Il Bari è in caduta libera. Ha perso anche a Lecco. Salvezza unico obiettivo adesso

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Foto SSC Bari

Sulle rive di quel lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene di monti non interrotti, unite da un Santo protettore in comune (Nicola) ma distanti anni luce da tutto il resto, Lecco e Bari si affrontavano oggi, dopo cinquant’anni, per cercare di far punti utili ad ognuna delle due squadre, col Bari alla ricerca perenne della svolta, e col Lecco alla ricerca di risalire piani in classifica per distanziare le ultime posizioni.

Il Lecco ha avuto il suo momento di gloria da metà anni 50 fino ai primi anni 70 quando militò in B e per tre volte in A, poi l’oblio tipico di certe squadre di provincia nonostante lombarda che, teoricamente, dovrebbe essere ricca. Ma così non è stato per cinquant’anni. Sappiamo, poi, come si sia trovato il Lecco in B, quali le sue vicissitudini per mantenere una categoria voluta e conquistata con i denti meritatamente. Insomma, per chi conosce il Bari e le sue annate, era la classica gara dove ci avrebbe rimesso le penne. E così è stato.

Il Bari, nel primo tempo, ha concesso pochissimo al Lecco nei primi 35 minuti facendo la partita ma senza particolare pericolosità (solo due tiri in porta senza tante pretese di Sibilli e Ricci), ha coperto bene il campo col 4-3-3, non ha avuto occasioni clamorose, tutto sembrava dovesse prendere una piega a favore barese. Poi dopo il Lecco ha provato a mettere il muso fuori con qualche contropiede pericoloso tutti fermati dai difensori baresi, fino al calcio di punizione da fuori area, sul finire di tempo, sugli sviluppi del quale Crociata ha beccato in pieno il palo alto, quasi l’incrocio.

Il secondo tempo è sembrato bloccato, senza occasioni particolari da segnalare. Marino, complice anche l’ammonizione, ha sostituito Nasti con Diaw.

Le formazioni non sono riuscite a superarsi. E, come spesso capita al Bari, è stato il Lecco che ci ha provato, sia pur timidamente, a fare la partita ed il Bari è indietreggiato inspiegabilmente. E infatti su un altro calcio di punizione su palla vagante, Buso con un tiro preciso e chirurgico dalla distanza ha portato in vantaggio i manzoniani. Da precisare che in area mancava Di Cesare che aspettava l’ok per rientrare in campo dopo un infortunio, e il modo di uscire di Brenno nell’occasione del gol, forse discutibile. Non sarà un alibi vista l’inconsistenza dei biancorossi ma è pur sempre un dettaglio da precisare. Inutili i rimanenti 25 minuti di gioco. Solo Aramu, di testa, dopo aver ricevuto un pallone cross da Morachioli, ha colpito il pallone ma la palla è terminata alta sulla traversa. Il Bari non ha fatto praticamente nulla per provare a pareggiare. Incredibile ma è così.

Piove sul bagnato, dunque, la situazione è difficile per il Bari adesso, sotto tutti i punti di vista.

Occorre prendere atto che qui occorre solo salvarci. Questo è, e dovrà essere, l’unico obiettivo da raggiungere come ai tempi di Radice o di Pillon. Inutile farsi illusioni o dire che, in fondo, siamo ancora a dicembre.

La gara di oggi ha detto che il Bari deve pensare solo a salvarsi e non sarà nemmeno facile perché oggi ha giocato il classico spareggio salvezza contro un avversario che, senza grandi mezzi, ci ha messo cuore e grinta. Il Bari poco o nulla, solo ritmi blandi e pochezza tecnica. E se l’obiettivo dovrà essere la salvezza sarà durissima affrontare le gare come l’ha affrontata oggi in riva al lago più letterario del mondo.

Occorre essere preoccupati, questo campionato potrebbe prendere una piega peggiore. Non che si sia mai parlato di positività, semmai di mediocrità, ma la svolta negativa si è avuta a Piacenza quando sullo 0-2 il Bari si è fatto rimontare dalla Feralpi e per poco non ci rimetteva la pelle.

La curva e i tifosi sono da capire soprattutto quelli che vanno a vedere la squadra in trasferta, son quelli che spendono soldi, lasciano le famiglie a casa, occorre prendere in considerazione queste cose altrimenti si pensa che i tifosi siano solo comparse di uno spettacolo teatrale di burattini e che invece vivono di speranze. Se mille-duemila persone vanno in trasferta si aspettano prestazioni diverse e, diamine, si ha il dovere di fare molto di più!

La squadra sembra un disco volante, un piatto che gira a vuoto. A cosa serve, a questo punto, cambiare allenatori e moduli se questa squadra è senza anima? Evidentemente non è stata costruita bene, e Polito lo ha capito e, se non altro, ci mette sempre la faccia assumendosi le responsabilità (cosa rara nel calcio), questa squadra ha caratteristiche non adatte alla B. Il Bari ha tirato in porta due volte sole oggi, e allora c’è qualcosa che non va. Anzi più di qualcosa.

La classifica poi si fa pure preoccupante, sono solo due, infatti, i punti di distacco dalla sestultima.

E la classifica rispecchia il momento. Sempre. E così non va bene, perché il Bari, per definizione, in B non può e non deve mai lottare per rimanere in B, magari non andrà in A, ma lottare per non retrocedere non è da mettere mai in preventivo. Ché qualcuno lo tenga sempre impresso questo fondamentale principio calcistico-sociologico a Bari.

E’ l’atteggiamento che preoccupa, questa è una squadra che non trasmette emozioni, si fa pure a fatica a vedere le gare, si guardano, anche professionalmente, con superficialità senza quell’attenzione necessaria. A Bari si dice “sconfidenza”.

Lo scorso anno ogni volta che il Bari attaccava tutti si aspettavano il gol, ed era un piacere vederlo giocare anche quando le cose andavano male, quest’anno si fa fatica pure a vedere un’azione.

Non abbiamo visto iniziative se non qualcuna col piede lento, impacciato, senza strappi, solo azioni estemporanee, lo schema del Bari sembra solo quello di far saltare l’uomo a Sibilli, sembra assurdo ma è la verità. E non è così che si risolvono i problemi. Cui prodest sostituire Mignani?

Da ciò che si osserva in campo non si vedono giocatori straordinari da cui aspettarci chissà cosa. Quelli forti sono andati via l’estate scorsa, erano quelli che facevano la differenza, ne sono arrivati altri che non sono riusciti a prenderne le sembianze, come temevamo. Sulla carta si avevano a disposizione Caprile, Cheddira, Benedetti e Folorunsho, autentici sconosciuti diventati, poi, quel che sono diventati (anche se, per amor di verità, non si stanno mettendo in evidenza in serie A, e questo occorre dirlo), quelli di quest’anno erano, quantomeno sulla carta, un po’ più noti e sulla carte con più esperienza. Prendiamo, uno a caso, Aramu: era proprio inevitabile portare a Bari un giocatore che lo scorso anno, nonostante la promozione in A del Genoa, ha fatto più panchine che il resto? Ed era proprio necessario, tanto per farne un secondo, andare a scovare sotto il castello di Dracula in Transilvania Edjouma? E degli Acampora e Koutsoupias ne vogliamo parlare? E della fragilità muscolare di Diaw? Risparmiamo Nasti che è giovane e si sta facendo le ossa anche perché non si possono pretendere da lui 25 gol, e forse nemmeno 15. Achik, oggi, ha sbagliato tutto. Akpa Chucwu è sparito dai radar, non viene più nemmeno convocato, non vorremmo che si siano montati la testa perché in stagioni disgraziate come queste, è un classico, troppi riflettori da chi proviene da categorie inferiori catapultati nel calcio che conta, potrebbero nuocere al rendimento.

C’è da salvare la pelle adesso. Bisogna evitare di cacciarsi ulteriormente nei guai. Perdere a Lecco ha un suo preciso significato, è un campanello d’allarme, l’ennesimo, forse quello più preoccupante.

Nel girone di ritorno si alza il livello tecnico delle gare e la pericolosità aumenta in modo esponenziale. Il mercato di gennaio sarà quanto mai importante per mettersi al sicuro, ma il mercato di gennaio, si sa bene, è scarso, molto scarso, di giocatori buoni e pronti.

La squadra adesso va in ritiro, solita scelta tipica di queste situazioni insieme al silenzio stampa, decisioni con le quali si pensa che la squadra possa dare di più, ma anche decisioni tanto discutibili quanto inulti, infatti non hanno mai sortito alcun effetto a nessuno se non una volta su mille, però, insomma, se non altro si dà la percezione che la società c’è. Oddio, poi speriamo sia una scelta efficace, ma la domanda che ci poniamo è: ma se uno nasce tondo può morire quadrato? Che Dio ce mandi buona, insomma. O, se preferite, rimanendo in tema manzoniano, “questo matrimonio (con la serie A) non s’ha da fare!

Massimo Longo

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