Ambiente e smart working

Ambiente, Natura & Salute

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Ovvi gli incrementi di produttività a gran voce confermati per il lavoro in modalità remota, tuttavia sorge il dubbio che l’impatto del lavoro remoto sulla domanda di mobilità, soprattutto in termini di percorrenze, sia oramai relativamente contenuto e tenda a ridursi.

Il 5 maggio scorso l’OMS ha dichiarato ufficialmente terminata l’emergenza sanitaria da Covid-19, iniziata l’11 marzo 2020. Analizzando cosa è accaduto nel frattempo per i comportamenti di mobilità degli italiani, occorre rammentare anche il secondo fattore esogeno di influenza, che ha iniziato a produrre effetti sul fenomeno mobilità a partire dalla fine di febbraio 2022: l’invasione russa in Ucraina alla quale è seguita una crisi energetica con impatti  sui costi dei prodotti energetici, sulla spirale inflattiva e sui consumi a livello macroeconomico.

Dai dati dell’Osservatorio “Audimob” di ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), per i primi sei mesi del 2023 emergono spostamenti complessivi della popolazione nella fascia di età 14-85 anni pari a più di 96 milioni di movimenti nel giorno medio feriale. Rispetto al primo semestre del 2022 si è rilevata una contenuta riduzione del -2,8% del numero di spostamenti, che fa supporre si stia verificando un assestamento dei flussi di domanda, anche se ad un livello un po’ più basso rispetto ai dati pre-Covid del 2019*.

L’attuale Rapporto ISFTOR sulla mobilità degli italiani, insieme alle tre precedenti edizioni, ha evidenziato come la domanda di mobilità sia notevolmente influenzata dalla ampia diffusione delle attività a distanza, in vari ambiti lavorativi, scolastici e non solo, iniziata durante il Covid. In particolare nell’organizzazione del lavoro si sono affermati modelli di attività da remoto identificati come “smart working”. Tali attività da remoto, una volta superato il momento critico delle limitazioni alla mobilità, hanno comunque mantenuto un peso significativo, in particolare nelle grandi imprese e nelle aree urbane di maggiori dimensioni. Pertanto ne permane il monitoraggio, data l’importanza di valutarne l’impatto sulla domanda di mobilità.

L’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano comunica ogni anno le proprie stime sulla diffusione del fenomeno. Da tali stime è emerso che i lavoratori a distanza sono stati nel 2023 poco più di 3,5 milioni, molto vicini al livello del 2022; si può quasi ritenere si stia verificando un consolidamento del fenomeno, anche se a livelli più bassi rispetto alla fase della pandemia.

Con riferimento al periodo pandemico del 2020, il numero di lavoratori da remoto si è quasi dimezzato, ma rispetto al 2019 è aumentato di oltre sei volte. Si tratta attualmente per lo più di lavoratori in grandi aziende e solo un sesto circa lavora nelle piccole e medie imprese. Nel 2023 i lavoratori a distanza sono aumentati nelle imprese private anche se in misura contenuta, mentre sono leggermente diminuiti nelle micro imprese e nella pubblica amministrazione.

L’Osservatorio Smart Working stima inoltre che, supponendo di assegnare ad ogni lavoratore mediamente due giorni di lavoro a distanza, la riduzione di emissioni inquinanti, in seguito alla ridotta domanda di mobilità, sarebbe pari a 480 kg di CO2 procapite all’anno.

Dall’Osservatorio “Audimob” di ISFTOR è emerso che, riguardo alla dislocazione territoriale, i lavoratori a distanza sono presenti soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest, con una quota significativa anche al Centro-Sud, ma in leggera riduzione. Inoltre, nella diffusione del lavoro remoto, pesano maggiormente le grandi aree urbane, a differenza di quanto accade nei centri più piccoli: nelle grandi città risiede circa il 40% di tutti i lavoratori a distanza.

Considerando i tre modelli di organizzazione del lavoro: lavoratori in presenza, smart workers saltuari e smart workers continuativi, le differenze sono molto significative.

In sintesi:

  • gli smart workers continuativi effettuano molti più spostamenti per il tempo libero e la gestione della casa e della famiglia, rispetto alla componente studio e lavoro, come ci si attenderebbe, inoltre esprimono una maggiore domanda per la mobilità di corto raggio con spostamenti entro i 10 km, occasionale e distribuita nelle ore non di punta (di morbida);
  • gli smart workers saltuari generano domanda di mobilità per lavoro e studio con un peso significativo rispetto alla domanda totale, particolarmente per la mobilità urbana e per le ore di morbida, anche se non ai livelli del gruppo dei continuativi, inoltre tendono ad avere spostamenti sistematici, ripetuti e collocati in determinate fasce orarie, di poco superiori agli spostamenti non-sistematici;
  • i lavoratori in presenza hanno una domanda molto più elevata di mobilità per lavoro e studio, con un peso dominante nelle distanze corte e soprattutto per la mobilità sistematica, circa i tre quarti di tutti gli spostamenti, concentrata nelle ore di punta.

In generale, gli effetti dello smart working saltuario non differiscono molto da quelli dei lavoratori in presenza, diversamente per gli smart workers continuativi le differenze sono più apprezzabili. Tali evidenze, insieme alla considerazione che tra i tanti “punti fermi” degli stili di mobilità degli italiani, c’è quello della prevalenza della scelta dell’automobile tra i mezzi di trasporto, e aggiungendo la parte molto più piccola di spostamenti effettuati in moto, la quota dei mezzi privati motorizzati (auto e moto) si attesta in media al 70% degli spostamenti.

Simmetricamente si sono ridotte la mobilità attiva (piedi, bicicletta, micromobilità) e la mobilità collettiva. L’incremento dei costi energetici ha influenzato lievemente una domanda di mobilità sostanzialmente rigida. Il “tasso di mobilità sostenibile”, misurato da “Audimob”, come percentuale di spostamenti effettuati con mezzi a basso impatto (trasporto pubblico, bicicletta,pedonalità) sul totale, è sceso nel 2022 sotto il 30%, dopo il picco raggiunto nel 2020 per effetto dell’incremento della mobilità pedonale.

Retorica spesa inutilmente quella sui temi della mobilità sostenibile che aveva pervaso l’opinione pubblica negli ultimi anni? Il gap tra proclamazioni e risultati è abbastanza evidente.

*Si è registrato un -8,7% nel primo semestre 2023;  nel 2022 erano pari a -6,4% rispetto al 2019.

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