Incendio di Valencia: il poliuretano uccide ancora?

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Gli edifici distrutti dal fuoco, uno dei quali di 14 piani, erano ricoperti di poliuretano. I Vigili del fuoco sono stati messi in difficoltà dalle fiamme alte, e purtroppo sono tanti i morti e i feriti.

E’ salito a dieci morti il bilancio del rogo che due giorni fa, il 23 febbraio 2024, ha divorato due edifici a Valencia, in Spagna: così ha annunciato dal centro di coordinamento delle emergenze di Valencia la prefetta Pilar Bernabé.

Quattro dei dieci corpi individuati dalle squadre di emergenza appartengono a una stessa famiglia, una giovane coppia giovane con i figlioletti di 3 anni e 2 settimane.
Dei 14 feriti soltanto sei restano ancora ricoverati, fra i quali 5 vigili del fuoco che hanno riportato ustioni e fratture nel tentativo di mettere in salvo i residenti del complesso di due residenze. Come riporta la stampa spagnola, un punto di assistenza psicologica ai familiari degli scomparsi è stato allestito nel posto di comando avanzato, mentre un secondo per l’assistenza alle famiglie evacuate è stato allestito nel centro de La Tabacalera. Trentasei residenti, ovviamente evacuati, sono stati ospitati in albergo..

“La priorità è ora la ricerca delle vittime e senza dubbio cercare di salvaguardare la sicurezza dei servitori pubblici” impegnati nei servizi di emergenza, ha dichiarato il premier spagnolo Pedro Sanchez ai cronisti dopo un incontro con i tecnici e il Centro di coordinamento delle emergenze.

Il sig. Luis Ibanez, che vive nelle vicinanze del primo palazzo bruciato, ha dichiarato ai microfoni dell’emittente televisiva spagnola RTVE di aver guardato fuori da una finestra e di aver visto le fiamme inghiottire l’isolato “nel giro di pochi minuti”, aggiungendo che sembrava che il palazzo fosse “fatto di sughero”: “non riuscivo a credere a quello che stavo vedendo. L’intero lato dell’edificio di fronte era in fiamme”.

Un uomo che vive al secondo piano dell’edificio ha detto al canale televisivo La Sexta che le fiamme sono cresciute rapidamente subito dopo l’inizio dell’incendio, che secondo quanto sinora appreso si sarebbe sviluppato al quarto piano: “l’incendio si è propagato nel giro di 10 minuti”, ha esclamato.

In Spagna ci sta ora interrogando e si sta indagando sui materiali utilizzati per la costruzione dell’edificio, che risale agli anni 2008-09.

La dott.ssa Esther Puchades Alarcon, vice presidente del Collegio degli Ingegneri Tecnici Industriali di Valencia, esperta di prevenzione e gestione del rischio, ha dichiarato all’agenzia di stampa spagnola Efe di aver precedentemente ispezionato l’edificio, e di avere rilevato che il suo rivestimento esterno risultava assemblato con alluminio e con un materiale poliuretanico, che attualmente non è più ampiamente utilizzato a causa dei rischi di infiammabilità.

“Il motivo per cui (l’edificio) è bruciato così velocemente è a causa di questo tipo di rivestimento”, ha dichiarato la dott.ssa Puchades Alarcon ai media spagnoli.

Il rivestimento è stato descritto dagli esperti come efficace per l’isolamento termico, ma la ventilazione, o lo spazio, tra le pareti dell’edificio e il rivestimento può essere causa di elevata infiammabilità. Luis Sendra, dell’associazione degli architetti di Valencia, ha detto che questo spazio può causare un “effetto camino”, consentendo agli incendi di diffondersi più rapidamente.

La questione del rivestimento ricorda senza dubbio, nei tempi più recenti, la tragedia del 2017 alla Grenfell Tower di Londra, il cui rivestimento termico contenente anch’esso poliuretano è stato accusato di aver aiutato le fiamme a diffondersi quando l’incendio scoppiò, provocando ben 72 morti.

Ma ancora più di recente deve ricordarsi l’incendio al grattacielo milanese chiamato “Torre del Moro”, che solo per un fortunato caso non ha provocato morti: le circostanze dell’incendio di Milano sono praticamente identiche, infatti, a quelle di Londra e di Valencia, salvo che al momento del rogo sol pochissime persone si trovavano a casa, ed è stato possibile metterle in salvo tutte.

Proprio il 17 febbraio 2024 si è celebrata davanti al GUP del Tribunale di Milano l’udienza preliminare a carico di diverse persone e società ritenute responsabili dell’incendio alla Torre del Moro: tra le società compaiono la committente Polo srl, la spagnola Alucoil spa – produttrice dei pannelli che rivestivano il grattacielo e che si erano rivelati essere estremamente infiammabili – e la Aghito Zambonini spa che si era occupata dei lavori per le “vele” della facciata.

Ciò che stupisce è che l’elevata infiammabilità del poliuretano, che per di più nel bruciare produce ed emana gas acido cianidrico, ossia cianuro, capace di stordire e avvelenare rapidamente le vittime che lo respirino rendendole incapaci di difendersi e sfuggire al fuoco, è una circostanza scientifica e tecnica nota ormai da più di 30 anni, da quando cioè presso un cortile del carcere di Torino Le Vallette, sezione femminile, prese fuoco un cumulo di ben 300 materassi.

Col nome Poliuretano (PU o PUR) si indica una vasta famiglia di polimeri in cui la catena polimerica è costituita di legami uretanici, la cui formula chimica è NH-(CO)-O-; i polimeri uretanici, a partire dalle applicazioni immediatamente successive agli esperimenti svolti nel 1937 dal prof. Otto Bayer, sono largamente impiegati nella produzione di una grande varietà di materiali, come appunto i fogli di rivestimento termico per edifici, gli isolanti, i materassi, poltrone, divani, e in genere diversi arredi.

Il 3 giugno 1989 a Le Vallette undici donne (nove detenute e due agenti di custodia) morirono in pochi minuti, stordite e soffocate dalle esalazioni letali rilasciate dal rogo. La perizia tecnica redatta nel corso del processo penale che ne seguì evidenziò il pericolo mortale derivante dall’utilizzo di questo materiale, che bruciando aveva trasformato la sezione femminile del carcere in una grande camera a gas a causa dei fumi tossici contenenti acido cianidrico e acido cloridrico.

Basta inserire in qualunque motore di ricerca internet i termini “incendio materasso”, “incendio poltrona”, “incendio poliuretano”, “incendio fabbrica materassi”, e così via, per essere sommersi dai risultati, addirittura con riferimenti a casi di autocombustione dei materassi – quelli più economici, assemblati con materiali contenenti poliuretano – abbandonati in vari siti. La casistica è così numerosa da rendere impossibile la citazione se non degli episodi più eclatanti, come l’incendio avvenuto il 26 aprile 2008 in Marocco a Casablanca all’interno di una fabbrica di materassi, con 55 morti; l’incendio il 23 dicembre 2014 in una fabbrica di materassi tra Sant’Elia Fiumerapido e Cassino, che per fortuna non fece vittime, l’incendio di materassi e coperte presso la RSA di Cupolino avvenuto il 3 gennaio 2024, l’incendio presso la RSA di Milano che l’8 luglio 2023 si alimentò delle lenzuola e dei materassi della struttura producendo la morte di 6 persone e l’intossicazione di altre 81, gli innumerevoli incendi dolosi di materassi in carcere, e così via.

E pur tuttavia, forse per eccessiva attenzione agli interessi economici e lavorativi collegati alla produzione di poliuretano, mai si è finora levato un vero imponente allarme, mai si sono collegati i vari casi per individuarne la causa comune, spesso frammentata nella comunicazione che ha presentato e presenta i vari casi come “incidenti”, “effetto forse di una sigaretta lasciata accesa o di una stufa lasciata accesa”, senza mai porre l’accento sul materiale plastico che non lascia scampo, perché brucia molto rapidamente e soprattutto perché bruciando rilascia fumi di cianuro.

In questi giorni uno studioso italiano, il professor Patrick Bamonte del Politecnico di Milano, consulente del giudice per il disastro della Torre del Moro, ha anche segnalato (Incendio di Valencia, l’esperto: «Dal 2015 almeno 15 roghi nel mondo, prove sui materiali fatte solo con piccole fiamme»- Corriere.it) l’inefficacia di alcune prove di resistenza al fuoco impiegate fino alla tragedia della Grenfell Tower per accertare la mancanza di rischi sui materiali e manufatti a base di poliuretano, fondate sulla sottoposizione di piccoli campioni a fiamme di piccola entità.

Invece i pannelli di rivestimento degli edifici possono essere investiti da una fonte di calore così elevata da superare la protezione offerta  dall’alluminio e da raggiungere l’anima interna infiammabile.

Ad ogni modo, deve riflettersi molto sul rischio di avvelenamento e stordimento da inalazione dei gas e fumi prodotti dalla combustione del poliuretano, pertanto le certificazioni che attestino la resistenza al fuoco dei derivati dovrebbero essere tarate su soglie basse, o più basse, giacchè anche in mancanza di fiamme vive una combustione può essere comunque letale.

I pericoli derivanti dall’uso del poliuretano non devono essere sottovalutati, occorre prevenire per tempo per evitare che un domani ci si trovi davanti a danni enormi, paragonabili con le debite differenze a quelli in passato causati dall’amianto.

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