Dacci oggi il nostro pane quotidiano, ma ben lievitato e integrale

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Pillole di Longevità: rubrica ideata e curata dal dottor Umberto Palazzo

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, ma ben lievitato e integrale
Il consumo di pane fa parte del nostro passato e già la “Regola del Maestro” di San Benedetto garantiva al monaco una dieta giornaliera frugale ma abbondante con una libbra di pane e mezzo litro di vino. La resa del terreno era il problema cruciale per ottenere una farina di qualità. Mentre oggi un seme di frumento produce mediamente 30 volte il suo peso, nel Medioevo la resa era, al meglio, dieci volte inferiore. La semina era dunque un azzardo per l’agricoltore, che per ogni raccolto doveva versare la terza parte al suo signore e conservare un terzo dei semi raccolti per l’anno successivo: siccità, grandine o altre calamità naturali bastavano a condannare lui e la sua famiglia alla fame. La differenza tra la mensa dei signori e quella dei contadini si rifletteva anche nella scelta delle colture. Nei campi si seminavano sia cereali invernali (frumento, segale, avena, orzo, farro), sia primaverili (sorgo, panico, miglio) e leguminose (fave, fagioli dall’occhio, piselli, ceci, cicerchie), ingredienti per zuppe e semole. Gli ortaggi erano coltivati in piccoli appezzamenti per il consumo casalingo, mentre diffusi erano gli alberi da frutto, fonte però di discordia: i contadini preferivano coltivare i cereali, perché avevano più resa e potevano sfamare più persone. Il pane, piatto forte dell’epoca, era diverso da quello che consumiamo oggi. Sulle tavole più ricche venivano spezzate pagnotte bianche sempre fresche e fragranti. Nel pane duro e scuro che finiva sotto i denti dei contadini, invece, non era raro trovare fave, o addirittura ghiande.


Oggi viviamo fortunatamente tempi diversi ma il consumo di “pane di qualità” appare sempre più complicato dalla diffusa vendita di pane industriale, ottenuto da prodotti semilavorati parzialmente cotti e surgelati, la cui cottura viene terminata nel forno del supermercato (come la classica baguette). Se si tratta di pane decongelato, può essere difficile capire con quali farine è stato preparato e anche l’origine, non è raro che i semilavorati vengano prodotti all’estero. Il pane fresco migliore è quello artigianale preparato con lievito madre e semola o farina il meno raffinata possibile, e preferibilmente integrale, ovvero la farina ottenuta macinando l’intero chicco del cereale, compresa la crusca, importante fonte di fibre e del germe che è ricco di sostanze nutritive. Esemplare è il pane di Altamura che troviamo nell’Antico Forno Santa Caterina dove viene assicurata una lievitazione microbiologica indiretta, curata con passione e professionalità dall’agronomo Andrea Di Benedetto attraverso il lievito madre, che grazie ai microrganismi presenti nell’aria (saccaromiceti e batteri lattici) provoca la fermentazione naturale. A differenza del lievito di birra che contiene solo saccaromiceti e dà una fermentazione di tipo alcolico e senza azione sul glutine. Il lievito madre contiene anche lattobacilli sviluppati con una serie di diverse fermentazioni e operazioni di rinfresco che garantiscono digeribilità ottimale degli impasti e contribuiscono alla sana alimentazione di tipo mediterraneo che anche dopo la mezza età, può aggiungere un decennio o più alla propria aspettativa di vita.

One Reply to “Dacci oggi il nostro pane quotidiano, ma ben lievitato e integrale”

  1. Mario ha detto:

    Ottimo articolo, molto interessante.

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