Così Picasso cadde in disgrazia tra i comunisti per colpa di un ritratto di Stalin

Arte, Cultura & Società

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Pablo Picasso (1881-1973) e il contestatissimo ritratto di Stalin del 1953. L’originale fu restituito all’artista, ma è considerato perduto

Michel MAKO/Gamma-Rapho via Getty Images; Foto d’archivio

Il pittore aveva orgogliosamente la tessera del partito in tasca e non disertava una riunione della sua sezione, facendo spesso importanti donazioni. Ma quando gli fu chiesto, in due occasioni, di dipingere il leader, finì una volta peggio dell’altra. E per fortuna che non realizzò la sua idea di disegnarlo nudo!

Pablo Picasso (1881-1973) non era solo un geniale artista, ma anche un comunista convinto. Una volta confessò – non è dato sapere se fosse serio o faceto – di aver pensato di dipingere un ritratto di Stalin nudo, come un eroe classico, ma poi di aver cambiato idea all’ultimo. Alla fine si era limitato a un ritratto ordinario, ma non era comunque piaciuto ai comunisti.

Il primo tentativo

Picasso si iscrisse al Partito Comunista Francese nel 1944, alla fine dell’occupazione nazista della Francia. Anche se non era obbligato a partecipare a tutte le riunioni del partito, l’artista vi prendeva parte molto spesso e donava ai leader i suoi dipinti.

Il partito, tra parentesi, non approvava il suo modo tutt’altro che realistico di dipingere, ma le donazioni sotto forma di dipinti le accettava volentieri, anche perché poi li vendeva per far cassa.

Picasso a una mostra di sue ceramiche al Museo di Antibes nel 1948

Nel 1949, la Confédération générale du travail, la confederazione sindacale francese storicamente vicina ai comunisti, chiese all’artista di fare gli auguri a Stalin, in occasione del suo settantesimo compleanno, con un disegno. Picasso eseguì l’ordine, ma si limitò a un’allegoria: disegnò su carta una mano con un bicchiere di vino sollevato e la scritta “Staline à ta santé” (“Alla tua salute, Stalin!”).

“Staline à ta santé”, il primo contestato disegno di Picasso dedicato a Stalin, risalente al 1949

I compagni di partito trovarono scandalosa questa immagine e criticarono aspramente il disegno. Ma questo è niente in confronto alla tempesta che si scatenò dopo il successivo disegno di Stalin realizzato da Picasso.

Lo scandalo dopo la morte di Stalin

L’incidente con il biglietto di auguri non aveva incrinato i rapporti di Picasso con i comunisti. Fu perdonato. La seconda volta Picasso dovette disegnare Stalin su insistente richiesta di uno dei membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Francese, Louis Aragon, in occasione della morte del leader sovietico nel 1953. Pochi giorni dopo la scomparsa di Stalin, il suo ritratto, realizzato da Picasso, apparve sulla prima pagina di “Les Lettres françaises”.

Picasso disegnò Stalin a partire da una fotografia della sua giovinezza con il massimo realismo possibile per lui, dando al ritratto un occhio da sognatore e un mento forte. Tuttavia, anche in questo caso i comunisti non apprezzarono gli sforzi di Picasso, considerando l’opera una presa in giro.

La prima pagina del giornale “Les Lettres françaises” che aprì un gravissimo scandalo, passato alla storia, in Francia, come l’“Affaire du portrait de Staline”

Questo lavoro dell’artista ebbe gravi conseguenze. L’indignazione del Partito Comunista fu tale da emettere una dichiarazione che condannava categoricamente la pubblicazione del ritratto sul giornale. I giornali comunisti francesi pubblicarono lettere di lettori indignati, in cui lamentavano che l’immagine di Picasso di Stalin non aveva nulla a che fare con la realtà. E consideravano tale interpretazione un insulto all’idea comunista.

I conflitti interni al partito portarono alla ricerca di un capro espiatorio, ma nessuno voleva essere coinvolto nei guai creati dal disegno. Molti cercarono di addossare la colpa a Picasso stesso, spiegando che era stato lui a scegliere quel modo di dipingere, mentre avrebbe potuto “impegnarsi di più”: ad esempio, prendendo come base il lavoro degli artisti sovietici.

La risonanza dello ”scandalo del ritratto” indebolì la posizione del partito stesso. La ricerca dei colpevoli portò al fatto che persone in posizioni di autorità cominciarono ad accusarsi a vicenda di essere stati loro a permettere la pubblicazione del disegno di Picasso sulla prima pagina del giornale. Il politico francese Pierre Juquin, comunista, sostenne in un articolo che il culmine di questi conflitti sarebbe stato addirittura il tentativo di suicidio di Louis Aragon.

Le cose sarebbero potute andare peggio

Persone vicine a Picasso hanno ricordato che l’artista rimase duramente colpito da quanto accaduto. Eppure quello non era il quadro più “rischioso” che potesse fare. Dopo lo scandalo, lo scrittore Pierre Daix del quotidiano “Les Lettres françaises” incontrò l’artista, il quale rivelò che a un certo punto aveva pensato di dipingere Stalin nudo.

Come ha scritto la ricercatrice inglese Gertje Utley nel suo libro “Pablo Picasso: The Communist Years”, Pierre Daix registrò un breve monologo di Picasso sul suo atteggiamento nei confronti di questa situazione: “Se avessi dipinto Stalin vecchio, con le rughe, con le borse sotto gli occhi, tutti avrebbero gridato: ‘Come osi dipingerlo vecchio!’. Così a un certo punto stavo addirittura per dipingerlo come un eroe classico: nudo. Sì, ho pensato, è fantastico. Ma che dire della sua virilità? Nelle sculture classiche i peni sono sempre piccoli. Ma stiamo parlando di Stalin, un uomo potente; un vero toro da combattimento. Ma a mettergli addosso un gigantesco pene da toro, con lui piccolino dietro, sarebbe finita ancora peggio. Allora tutti avrebbero gridato: ‘Lo hai trasformato in un pervertito sessuale, un vero satiro!’”.

Lo stesso Picasso, dopo una raffica di critiche nei suoi confronti, si raffreddò fortemente nei confronti del Partito Comunista, pur continuando a non lesinare le donazioni materiali e senza rinunciare al titolo di comunista.

Qualche anno dopo, quando la Francia venne a conoscenza dei crimini di Stalin e iniziò la destalinizzazione, Picasso incontrò Pierre Deux e gli disse ironicamente: “Ora, spero che non si dirà che ho dipinto Stalin in modo troppo positivo!”.

Picasso si dimise dal Partito Comunista nel 1956, dopo che le truppe sovietiche entrarono in Ungheria per reprimere la rivolta. Questo avvenne lo stesso giorno dell’inaugurazione della sua prima mostra a Mosca. Alla notizia ufficiale dello spiegamento di truppe a Budapest, Picasso firmò una lettera collettiva di protesta e lasciò il partito.

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