Manzotti-S.Rossi: IO & IA. Mente, cervello e GPT ovvero la MOI:Identità Mente-Oggetto

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Il MOI “Oui, c’est moi” non significa più solo “si, sono io” del  noto spot del profumo “Lou-Lou”.Cacharel del 1989.

“Moi” riscritto intanto così: “MOI”, indica non che Lou-Lou abbia pretese di passare dalle essenze profumate alla grafologia o alla filosofia. Lasciamo ai famosi “nasi” solo la creazione di estranianti profumi per farci rivivere l’intermittenza del cuore di Proust perché la soluzione al dilemma di mente-coscienza è stata tentata dalla Fisica moderna che si affaccia in territori appannaggio della filosofia non rassegnata questa a tacere e a farsi espropriare dei suoi storici territori.

La MOI è un acronimo e sta a significare Identità Mente-Oggetto ovvero non esiste alcuna differenza, separazione tra gli oggetti e la nostra mente per Riccardo Manzotti cui non si può chiedere “sta scherzando, Mr Manzotti?” perchè il filosofo-ingegnere fa sul serio.

Manzotti Riccardo e Rossi Simone in “Io & Ia Mente, Cervello e Gpt” si devono confrontare con un’intera tradizione filosofica che ha elaborato teorie e sedimentato un lessico per esprimerle, allora la MOI per essere recepita adeguatamente non solo, come è ovvio, va a confrontarsi con l’egemonia che esercita la tradizione ma in questo procedere la modifica e confligge con la forma mentis di larga parte dei lettori che si riferiscono, per studi o condivisione, ad un universo concettuale millenario: nulla di nuovo sotto il sole.

di Camilla G. Iannacci

 Indice dei contenuti

 Il decalogo della MOI 

Io-Natura-Mondo-Coscienza: le parole per dire la MOI

La MOI e la relatività

Il filosofo galante

La mente-mondo

La mente come i black hole

Riccardo Manzotti tra i pesi e il tempo

Una dicotomia, una frattura, una doppia fenditura attraversa il sapere

L’indeterminazione di Heinsenberg

The Engine di Jonathan Swift ne “I Viaggi di Gulliver” e la AI 

Fisicalismo, riduzionismo e un approccio qualitativo alla mente

La AI e la realtà materiale dei corpi

Il dubbio e la prossima falsificazione

Per un “Lunch Cappelletti, lambrusco e filosofia” e il migliore dei mondi possibile

Il decalogo della MOI 

  1. Tutto esiste ed è identico a se stesso.
  2. Ogni cosa che esiste esiste relativamente a un’altra cosa (tipo la velocità relativa)
  3. Il corpo non è speciale, ma è la cosa relativamente alla quale esistono tutte le cose che troviamo nella nostra esistenza.
  4. Non c’è esperienza o coscienza o soggetto o io. Ci sono solo le cose.
  5. Ognuno di noi è IDENTICO a un insieme di cose.
  6. Percepire/esperire O vuol dire essere O (vedere una mela è essere la mela nel suo esistere relativo a un sistema visivo)
  7. Tutto esiste nel tempo ed esiste relativamente a quando produce un effetto
  8. Passato e presente sono articolazioni dell’esistere.
  9. Il presente è esistenza prossima, e il passato è esistenza remota.
  10. La memoria è percezione (lenta)
  11. La creazione è percezione (come in un caleidscopio)
  12. Memoria e creazione/immaginazione sono identità con l’esistenza nelle sue combinazioni.

Io-Natura-Mondo-Coscienza: le parole per dire la MOI

Nel leggere Io-Natura-Mondo-Coscienza il pensiero va nell’universo concettuale di ognuno che non è la  MOI e che, per questo, forse deve confrontarsi con il pensiero dei singoli filosofi  anche a livello di manualistica scolastica e ricreare un nuovo lessico per nuovi concetti per non essere frainteso ma inteso.

La MOI risulta ostica o criptica, bisogna uscire dalla “caverna” in cui ci si trova; se una ricerca, uno studio suscita perplessità o non intendi o non condividi l’impostazione beh la cosa diventa molto interessante perché ti costringe a metterti in discussione e a fare nuovi percorsi.

L’ io che è anche l’altro, l’altrove, l’ombra che noi siamo?

La MOI e la relatività

Quando Riccardo Manzotti, nel suo decalogo parla di “velocità relativa” o “esistere relativo a un sistema visivo” o utilizza l’avverbio “relativamente” – che già, curiosamente, contiene… la mente- quando scrive “la mente è l’insieme delle cose che esistono relativamente al corpo” il pensiero corre a Einstein e mi chiedo se sono o meno in errore ma non so rispondere.

Non è sufficiente incasellare la MOI nello schema riduzionismo-esternalismo o fisicalismo pertanto occorrono le parole nuove per dire il MOI ovvero per evitare che si resti senza risposte: un… vasto confronto, si direbbe, con il pensiero così come ci viene consegnato: o meglio un corpo a corpo… perché le idee conoscono la lotta per l’egemonia.

Il filosofo galante

Manzotti offre un fiore a chi gli muove ogni sorta di obiezione o contestazione perché gli sembra che il fiore “abbia tutto il senso che possiamo desiderare”.

Non lasciamoci ingannare anche se sembra risuonare Silesio “La rosa è senza perché: fiorisce perché fiorisce, non bada a se stessa, non chiede se la si vede” o i qualia riportati in auge da Faggin in “Irriducibile” quando scrive “che senso avrebbero il sapore del vino, il profumo di una rosa e il colore arancione” senza richiamare i qualia?

La mente-mondo

L’ira, la commozione, la nostalgia, le scelte cui siamo chiamati negli eventi di vita, come lo è stato per esempio per Antigone, sono parte integrante, consustanziali alla materia del mondo: siamo qui e ora e tutto qui con ciò che ci circonda, con cui ci relazioniamo.

Possiamo solo dire di essere  una “manifestazione” qualitativa del mondo, una materia fine e sgombrare il campo da entità che s’immaginano in un al di là che ci trascende: la materia è anche fine non solo hard.

La mente come i black hole

Se le teorie fin qui non descrivono ancora tutta la realtà e la mente resta ignota come la materia oscura (differente da quella dell’universo?) che al 95% si nasconde, “la scienza dovrebbe cercare di trovare risposte non eliminare dalla realtà ciò che non sa spiegare” (Faggin) perché per le domande che ancora non hanno risposte “un giorno/ lontano, vivrai le risposte” (Rilke).

Se il cervello è una struttura complessa con i suoi 80 miliardi e più di neuroni è forse  è decifrabile con le teorie del caos, come ha fatto col volo degli storni Parisi.

Intanto uno spettro si aggira nel microcosmo ed è la teoria delle stringhe: oltre agli elettroni e ai quark, c’è un altro livello di struttura, piccoli filamenti vibranti e piegati  in una configurazione descrivibile attraverso una geometria dei ‘nodi’ o dei ‘nastri’ su cui, quali novelli maestri del sospetto, i fisici mostrano uno sguardo arcigno.

Con questi quarti di luna più che essere assertivi conviene coltivare il dubbio in attesa di una luce nel tunnel della ricerca con qualche nuova falsificazione.

Riccardo Manzotti tra i pesi e il tempo

L’orologio segna sulla base di criteri stabiliti da noi e infatti l’ora “dipende” dal fuso orario; anche la bilancia ha misurato secondo pesi differenti in epoche diverse; a volte il tempo dell’orologio non ha valore per noi, si ferma e viene vissuto in modo differente da persona a persona anche in seguito a eventi imprevedibili della vita; per i fisici il tempo presente-passato-futuro poi non esiste mentre l’individuo che vive in una dimensione temporale finita non si fa “convincere” dalla fisica.

Una dicotomia, una frattura, una doppia fenditura attraversa il sapere

La frattura è stata netta a lungo dall’alba del pensiero scientifico moderno, codificata da Galileo che distingueva appunto i compiti e l’attività dello scienziato che osserva la realtà fisica dai differenti modi con cui ogni persona fa esperienza di questa o quella sensazione legata alla percezione di un suono o di un colore etc…

Galileo si è dedicato allo studio della natura e ha preferito tacere su odori, sapori e solletico forse è il caso di riparlarne perché la casalinga di Voghera li sente tutti e spesso sogna tra i fornelli una vita migliore e si chiede cos’è la gioia e la tristezza e sente l’inefficacia l’incompletezza di ogni teoria incapace di rispondere ai perché da bambina e che sono ancora suoi: io e tu chi siamo? Che senso ha tutto questo? Che ci faccio qui?

In breve nulla cale alla scienza dei “qualia” in quanto non sono misurabili, quantificabili e per farla breve la sentenza è semplice: non esistono.

“Figure, numeri, moti” perdurano sempre mentre “suoni, sapori, odori” venendo meno il vivente non sono più e quindi sono solamente nomi.

Solo se puoi quantificare, verificare sperimentalmente e replicare l’esperimento si può intendere la natura.

L’indeterminazione di Heinsenberg

Ci sono eventi che si verificano pur sempre nei perimetri della realtà fisica esterna all’osservatore che peraltro ha dovuto rapidamente ridimensionarsi nella sua hybris, per via dell’indeterminazione di Heisenberg secondo cui nell’osservare un micro oggetto agiamo su esso e lo modifichiamo: il soggetto non è “esterno” ai fenomeni studiati. La scienza con i suoi illustri e numerosi figlioli cioè le tecnologie quantifica, misura e calcola e per dirla tutta di un quadro pone il problema della chimica dei pigmenti: non si domanda qual è il senso dell’arte e del messaggio dell’artista: ubbie coltivate da umanisti e metafisici.

The Engine di Jonathan Swift ne “I Viaggi di Gulliver” e la AI  

The Engine è il primo “computer” dotato di “Intelligenza artificiale”, è del 1726 e viene immaginato e descritto da Jonathan Swift ne “I viaggi di Gulliver” in questi termini: “Tutti sapevano quanto sia faticoso il metodo consueto per giungere alle arti e alle scienze; mentre, grazie al suo espediente, la persona più ignorante, a un prezzo ragionevole e con un po’ di lavoro fisico, potrebbe scrivere libri di filosofia, poesia, politica, diritto, matematica e teologia, senza il minimo aiuto del genio o dello studio”.The Engine anticipa anche la macchina di Babbage, di Orwell, il Retore di Philip K. Dick.

La macchina ha subito una mutazione nella forma e nel contenuto: addensa, incorpora capacità e mansioni una volta precipuamente attinenti all’umano: la ‘téchne’ coincide con l’immaginario, il virtuale infatti “la realtà virtuale è realissima e ci si può persino vivere dentro una vita soddisfacente per quanto non completa” (Marco Trainito) e misurarsi con le considerazioni sull’ Intelligenza artficiale di Riccardo Manzotti e Simone Rossi vale per riconsiderare il problema della coscienza.

Fisicalismo, riduzionismo e un approccio qualitativo alla mente

Il fisicalismo, per tanti studiosi, non è in grado di fare luce sulla coscienza che richiede un approccio qualitativo, che è parte della matematica, e non solo quantitativo.

Assistiamo – incerti, increduli e incapaci di offrire interpretazioni almeno in parte convergenti- ad un salto inimmaginabile ed una intromissione nella sfera più propria dell’umano ovvero della parola e della coscienza: quell’universo dell’interiorità incomunicabile nelle sue tante sfumature e peculiarità individuali o perlomeno così nei millenni di tutto questo eravamo persuasi ed ora non più.

Si può pur sempre ipotizzare che mondo fisico e coscienza, questo spettro che si aggira inquieto, siano solo l’uno l’hardware e l’altra il software del mondo: la coscienza come soft-power, una declinazione, una qualità connaturata, consustanziale alla materia.

Se la massa equivale all’energia la coscienza si potrebbe dire è un aspetto, una modalità, una declinazione dell’energia-materia dell’universo.

La AI non è scaravoltata dai dubbi di Oppenheimer o Einstein o altri nel rapportarsi alle forze che scienza e tecnologia generano e che si rivoltano e si ergono a noi ponendoci interrogazioni cui non si riesce a fornire risposte rassicuranti.

Eravamo tutti provinciali e non lo sapevamo allorquando ci siamo ritrovati nell’info-sfera a fare due conti e spicci che non tornano con la AI: “pensa come noi, prova emozioni”, è la domanda che torna inesorabile ad ogni cambio di epoca e tremanti ciponiamo la domanda difficile: “sostituirà non solo nelle funzioni l’essere umano fino a ergersi come minaccia”.

Almeno nell’immediato, che è sempre più labile e meno persistente, pare si possa tirare un sospiro di sollievo: nessuno si attenta di delineare l’evoluzione della nuova e nostra, perché è nostra, crea tura umana non umana di nome AI.

La AI e la realtà materiale dei corpi

La AI non ha un corpo che vive di passioni positive o negative-distruttive, non esulta, né si rattrista, non sogna;

alla AI è sconosciuta la scelta che s’impone di fronte a situazioni estreme;

non esiste un corpo umano senza passioni: il corpo reale fa paura come le passioni così spesso espunte perché fanno tremare non solo i cuori, come si sarebbe detto una volta, ma proprio il Pensiero.

la AI non vive il tempo sapendo che passa: almeno nel mondo macroscopico in cui siamo.

Sogna ChatGPT? Se sì, i suoi sogni dovrebbero essere solo il risultato dei logaritmi, giammai di un subconscio. Può essere programmato, generato un subconscio?

Se un giorno ChatGPT potesse sognare avrebbe anche degli incubi? Noi abbiamo già, oltre ad incubi personali, ora anche quelli originati da una società più che sorvegliata e da una AI il cui sviluppo suscita già il bisogno di una moratoria.

Al corpo-materia cui non piace dover accettare di esser transeunte, un corpo che ai propri limiti non pare rassegnarsi;

la AI, allo stato attuale, sembra essere l’impero del logocentrismo: lontano e fuori dalla materialità del corpo reale;

Comunque la mente è l’insieme delle cose che esistono relativamente al corpo.

GPT AI che ne sa di un giorno d’aprile e del vento in collina? Della paura, della meraviglia? Che ne sa di uno sguardo, il mio non di un altro? E di quest’altro niente sa.

Come, cosa vivo, che ne sa? Non ancora sa: saprà un giorno?

Scriverà della madeleine di Proust come Proust e se anche meglio di Proust: quella resta la madeleine di Proust come mio è un sorriso che non c’è più.

Ahi! Ahi! cara AI ancora non sai di orgoglio, ambizione, presunzione e dell’umano troppo umano: e per questo considerati fortunata.

Sì, la AI è come il Passero Solitario cui si può dire “del tuo costume non ti dorrai; che “di algoritmo” è frutto” ogni suo atto.

Nessuna riflessione filosofica-scientifica condivisa o meno che sia riesce persuaderci fino in fondo tanto da accettare il nostro essere finito, non riusciamo a pensarci senza le nostre esperienze-speranze-sogni-essere con gli altri.

Il dubbio e la prossima falsificazione

Ora che abbiamo ascoltato tutto e il contrario di tutto, che abbiamo avuto sussulti e insicurezze,  che vacilliamo sommersi da istanze che lasciano interdetti possiamo dire che non sappiamo più a chi dare ascolto.

E ognuno può dire “sì, sono io” anche senza la “MOI”,  lo faccia tranquillamente e lo può dire con Lou-Lou “Oui, c’est moi”.

Con questi quarti di luna più che essere assertivi conviene coltivare il dubbio in attesa di una luce nel tunnel della ricerca con qualche nuova falsificazione come ci dice a proposito di tentativi ed errori e il coleottero in Popper.

Il tempo della scienza conosce una accelerazione cui affidiamo l’auspicio di fare chiarezza e saranno gli eventi a mostrare o meno la bontà o meno delle varie teorie che si confrontano.

Per un “Lunch Cappelletti, lambrusco e filosofia” e il migliore dei mondi possibile

Dal Simposio agli “spaghetti e Levi Civita” di Einstein all'”Eros gastronomico.

Dall’ elogio dell’identitaria cucina tradizionale, contro l’anonima cucina creativa” di Tullio Gregory alla filosofia della cucina e del cibo di Sergio Givone ne “Il boccagentile. Ricette della vita buona” qui si fa una modesta proposta: il lancio di un … “Lunch Cappelletti e lambrusco e filosofia” un desk che veda confrontarsi filosofi, fisici, letterati tra una pietanza e l’altra: per un sereno conversare e per resistere perché non possiamo rassegnarci e pensare che questo è il migliore dei mondi possibile.

#MOI #filosofia #vita #esistenza

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