Foibe, una pagina di storia caduta a lungo nel silenzio

Arte, Cultura & Società

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Domani, 10 febbraio, dopo 60 anni di silenzio, si celebra il ricordo delle Foibe

 

Un silenzio durato troppo a lungo, enigmi ed interrogativi irrisolti avvolgono una delle pagine peggiori della storia: quella delle Foibe. Un massacro volutamente ignorato che ha ulteriormente infangato la memoria delle migliaia di vittime di una rappresaglia feroce quale quella delle milizie Jugoslave di Tito.

Tra il 1943 e il 1947, oltre 20.000 italiani dell’Italia nord orientale furono infoibati dai partigiani di Tito. Scagliati, spesso ancora vivi, nelle profondità delle Foibe. Fosse di notevole profondità tipiche dei territori carsici. Colpevoli solo di essere italiani.

Ben 250.000 furono invece gli esuli dell’Istria, della Dalmazia, di Fiume che dovettero abbandonare le loro case, le loro radici. Odiati dagli slavi, considerati non italiani dagli italiani stessi.

foibe

Foto tratta da un video di Tv2000

Un bilancio pesante che getta una cortina di vergogna su questa pagina del copione della crudeltà umana, spesso ignorata dalla storia stessa.

La storia, uno specchio scomodo

Era il 2004, un tempo relativamente recente, quando si decise di dare memoria alle migliaia di vittime dei partigiani di Tito. Vittime innocenti di un odio radicato in quel territorio che aveva provato le nefandezze del regime fascista. Ma a pagarne le conseguenze furono anche intellettuali, notoriamente antifascisti ed altri che avevano subito il fascismo e il suo clima coercitivo.

Una sorta di pulizia etnica, mirata a sradicare da un’area, da secoli contesa da popoli di varie etnie slave,  tutti i residenti di lingua italiana. Un accesso al mare ambito anche dalla Russia di Stalin, inizialmente alleata di Tito.

Ma l’Italia doveva fare i conti anche col suo passato, ancora difficile da digerire. Con quel periodo buio in cui migliaia di italiani avevano aderito a un regime che li avrebbe portati sull’orlo del baratro. Meglio dunque ignorare la storia e le sue scomode verità.

Foibe

Benito Mussolini

Meglio non specchiarsi in uno specchio incancrenito da immagini terribili.

Quell’8 settembre del 1943

Quando, il 3 settembre del 1943, a Cassabile, in Sicilia, l’Italia si arrese al generale  Eisenowher iniziò uno dei periodi più bui per il popolo italiano e per i militari italiani, privi di ordini, di direttive per poter affrontare l’ovvia rappresaglia dei tedeschi.

La resa, definita enfaticamente dal maresciallo Badoglio  armistizio, fu salutata da tutti come la fine della guerra. Ma in realtà fu il principio della fine.

La guerra non finì, ma mutò aspetto, assumendo un carattere ancor più cruento. E il baratro della guerra civile creò un’atmosfera di paura, in cui vecchi rancori, personalismi celati da tempo, si espressero in tutta la loro violenza, oltre alle persecuzioni ed alle rappresaglie dei nazisti.

Un caos determinato anche dalla fuga del 9 settembre, da Brindisi, di Badoglio, all’epoca capo del Governo,  del re, Vittorio Emanuele III e di numerosi esponenti di spicco di casa Savoia.

L’Italia rimase spaccata in due parti. Il sud liberato dai nuovi alleati e il nord completamente devastato dalla guerra civile.

In un contesto così precario non ci fu spazio per poter affrontare l’avanzata, nel confine nord orientale, delle truppe di Tito

La riconquista

Slovenia e Croazia furono riconquistate dalle milizie di Tito. E fu l’inizio di quel massacro perpetrato in nome di una vendetta che lede il concetto stesso di umanità.

Legati l’uno all’altro, i condannati venivano messi in fila sul bordo delle Foibe. I partigiani slavi aprivano quindi il fuoco solo sui primi tre di questa terribile catena umana. Ed erano questi, nella loro caduta, a trascinare anche gli altri.

Una pagina terribile di un copione, a tutt’oggi attuale, quello dell’orrore.

Il 10 febbraio del 1947

Fu solo con il trattato di pace del 10 febbraio 1947 che cessarono questi orrori. L’Italia fece i conti col suo passato e solo Trieste rimase italiana. Tito aveva vinto.

L’Italia ne usci sconfitta, non solo sui campi di battaglia, ma anche e soprattutto per il suo passato ignominioso. Un passato da oscurare, da dimenticare  avvolto da un colpevole silenzio.

 

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