“E’ questo il luogo” è il primo romanzo del giovane Stefano Moscatelli

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ROMA – Si è tenuta lo scorso 28 novembre alla libreria Sinestetica la presentazione di “E’ questo il luogo” il primo libro del giovane barese trapiantato nella capitale, Stefano Moscatelli, edito per Giulio Perrone Editore nella collana AFFIORI. Dal dialogo dell’autore con Nicola Fiori, che ha moderato l’evento, è emerso un romanzo urbano di formazione, una formazione che non avviene del tutto ma che almeno muove i suoi primi passi, innumerevoli passi.

Il protagonista è un ragazzo di cui non si conosce il nome e che quindi potrebbe essere chiunque di noi. Sappiamo solo che è uno scrittore senza idee e che, in quel periodo di stallo in cui si ritrovano gli artisti in mancanza di stimoli – come tutti i grandi della letteratura – cammina tantissimo in tre spazi ben definiti, ossia tre città, Bari, Roma e Parigi.  Perché proprio queste tre città, vi chiederete. Stefano ha spiegato: “Bari è il luogo in cui sono nato e ho voluto che anche il personaggio del libro conservasse parte della mia esperienza: è il posto che si abbandona, che si guarda da lontano e – come spiego nelle pagine finali – è qualcosa che si capisce soltanto quando si è lontani, quando si è ormai storicizzata nella vita di una persona e allora la ricordi con tenerezza, in maniera evocativa. I ricordi in questo caso sono direi astratti e il racconto avviene per grandi linee, diversamente da come accade nel caso di Parigi, di cui cito strade, posti e sensazioni con estrema precisione in virtù di recenti esperienze personali. Roma invece è il presente, sia nel libro che chiaramente nella mia vita, e viene descritta con i filtri di una città a me nuova, attraverso gli interessi narrativi e storico-artistici del personaggio e in maniera però estremamente personale e tragicomica come solo lei sa essere. Ognuna delle tre città prende una forma diversa: idealizzata Bari; ideale Parigi; quotidiana, e quindi reale, Roma”.

A proposito della Roma che inevitabilmente fagocita per la sua immessa bellezza e grandezza, Fiori ha recitato ai presenti un passo del libro ricordando l’importanza di citare le parole stesse degli autori che spesso rendono molto meglio l’idea dei concetti espressi a voce: Tutto quello che siamo è ciò che si dispiega ai nostri occhi giorno per giorno in questa città. È questo, nient’altro. Roma non è i suoi abitanti, esiste da sola senza premesse, né protagonisti. Ti divora come qualsiasi grande città, arrivando a cambiarti fino al punto da non riconoscerti più. Un passo che, in effetti, è il ritratto perfetto di tutti coloro che si sono trasferiti a Roma e hanno avvertito all’inizio questa inconfondibile sensazione di smarrimento.

Il libro, tra l’altro, è pregno di riferimenti letterari non inseriti per fare un’ostentazione erudita dei propri saperi, ma solo accennati a totale servizio della narrazione, a volte proprio inconsapevolmente. Si pensi ai realvisceralisti, e “I detective selvaggi “di Bolaño, oppure l’inserimento di un Tommasino fra i tre amici di cui si circonda il protagonista, che rimanda all’omonimo personaggio pasoliniano di Una Vita Violenta. Stefano, infatti, nel suo romanzo delinea tre scapestrati di estrazione sociale molto bassa, Batman, Maionese e Tommasino appunto, che frequenta come mero esercizio alla scrittura, per trovare ispirazione dalle loro vite. Ha dichiarato: “Non è il neorealismo a essere romano, ma è Roma a essere pienamente ancora oggi neorealista, effettivamente buffa e divertente, mai in grado di essere realmente capitale rispetto ad altre realtà. Ho voluto inserire tante citazioni letterarie che a volte neanche si colgono, non perché funzionali per la narrazione, ma per interesse personale, per omaggio ai libri che mi hanno formato e che sono stati il processo attraverso cui sono arrivato alla mia storia e alla piccola opportunità di pubblicare un romanzo. – ha poi continuato – Ho iniziato a scrivere questo libro qualche mese dopo aver finito di leggere Il giovane Holden e il mio protagonista vuole anche essere un po’ un omaggio a lui, a quella creatura narrativa che, al netto di quanto ci possa far commuovere, ha avuto una personificazione proprio nella mia idea di vita e di cammino letterario e personale fondamentale”.

Ma “E’ questo il luogo” è un romanzo anche pieno di donne e il protagonista stesso si distingue in qualche modo dagli altri maschi che frequenta per una vicinanza a una realtà interna femminile. Si legge infatti: “Non so come, ma certe cose le erano chiare ancora prima di dirle. Nel suo caso si trattava di un innato sentimento d’empatia che agli uomini a volte manca quasi del tutto poiché sono sempre troppo presi dalla loro isterica virilità. Io della virilità non so che farmene ed è per questo che a volte mi sento più donna che uomo”.

Il libro si divide tra personaggi attivi (uomini) e personaggi passivi (donne): ogni personaggio principale ha un suo alter ego femminile e viceversa. Quello che Stefano racconta nel libro è, ahinoi, ciò che accade nella realtà. Ad esempio, donne che vengono utilizzate per la prostituzione, una signora straniera dal passato misterioso che si rifà una vita con il proprietario di un discutibile bar ecc. e in questo quadro il protagonista ricalca lo stereotipo per il quale “la sensibilità è una caratteristica solo femminile”. Viene sì riportato tra le righe in maniera anche abbastanza scanzonata, ma l’idea alla base è di distinguere due mondi, uno maschile abitato dai giovani che provano a essere estremamente virili, a volte sconci, ma allo stesso tempo anche sensibili e che si comportano da machi soltanto per provare a darsi una postura; e uno femminile popolato dalle uniche persone davvero in grado di stare “accovacciate, in ascolto”. “La ragione del perché mio personale – ha confessato l’autore – è che nella mia vita ho sempre avuto tante amiche e anche un rapporto privilegiato con mia madre e mia zia, per cui c’è sempre stata una parte femminile dominante che in un certo senso mi ha indirizzato e ha forgiato questa mia sensibilità che non è la debolezza, l’essere tenero e dolce, ma è il provare a capire in maniera diversa, né superiore né inferiore, ma diversa. Quotidianamente mi confronto con chi mi circonda e mi interrogo sulla differenza tra il rapporto che ho con i miei amici uomini rispetto a quello con le mie amiche e ho provato a raccontare ciò creando Maionese e Susanne”. Maionese – ha raccontato – è un burbero di una Roma suburbana, che nonostante parli da cafone è il più sensibile di tutti, mentre Susanne di origine francese, è succube di un personaggio, ma è l’unica persona che di fronte alle difficoltà di vita quotidiana del protagonista del libro è sempre pronta ad ascoltarlo con fare materno.

Italo Calvino nella prefazione de Il sentiero dei nidi di ragno dice che il primo libro che pubblichi ti determina, perciò ci vuole un coraggio non indifferente perché “Il primo libro già ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’essere definito”. Stefano a riguardo ha dichiarato che a suo avviso dipende tutto dalla possibilità che ha un autore di continuare a scrivere o meno e che, quindi, questo discorso andrebbe ripetuto fra tanto tempo in base a come andranno le cose. “Io ho scritto per esigenza, perché, come diceva Gianni Rodari, mi faceva male il braccio e avevo bisogno di confrontarmi con una determinata situazione. – ha confessato l’autore – Non credo si scriva per esorcizzare, né per espellere qualcosa, ma piuttosto per rielaborare, analizzare e per provare a far aderire quella che è la propria esperienza con la realtà che ci circonda”.

In ultimo va segnalato che in “E’ questo il luogo” si parla molto della solitudine e da questo punto di vista infatti è un libro davvero franco perché siamo stati tutti soli ad un certo punto della nostra vita, soprattutto se ci si è trasferiti in una città diversa da quella di origine come accade al protagonista. Da questo status però deriva la voglia di superare la solitudine e l’incomunicabilità in cui talvolta ci si ritrova avviluppati e di cercare un buon modo di comunicare con l’altro, di comprendersi l’un l’altro e “provare ad acchiapparsi”. Per questo potremmo dire che il libro di Stefano parla tanto anche di amicizia e del suo valore salvifico.

Il prossimo appuntamento con la presentazione del suo libro sarà il 23 dicembre p.v. a Bari, la città natale dell’autore, presso il Kabuki (Piazzetta Frati Cappuccini, 1) alle ore 18:30.

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