Tutta colpa di Abramo

Arte, Cultura & Società

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È ormai giunto il tempo di scomodare e criminalizzare anche Abramo, il primo dei Patriarchi e capostipite del popolo ebraico e di quello arabo, che strinse un patto con Dio, ma non con le femministe.

Sembrerebbe che fino ad allora fosse il matriarcato l’organizzazione originale dell’umanità. Questo fin dall’epoca neolitica riconosceva l’esistenza di un capo supremo donna come capo famiglia  e delegata a ricoprire le funzioni di rappresentanza sociale, demandando all’uomo tutte le funzioni pratiche di approvvigionamento e cura della caverna. Tutto lascia presumere che dopo secoli e secoli di tolleranza e sofferenza, Abramo abbia segnato il riscatto dell’uomo stingendo un patto con Dio. Nasce così, per volere di un Dio scapolo,  il patriarcato! In breve il Patriarcato si è affermato nell’organizzazione  legislativa, politica e religiosa, che si rifà alla figura dell’uomo come capo famiglia ed alla sua indiscussa autorità su tutti i discendenti. Anche nel più antico ordinamento ecclesiastico il termine patriarcato designava i maggiori dignitari delle comunità religiosa e nel cristianesimo, come alto grado di dignità e di giurisdizione dell’episcopato questo si attesta fin dal tempo del Concilio di Nicea, ma già era riconosciuto ai metropoliti di Roma, di Antiochia e di Alessandria. Dallo studio dell’Antico Testamento e del Cristianesimo si evince che il patriarcato era praticato nelle comunità prettamente maschili, come quelle dell’odierna chiesa, il cui diritto canonico riserva l’alto titolo di patriarca ai vescovi ed ai titolari degli uffici ecclesiastici in una posizione di preminenza sugli altri prelati. E’ accertato pertanto, che il patriarcato esisteva e continua ad esistere anche in quelle comunità costituite da soli uomini.  Per dirla tutta con linguaggio femminista, non c’è ombra di autorevolezza o superiorità sulle donne. La  storia riserva una prestigiosa visibilità  alla donna, nella mitologia greca troviamo il mito delle amazzoni, un emblematico esempio di società matriarcale gestita da donne guerriere, in un tempo in cui i riti religiosi esaltavano il ruolo della donna a generare la vita, mentre la paternità non veniva tenuta in nessun conto. Nella storia comparata delle religioni troviamo già nelle comunità primitive le divinità femminili, le Dee Madri, la Grande Madre  fino ad arrivare alle Sacerdotesse e pertanto, sotto spinta delle circostanze storiche possiamo definire del tutto infondata la teoria della donna succube nei secoli. Per quello che riguarda il termine matriarcato, erroneamente sdoganato come rovesciamento degli ideali del patriarcato, si può affermare con certezza che questo si sottrae al dualismo e alla prevaricazione di un genere sull’altro e si fonda sull’uguaglianza. Il termine è stato coniato dall’occidente mentre la maggior parte delle società matriarcali ancora oggi sono sparse in tutto il mondo, fisicamente ed ideologicamente distanti dal mondo occidentale. Le donne  sono considerate i pilastri della società in tutto il mondo civile, ma particolarmente nelle oltre cento società matriarcali come quelle dei Minangkbau dell’indonesia con oltre quattro milioni di persone, seguita dai Moso in Cina, dai Yuchiteca in Messico, gli Iroquois ed i Navajo negli Stati Uniti e nel Canada e poi ancora altre etnie incentrate sulle donne in Indonesia, in Africa, in Nuova Guinea ed in Costa Rica. Tutte sparse nei vari continenti a parte l’Europa, dove il concetto  di matriarcato è stato abbandonato dall’antropologia del novecento, così come anche quello del patriarcato che resta un termine strumentale, ogni tanto rispolverato da qualche confusa alfiere della lotta contro il machismo.

Oggi quando si usa il termine di patriarca, in senso più semplice e generico si individua tutt’al più la figura del nonno, quale persona più anziana, più saggia ed autorevole  di una famiglia e qualora si voglia indicare il patriarcato come un sistema sociale in cui gli uomini detengono in via primaria il potere e la guida politica del paese, ebbene dobbiamo riconoscere che questo gli viene attribuito democraticamente dalla maggioranza degli elettori, 26 milioni di donne contro i 25 degli uomini, nonostante le donne siano tutelate dalla legge Quote Rosa n.120. del 2011, una misura che è stata introdotta per garantire la rappresentatività femminile in ogni settore della società, praticamente posti riservati nell’organico delle strutture pubbliche e private, quali imprese, istituzioni educative ed organismi decisionali. Se in una tornata elettorale la maggioranza eletta fosse di sesso femminile  nessuno avrebbe da ridere, così come una gran parte di Italiani hanno sperato in una Casellati Presidente della Repubblica e così come la maggioranza degli aventi diritto al voto ha votato ed eletto per la prima volta nella storia della Repubblica una donna a capo del governo. Purtroppo in Italia, una classe politica confusa e smarrita, per proprio tornaconto e facendo leva sulla paura, crea  e finge di combatte mostri inesistenti. Si continua a parlare di fascismo, quel fascismo morto e sepolto da ottant’anni che se solo esistesse certamente non darebbe a nessuno la possibilità di parlare in questo senso. Risulta forse che qualcuno è stato manganellato e purgato dalla polizia per aver espresso il proprio pensiero ? No. Si vedono squadristi di Stato per le strada ? No. Si può circolare liberamente a tutte le ore senza dover dar conto a nessuno di quel che si fa e dove si va ? Si. Ci rechiamo liberamente alle urne ? Si. Ed allora dov’è questo fascismo ? Esiste solo nella mente di chi ancora trae beneficio politico ed economico attraverso enti o associazioni foraggiate dallo Stato.

Meno male che possiamo affermare con certezza che non esiste più nemmeno il comunismo, che ha fatto molti più danni e provocato molte più vittime nel mondo.

Antifascismo, così come alcuni altri termini tirati fuori ad hoc, fanno tendenza, sono divisivi  concedendo seguito e consensi. L’unico vero dilemma del nostro paese risiede proprio nel non pensare, limitandosi a ripetere il mantra impartito dai media o da qualche ideologia scolorita e svuotata di quei sani principi che tutelavano gli operai e che oggi invece garantiscono i banchieri.

Mentre qualcuno si accanisce a criminalizzare l ‘uomo che osa dire “donna al volante, pericolo costante, oppure dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna, o ancora, essere madre è la cosa più bella che possa accadere ad una donna, la figura paterna, in una famiglia di sani principi, esercita la propria autorità nell’educare condividendola con la madre, che come natura vuole colora spesso la severità con una indispensabile pennellata di coccole. Certamente non perché la mamma abbia un compito minore, come qualcuno potrebbe pensare, ma solo per il fatto che lei, in un contesto familiare sereno ed equilibrato, rappresenta da sempre il sicuro rifugio dei figli. La sterile competizione con l’uomo, fortunatamente praticata da poche donne, porta troppo spesso alla disgregazione della famiglia e chi ne paga le conseguenze, in termini di disagio e sofferenza, sono sempre i figli. Considerato che, almeno in Italia, già da tempo, checché ne dicano le femministe radicali, si è affermata l’uguaglianza culturale fra l’uomo e la donna, così come i diritti lavorativi, familiari, sessuali e riproduttivi, basterebbe che quello della casalinga diventasse un lavoro riconosciuto e retribuito dallo Stato per demolire la condanna dello stereotipo della donna casalinga e moglie perfetta. Purtroppo questo è proprio quello che una certa corrente politica non vuole, perché vedrebbero cadere le colonne portanti del tempio del femminismo e quindi egoisticamente si tralasciano le esigenze di tutte quelle donne disoccupate o che sono particolarmente dedite alla famiglia ed alla cura dei propri figli. Sbandierando diritti civili è stato approvato il reddito di cittadinanza che certamente non ha risolto alcun problema, ma ha fatto si che molti che lavoravano hanno smesso di lavorare, quando questa misura, certamente più consistente, poteva essere destinata solo a quelle donne che optavano per il lavoro casalingo. Sarebbe stato un grande aiuto alle famiglie ed alla collettività, meno figli nei nidi, meno spese per recarsi al lavoro, meno auto in circolazione e meno inquinamento ed anche meno costi a carico della sanità. E quando qualche femminista dice, allora riconosciamo anche il ruolo del casalingo, la risposta non può che essere quella di farle notare che il compito più importante e necessario del mondo lo svolge la mamma fin dal momento del concepimento e non c’è uomo che tenga ! Pertanto demandare ad un uomo le cure parentali,  non è solo riduttivo per la donna, ma avvilente. La donna ha una sensibilità, un’intuizione, una delicatezza ed una abilità manuale  innata, che l’uomo non riuscirebbe mai ad eguagliare. La natura ha dato alla donna un compito stupendo che può svolgere solo lei e qualunque cosa si possa dire contro è come voler spegnere il sole.

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