Etelvoldo Pascolini, un volontario di guerra valoroso e tenace

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Volontarismo di guerra

Etelvoldo Pascolini nacque a San Costanzo, in provincia di Pesaro, l’8 novembre 1884. Era un giovane ufficiale di carriera quando, all’età di 26 anni, decise di arruolarsi volontario nella guerra contro la Turchia. Partecipò al conflitto con il 23º Reggimento fanteria “Como”, rimanendo in Libia fino al maggio 1913.

Al termine della guerra, Pascolini fu decorato con due Medaglie di bronzo al valor militare.

Prima guerra mondiale

All’atto dell’entrata in guerra dell’Italia, Pascolini si trovava in forza presso il 73º Reggimento fanteria “Lombardia”. Tenente comandante di una compagnia, rimase gravemente ferito in combattimento a Oslavia nel mese di novembre.

Trascorse due anni in convalescenza, e rientrò in servizio attivo dietro sua richiesta come invalido di guerra con il grado di maggiore. Al termine del conflitto risultava decorato di due Medaglie di bronzo al valor militare di cui una successivamente commutata in Medaglia d’argento.

Guerra d’Etiopia

Nel 1935, Pascolini partecipò alla guerra d’Etiopia come comandante del XXVI Battaglione complementi della 26ª Divisione fanteria “Assietta”. Promosso colonnello, rimase in Abissinia per completare, come comandante del 1º Reggimento fanteria coloniale, i servizi di grande polizia coloniale contro le formazioni ribelli al comando di Ras Destà.

Decorato con due Medaglie d’argento al valor militare, di cui una commutata nella concessione della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, fu promosso generale di brigata il 30 giugno 1939 e rientrò in Italia nel gennaio 1940.

Seconda guerra mondiale

All’inizio della seconda guerra mondiale, Pascolini ottenne il trasferimento in Albania e, da qui, sempre con sua richiesta, dal novembre 1942, di partire per l’Unione Sovietica.

Assegnato prima alle retrovie dell’8ª Armata (ARMIR), dall’8 dicembre seguente ottenne il comando della 156ª Divisione fanteria “Vicenza”, in sostituzione del generale di divisione Enrico Broglia, che doveva rientrare in Italia per motivi familiari.

Tale Grande Unità aveva compiti di presidio e di occupazione delle retrovie del corpo alpino.

Schierata dietro le linee del Corpo d’armata alpino, il 16 dicembre, a causa della delicata situazione verificatasi sul fronte dell’Armata, la Vicenza si spostò nel settore coperto dal Corpo d’armata alpino, a sud di Pavvlowsk, posizionandosi tra le Divisioni alpine “Tridentina” (generale Luigi Reverberi) e “Cuneense” (generale Umberto Ricagno).

Nel gennaio 1943 la sua unità fu travolta dall’Armata rossa durante la Seconda battaglia difensiva del Don, e definitivamente sconfitta nel fatto d’arme di Valujki ed il 26 gennaio seguente, con i pochi superstiti fu catturato dai reparti cosacchi.

Rimase prigioniero in Russia sino al 1950 subendo inenarrabili sofferenze di ogni genere.

Rientrò in Patria solo il 15 maggio dello stesso anno, apparendo sulla copertina della Domenica del Corriere del 28 dello stesso mese.

Promosso generale di divisione, fu collocato in congedo nel gennaio 1951, e il 2 giugno dello stesso anno, durante una solenne cerimonia a Torino, fu il figlio Stefano, tenente di vascello nella Marina Militare, ad appuntare sul suo petto la Medaglia d’oro al valor militare a vivente.

Si spense a Torino il 2 giugno 1956.

Conclusioni

Etelvoldo Pascolini fu un ufficiale di grande valore e di profonda fede patriottica. Si distinse per il suo coraggio, la sua tenacia e la sua capacità di comando, sia in pace che in guerra.

Il suo volontarismo, il suo impegno in tre guerre e la sua resistenza alla prigionia in Russia, ne fanno un esempio di eroismo e di dedizione alla patria.

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