Centri di raccolta rifiuti: tutti per uno

Ambiente, Natura & Salute

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Insomma, nasceva il Centro di Raccolta e qualcosa andava storto. Cosa? Entrare nella testa dei tecnici che affiancano i politici non è facile

Può apparire, come spesso accade rispetto a una riforma nel settore rifiuti la voglia di una sorta di primogenitura, la rivoluzione la cominci tu centrosinistra, ma la concludo io centrodestra. Se fosse cosi? Boh!

Intanto la ministra Prestigiacomo avviava il Sistri per la tracciabilità dei rifiuti speciali, ma dal 2008 in poi entriamo in un ginepraio di proroghe, poi dopo anni di corsi, documenti, agitazioni, chiarimenti, nel 2019 il Sistri viene abrogato. Tant’è!

Per tornare ai Centri di Raccolta, vediamo cosa aveva previsto il decreto dell’8 aprile

I centri di raccolta comunali o intercomunali disciplinati da quel decreto dovevano essere aree presidiate, quindi con l’omino dentro, con adeguati allestimenti, dove si svolge unicamente attività di raccolta, mediante adunata di tutti i materiali da buttare che abbiano lo stesso cognome, ovvero come si dice tecnicamente – per frazioni omogenee – da destinare agli impianti di recupero e trattamento, e, udite udite, anche quelli non recuperabili che prima erano destinati allo smaltimento;

Accanto a questi anche quei rifiuti non provenienti dalle famiglie, per esempio dal commercio e quindi da assimilare e, infine, quelli di altri soggetti che in base alle vigenti normative settoriali sono dediti al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche.

Nella riforma, dopo un anno di attesa inseriscono il gestore pubblico tra i soggetti dedicati alla raccolta… se n’erano scordati? Mah!

Quanto nel titolo ho scritto: “tutti per uno” volevo dire questo.

Uscire dalla logica dell’imballaggio

Avete idea di cosa significhi ciò? Uscire dalla logica dell’imballaggio. Se ho una cornice da buttare, salvo il quadro del nonno, ma il vetro e la cornice in legno che non sono imballaggi andranno al centro di Raccolta, così per tutte le frazioni elettriche ed elettroniche.

Pensate che i centri nascono soprattutto per loro, per il divieto europeo di destinarli alla discarica e bruciarli. Ma ne parleremo.

Il decreto, come ho accennato nel primo capitolo prevede un forte ruolo del Comune, difatti dice che la realizzazione dei centri di raccolta è approvata dal Comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente.

Ovvero tu li fai e ti autorizzi. Ma questa cosa originalissima è stata, dopo un anno, cambiata: i centri si realizzano – e qui il soggetto diventa il soggetto pubblico o privato – e il Comune approva e comunica alla Regione.

E’ vero che la legge che smuoveva il mondo dei produttori delle nuove tecnologie dalle lampadine ai monitor aveva bisogno di tempo per organizzarsi, ma stare fermi per queste piccole modifiche è perlomeno strano.

Un aspetto sicuramente valido era rappresentato da quel mondo di isole ecologiche e centri di raccolta esistenti da anni, soprattutto al Nord e in qualche situazione evoluta; la prima stesura era mortificante dava loro il segnale di morte alla fine della gestione; la nuova legge dice che continuano ad operare e si adeguano entro sei mesi senza alcuna autorizzazione. Meglio così, senza morti e feriti. (continua)

Primo Capitolo – Centri di raccolta, questi sconosciuti

Secondo Capitolo  – Storia di un decreto piccolo piccolo 

Terzo Capitolo    –  Tanto per cambiare… la parola autorizzazioni

Quarto capitolo  Tutti per uno

Quinto Capitolo  Uno per tutti 

Sesto capitolo –  Gestione Centri raccolta rifiuti – Ecco la dritta per essere in gamba

settimo capitolo e conclusioni Occhio agli appalti, il centro di raccolta rifiuti è a buon prezzo

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

 

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