“Sostenibili futuri, guida visionaria al domani che vogliamo”, intervento del Ministro dell’Interno

Politica

Di

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha partecipato, in rappresentanza del Governo, presso il Palazzo Montecitorio, alla convention promossa dalla Fondazione Guido Carli dal titolo: “Sostenibili futuri. Guida visionaria al domani che vogliamo”.

Ad aprire i lavori, il vicepresidente della Camera dei Deputati, Anna Ascani, e il Presidente della Fondazione Guido Carli, Romana Liuzzo. È seguito un intervento del titolare del Viminale.

Al dibattito, moderato dal Vicedirettore di TG5 Giuseppe De Filippi, sono intervenuti: Paolo Barletta CEO & Founder Arsenale, Domitilla Benigni CEO & COO Elettronica, Sergio Dompé presidente di Dompé Farmaceutici, Luigi Ferraris amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Andrea Illy Presidente di IllyCaffé, Claudia Parzani Presidente di Borsa Italiana, Ettore Prandini Presidente di Coldiretti e Alessandra Ricci amministratore delegato di Sace.

L’evento è stato trasmesso in diretta sul canale webtv della Camera dei Deputati.

L’intervento del Ministro 

Saluto tutti i partecipanti e ringrazio la Presidente della Fondazione Guido Carli, Romana Liuzzo, per l’invito a prendere parte all’evento odierno, che ha il pregio e il coraggio di affrontare un tema tanto necessario quanto complesso da realizzare: quello dei diritti di domani.

Confrontarsi sui “sostenibili futuri” è un tema complesso perché, per il decisore politico, per il legislatore, ragionare in termini di “sostenibilità” significa operare nell’interesse di qualcuno che ancora non esiste, ma la cui qualità della vita – forse la vita stessa – sarà inevitabilmente condizionata da chi lo ha preceduto.

Questo comporta, per chi appartiene al presente, un’assunzione di responsabilità tanto impegnativa quanto creativa e razionale, che amplifica il senso di quel patto sociale alla base della nostra convivenza e delle Istituzioni nelle quali ci riconosciamo.

Non siamo, dunque, più solo al cospetto di una responsabilità intragenerazionale che chiama in causa gli effetti delle condotte individuali sulla collettività. Siamo di fronte al dovere delle generazioni presenti di operare nel rispetto dei diritti di chi verrà in futuro. E questo – come giustamente sottolinea il titolo del Convegno – è materia per lucidi visionari.

Il primo visionario che si è espresso sul punto – mi viene in mente da recenti letture – è stato Thomas Jefferson, all’inizio del secolo scorso, il quale interrogandosi sulle ripercussioni delle decisioni pubbliche sull’avvenire, si chiedeva, in particolare, in che misura la generazione del presente avesse il diritto di condizionare le successive. E concludeva categoricamente che no, nessuna generazione poteva arrogarsi la prerogativa di vincolare le altre.

Ma astenersi del tutto dal pregiudicare la libertà di autodeterminarsi di chi verrà dopo di noi ovviamente non è sufficiente. Occorre più concretamente porre le basi affinché le generazioni future possano esercitarla quella libertà. Occorre lasciare loro un mondo in salute.

In tal senso, la riflessione sul tema ha assunto una sua compiuta e condivisa formulazione nel 1987, quando la Commissione mondiale Brundtland su ambiente e sviluppo ha introdotto per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile, definendolo come quel processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali.

In questa definizione programmatica c’è tutto il senso del buon governo: occuparsi in ogni ambito – politico, economico, sociale, ambientale – della persona nella sua dimensione relazionale, facendo sì che i bisogni dell’attuale generazione non inficino la capacità di quelle future di esaudire i propri.

Sostenibilità è, dunque, mettere la dignità della persona al centro: la persona di oggi e quella di domani. La persona intesa nel suo ambiente naturale e in quello sociale. È conservare e preservare ciò che resterà dopo di noi, perché di quelle risorse possano godere altre persone.

La grande sfida di cui ragioniamo oggi è tenere questo tutto insieme, con l’obiettivo di perseguire un’equità intertemporale che reca in sé un patto tra noi e chi ancora non è venuto al mondo, richiamando con forza la nostra attenzione sull’esigenza di adottare nuovi paradigmi di sviluppo globale.

In questa prospettiva possiamo affermare che lo sviluppo sostenibile (al centro dell’agenda politica, delle strategie aziendali e delle scelte collettive e individuali) qualifica le democrazie mature.

Recentemente, anche l’ordinamento italiano ha recepito la sfida, introducendo il principio di sviluppo sostenibile nella nostra Carta Costituzionale e definendo le future generazioni come un soggetto giuridico titolare di diritti.

Dopo la brusca battuta d’arresto dovuta alla pandemia e alla crisi energetica conseguente all’insorgere del conflitto russo-ucraino, i temi posti dall’Agenda 2030 appaiono decisivi per riprendere con slancio il cammino virtuoso verso la sostenibilità dal punto di vista economico, sociale ed istituzionale.

Le finalità alla base dell’Agenda 2030 sono caratterizzate da trasversalità e globalità.

Per la sua piena attuazione è dunque determinante avere sempre presente la stretta interdipendenza tra i suoi 17 obiettivi, nessuno dei quali può essere isolatamente raggiunto senza far registrare progressi concreti anche in relazione a tutti gli altri.

Essi rappresentano una sfida senza precedenti per il nostro pianeta e per questo mondo.

L’Italia è impegnata in una complessa transizione verso un sistema economico che – coniugando quegli obiettivi con la necessità di favorire una riconversione graduale del modello produttivo – non incida negativamente sulle condizioni di vita dei ceti più vulnerabili.

Allo stesso tempo occorre che il nostro sistema economico si ispiri alla sostenibilità ambientale, all’equità territoriale e alla salvaguardia delle future generazioni.

La consapevolezza della giustizia intergenerazionale assume importanza come chiave di lettura del percorso di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Per fare tutto questo è necessario che il settore pubblico e il settore privato siano alleati, si confrontino costantemente e mettano sempre la tutela della persona al centro di ogni scelta.

Solo così possiamo fare in modo che l’Italia, anche sul fronte della sostenibilità, possa continuare ad essere un faro di innovazione, di avanguardia, di genialità per il resto del mondo.

Gli obiettivi – ambiziosi – che il nostro Paese ha davanti (e l’impatto anche sociale che i processi di “ammodernamento ambientale” del nostro sistema economico e produttivo determineranno nei prossimi anni) rendono necessario esplorare il tema dell’ambiente non solo come ecosistema ma anche come luogo di vita – che pertanto richiede, oltre alla preservazione delle risorse naturali, la tutela del decoro e della sicurezza degli spazi urbani – in una positiva interazione che contribuisca alla piena vivibilità dei territori e incida positivamente sulla coesione sociale.

Per l’Amministrazione che ho il privilegio di guidare, ciò significa garantire la vivibilità orientando le politiche di sicurezza verso modelli di intervento che si estendono a tutte le problematiche in grado di turbare la serenità delle persone.

Fare sicurezza non significa guardare solo all’andamento della delittuosità, al mero dato numerico e alla sua evoluzione di crescita o decrescita percentuale. Fare sicurezza è creare una cornice entro la quale ogni cittadino possa sentirsi meno insicuro.

È costruire un ambiente in cui ciascuno abbia la possibilità di esercitare i propri diritti e declinare la propria personalità.

La sicurezza a cui occorre guardare deve connettersi alla possibilità, alla capacità effettiva delle persone di esercitare “le” libertà. Perché sussista effettivamente questa capacità, è necessario creare contesti (educativi, sociali, economici) che ne facilitino l’acquisizione e l’esercizio.

Nel corso di questo primo anno di governo sono state intraprese tante iniziative che hanno permesso di assicurare alla giustizia latitanti di massima pericolosità, di sequestrare alla criminalità organizzata ingenti patrimoni e di restituirli alle comunità cui erano stati sottratti.

Sono stati inferti duri colpi alle diverse mafie che infestano il Paese.

Accanto ad azioni che potremmo definire “tradizionali”, sono state messe in campo iniziative, anche legislative, talune molto recenti, che convergono sull’esigenza di affrontare il tema della sicurezza intervenendo su alcune delle principali situazioni di degrado e di microcriminalità nel nostro Paese, proprio per assicurare quella vivibilità che è condizione di esercizio dei diritti delle attuali ma anche delle future generazioni.

Tutte iniziative che nascono dal convincimento che le politiche di prevenzione e repressione di polizia debbano accompagnarsi a politiche di prevenzione sociale, fondate su un’attenta lettura delle più pressanti emergenze che interessano la cittadinanza, in uno sforzo comune di tutti i livelli di governo.

La nostra azione a tutela della sicurezza e dell’incolumità delle persone si è, per questo, rivolta a stazioni ferroviarie, ospedali, luoghi più intensamente frequentati e, in generale, aree critiche caratterizzate da fenomeni di marginalità sociale, dove abbiamo implementato la presenza dello Stato sia attraverso ulteriori presidi delle Forze dell’Ordine, sia inaugurando luoghi di aggregazione come le palestre della legalità, con l’obiettivo di reagire all’aggressione della criminalità attraverso esempi di socialità e riscatto.

Per rispondere all’accresciuta aspettativa di sicurezza dei nostri cittadini, è infatti necessaria una visione d’insieme che consenta di leggere la complessità del presente e di progettare un sistema integrato capace di contrastare efficacemente minacce sempre più diversificate.

Dalle periferie delle grandi città metropolitane abbiamo iniziato a sperimentare questo modello articolato di sicurezza.

Caivano rappresenta il più recente esempio virtuoso – e non vorrà essere l’unico – di un più ampio progetto di sostenibilità urbana volto a convogliare le migliori energie del Paese per dare risposte concrete ai bisogni delle persone.

Il progetto di riqualificazione complessiva di quella zona che il Governo sta promuovendo parte da vari fattori di inclusione (la scuola, lo sport, il tempo libero) e punta a sconfiggere le forme di allarme sociale e di disagio, in particolare quello giovanile.

Attraverso questo tipo di interventi perseguiamo l’obiettivo di restituire dignità a tutte le comunità ferite del Paese, favorendo una crescita che coniughi legalità, educazione, decoro, coesione sociale.

Un progetto al quale anche la Fondazione Guido Carli sta recando il suo supporto.

Desidero esprimere, in questa sede, un particolare apprezzamento per il contributo che la Fondazione Guido Carli ha voluto offrire con la donazione al Comune di Caivano di cento volumi appartenenti alla biblioteca personale di Guido Carli.

È, questo, un gesto che assume un duplice significato.

Il primo, di più immediata evidenza, è quello di voler contrastare il degrado e la violenza partendo dalla cultura. Un futuro “sostenibile”, che cioè si occupi di tutelare le nuove generazioni, è infatti un futuro che parte dal presente, dai libri, dal carburante della consapevolezza, prima condizione di esercizio della libertà.

Il secondo, di grande suggestione, attiene alla scelta di attingere proprio alla biblioteca privata di Guido Carli: è un gesto forte, convinto, un investimento di grande valore personale a favore di un progetto collettivo e sociale.

È dalla qualità dei gesti di ciascuno che dipendono le sorti delle nostre comunità.

Nel concludere il mio intervento, consentitemi un’ultima riflessione.

Ho accennato, poc’anzi, alla necessità che nell’alleanza fra settore pubblico e settore privato la tutela della persona sia alla base di ogni scelta.

Quello di porre la persona, con i suoi diritti, al centro del nostro agire può sembrare un principio scontato, ma non lo è affatto.

Nuovi conflitti funestano l’Europa e il Medioriente, la povertà è ben lontana dall’essere sradicata, si riaffaccia la schiavitù per il tramite del traffico di esseri umani, tutto sembra voler mettere a repentaglio la sacralità della persona.

Perfino strumenti che, a prima vista, possono sembrare utili a migliorare il benessere dell’umanità necessitano di essere affrontati con competenza e cautela.

Penso all’intelligenza artificiale, le cui applicazioni rappresentano senz’altro una grande opportunità di crescita che, tuttavia, non deve pregiudicare la centralità dell’uomo, della sua creatività, della sua razionalità, della sua unicità irripetibile.

Le ragioni del progresso non possono mai prevalere sul benessere delle persone, così come è vero, d’altro canto, che il benessere delle persone e dell’ecosistema non possono prescindere dal progresso, cioè da una regolamentazione intelligente delle risorse materiali e immateriali, sostenuta anche dalla tecnologia e dall’economia.

La sfida grande che ci aspetta, ciascuno per la propria parte, è dunque quella di supportare la crescita, garantendo una fruizione sicura e consapevole degli strumenti innovativi che avremo a disposizione, perché l’uomo è parte dell’ambiente e il futuro sostenibile è, dunque, quello che valorizza la persona.

Le nuove generazioni saranno fatte di persone e non si può concepire ambiente naturale, spazio urbano, sviluppo economico o tecnologico che non parta dalla considerazione della centralità della persona.

Grazie a tutti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube