Il dimensionamento scolastico italiano: effetto di problemi non risolti

Scuola, Formazione & Università

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In questi giorni che precedono le festività natalizie tutte le scuole italiane  sono in gran fermento per le nuove leggi di riforma del sistema di dimensionamento o accorpamento delle istituzioni scolastiche volute dalle perentorie indicazioni europee che chiedono di adeguare la rete scolastica all’andamento anagrafico della popolazione studentesca, tutto questo  sempre nell’ambito delle misure del PNRR . Le proiezioni statistiche sull’andamento dell’indice di natalità in Italia parlano di ulteriori drastiche diminuzioni nei prossimi anni, la popolazione tra i tre e i diciotto anni, passerà dagli ottomilioni e 137mila di quest’anno ai sei milioni e 738mila  del 2034, si perderanno più di un milione di alunni in un decennio; da qui la richiesta UE di rivedere norme e parametri dell’autonomia.  Come sempre accade le situazioni critiche non risolte prima o poi si ripresentano aggravate e c’è da pagare il conto: oggi si paga la mancanza, da parte di tutti i governi che si sono avvicendati in questi vent’anni e più, di una seria politica per la famiglia e l’occupazione giovanile volta a risolvere il problema della drammatica denatalità. Chi in passato ne parlò o evidenziò la serietà della situazione fu accusato di essere un conservatore, quando qualche anno fa il movimento dei “Cinque stelle” propose di far ridurre gli aborti furono attaccati perché limitavano la libertà della donna  e la Bonino, da sempre abortista ad oltranza,  propose addirittura, in maniera acritica, di risolvere il problema  con  l’immigrazione massiccia, senza valutare la perdita dell’identità culturale ed etnica, trattandosi di una vera e propria sostituzione di popolo; eppure  sarebbe bastata e basterebbe attuare una politica sociale che incentivi  i giovani ad avere almeno tre figli, fornendo  adeguati aiuti,  come accade in Francia, perché tutto alla fine ritorna nella società e si potrebbe risolvere anche il problema previdenziale se si incentivano le nascite. Ma ancora ad oggi neppure questo governo, di destra, ha pensato di portare avanti una politica che incentivi le nascite aiutando e promuovendo la famiglia.  Il decreto interministeriale, firmato a giugno dai ministri dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara e dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, contiene i criteri e i parametri del nuovo piano di dimensionamento scolastico. Nel prossimo triennio le istituzioni scolastiche  verranno diminuite progressivamente, ma resterà inalterato il numero dei plessi. Sono rispettate le esigenze e le specificità di alcuni territori come i comuni montani, le piccole isole e le minoranze linguistiche , dove la scuola è un presidio sociale fondamentale. Il dimensionamento sarà lento e graduale.  Nel decreto vi è l’avvertenza di garantire sempre, da parte delle regioni, che il numero delle sedi sia almeno pari al numero dei dirigenti scolastici in organico nella regione. Con tale riforma le reggenze vengono meno.  La reazione dei sindacati e di tutto il mondo della scuola  è stata molto dura nei confronti del testo approvato dal governo Meloni nella legge di bilancio 2023. Gli istituti, per non perdere l’autonomia,  dovranno avere non meno di 900 alunni, contro i 600 indicati nella normativa attuale. I sindacati stimano che tra due anni chiuderanno circa 700 scuole. Sicuramente  la perdita dell’autonomia dirigenziale per scuole disagiate come le periferie di Napoli e di altre città a rischio significa meno controllo e presidio del territorio e per i piccoli centri 700 o 800 alunni significano mezza provincia. Dal dimensionamento saranno sicuramente colpite le regioni ed i territori più fragili, aumenterà lo spopolamento dei piccoli centri e di conseguenza la povertà educativa, l’abbandono scolastico ed aumenteranno i divari tra i territori. Non è un caso che le regioni guidate dal centro sinistra: Toscana, Emilia Romagna, Campania e Puglia abbiano impugnato la norma davanti alla Corte Costituzionale.  Il testo della legge prevede che entro il 30 Novembre di ogni anno le regioni, autonomamente,  attueranno il dimensionamento della rete scolastica sulla base del contingente  di dirigenti scolastici assegnato. Verranno accorpati anche istituti molto lontani tra di loro sotto la guida di un unico dirigente che dovrà lavorare molto di più e la sua presenza nei singoli plessi sarà di un numero esiguo di ore. Il ministro Valditara ha precisato che per gli alunni non cambierà nulla, aggiungiamo noi  ” nell’immediato “.  Oggi il dimensionamento colpisce dirigenti scolastici, dirigenti amministrativi e personale ATA.  Saranno sicuramente penalizzati col tempo i piccoli centri da questa visione economicistica della scuola, portata avanti e voluta in particolare dall’ Unione europea ed adottata dal Governo italiano con ossequiosa obbedienza, a riprova del fatto che oramai la politica italiana non si decide più in Italia  indipendentemente dallo schieramento politico dei singoli governi sia che siano di centro-destra che di centro-sinistra;  purtroppo, tra i vari cittadini europei, solo gli italiani non si sono resi conto di questa triste verità, che è una realtà  ben consolidata da anni;  basti ricordare che l’UE, a trazione tedesca, decise nel 2011 che bisognava cambiare l’esecutivo italiano, eletto dai cittadini, perché non attuava le riforme volute da Bruxelles ed in men che non si dica lo zelante presidente Napolitano che si riscoprì profondo europeista, con una manovra che ad oggi sa di golpe, costrinse alla dimissioni il governo Berlusconi  e aprì le porte di palazzo Chigi al governo di Mario Monti, uomo di fiducia dell’Europa che ci chiese lacrime e sangue, conferendogli però prima la carica di senatore a vita e la conseguente immunità.   E che dire di questi spread che vengono usati come un grimaldello ogni qual volta un governo non ubbidisce ai  diktat  europei?  Stranamente lo spread fu il più alto sotto il governo Draghi, ma nessuno se ne accorse. Poveri italiani creduloni,  ancora ostaggi di anacronistiche ideologie e pieni di pregiudizi infondati, che si lasciano gestire e si alterano convinti di avere la verità politica in tasca come menti senza senno, memoria e capacità critica da questo o da quel politico o partito di turno. Mentre i francesi  manifestarono, contestarono,  ed attuarono una vera e propria guerriglia urbana per opporsi al governo Macron e alle pretese europee di  aumentare l’età pensionabile a 64 anni, riuscendoci, noi senza fiatare abbiamo accettato che l’età pensionabile fosse innalzata a 67 anni, in compenso però ci scaldiamo ed accapigliamo allo stadio per una partita a volte probabilmente  anche truccata;  in fondo ogni popolo ha i governi ed i trattamenti che merita.

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