordo con l’antropizzazione. Perché?

Perché questi ultimi non tengono neanche conto del gigantesco fenomeno di business che si è creato attorno a tutto questo, un settore che muove  un’enorme quantità di denaro e che è in crescita esponenziale…

Riflettere su questi aspetti del rapporto uomo-animale e animale-uomo può essere interessante e anche relativamente nuovo, dato l’incremento del fenomeno nell’ultimo quarto di secolo.

SandraFallaci©

ph scienzainrete.it/

2 Replies to “Animali antropizzati? No, grazie”

  1. Bruno ha detto:

    a prescindere dal rapporto che ciascuno di noi vuole avere con il proprio animale, si dovrebbe sempre e comunique temere conto sia dell’interesse dell’animale sia, quando si è in pubblico, quello di altre persone che verso gli animali hanno una diversa sensibilità. Ma questo discorso si inquadra in quello maggiore circa la crescente maleducazione in base alla quale molti pretendono che sia l’ambiente (sostanzialmente gli altri) ad adattarsi alle loro infinite libertà e non anche il contrario.

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