L’emergenza clima a Dubai

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Oggi inizia la  28esima conferenza delle parti delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, a Dubai e sarà presieduta da Sultan Al Jaber, ministro dell’industria e della tecnologia e inviato speciale per il clima degli Emirati Arabi Uniti, nonché amministratore delegato di Adnoc, compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi.

Al Jaber è anche fondatore e presidente di Masdar, la Future Energy Company di Abu Dhabi, che investe in energia rinnovabile. Oltre che di riduzione delle emissioni e di adattamento si discuteranno i dettagli del“ Fondo di riparazione”, per i danni subiti da parte del Sud del Mondo a causa dei cambiamenti climatici causati prevalentemente dai paesi industrializzati.

 È la Cop di un Petro- Stato, che dovrà discutere di mitigazione e considero assurdo che una tale conferenza possa svolgersi presso chi per anni ha fatto a pezzi il diritto degli attivisti, criminalizzandoli, impedendo loro di esprimersi interferendo nella rete e sui media in senso generale.

Sarà una colossale, quanto irresponsabile operazione di greenwashing.

Figurarsi se in questa Cop 28 si potrà mai discutere di riduzione di petrolio e gas quanto lo scorso anno, alla Cop 27, è stato concesso al più sporco dei combustibili fossili, il carbone una riduzione graduale.

 Si badi bene, non l’abbandono nell’uso!

Secondo il Rapporto del programma ambientale dell’ONU, ADNOC leader nel settore energetico e di proprietà del governo di Abu Dhabi, che ha investito 15 miliardi di dollari per   promuovere e accelerare soluzioni a basse emissioni di carbonio, investendo, in nuove energie e tecnologie di decarbonizzazione, per realizzare l’obiettivo  di zero emissioni nette entro il 2045 e   zero emissioni di metano entro il 2030.

Adnoc intende aumentare la produzione di petrolio al 2027,  da 4 a 5 milioni di barili al giorno e di gas naturale liquefatto (LNG), dagli 8,2 miliardi di metri cubi annui attuali a 21,2 miliardi di metri cubi nel 2028, costruendo un’infrastruttura in grado di trasportare 13,1 miliardi di metri cubi annui in Asia e in Europa.

ENI ha firmato un contratto con il Quatar, per avere LNG fino al 2053 oltre cioè la neutralità climatica fissata nel 2050.

 Dovremmo ridurre produzione e consumo di combustibili fossili.

 IL 17 novembre la temperatura media della superficie terrestre è arrivata, a 2 gradi sopra la temperatura media preindustriale.

Un 2023 che diventerà l’anno più caldo della storia dell’uomo.

 Nel 2022 sono state emesse 37 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e complessivamente 50 miliardi di tonnellate di gas serra.

 Numerosi i rapporti e le ricerche degli scienziati (IPCC, UNEP) di denuncia del pericolo del cambiamento climatico.

Secondo i modelli per restare entro i 2 gradi bisogna ridurre del 27%, entro il 2030 le emissioni antropiche e di ben il 43% entro il 2030 per restare dentro 1,5 gradi.

 Se facciamo riferimento al cosiddetto budget del carbonio, ovvero  quanta CO2 possiamo ancora permetterci di rilasciare in atmosfera prima di superare le soglie critiche di temperatura, allora bisogna emettere non più di 500 miliardi di tonnellate di CO2, per avere entro il 2030 una probabilità del 50% di restare entro 1,5 gradi centigradi fissati nell’Accordo di Parigi.

 Dal 1850 al 2020 abbiamo prodotto, secondo l’Ipcc, circa 2.390 Gt di CO2 e già riscaldato il pianeta di 1,1°C: quasi mezzo grado di aumento ogni 1.000 Gt.

 Dati noti da molto tempo, ma dei quali né aziende e né governi ne tengono conto.

 A Dubai   si chiude il bilancio globale dei progressi fatti verso i target di Parigi, il cosiddetto Global Stocktake” (GST).

Istituito dall’Accordo di Parigi, il GST è il primo resoconto dell’impatto delle azioni per il clima adottate dai Paesi membri della Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che include anche una verifica della loro validità per raggiungere gli obiettivi.

Sommando i piani con gli impegni dei singoli stati si perviene  a un aumento della temperatura globale compreso tra i 2,5°C e i 2,9°C.

IL tempo per agire si assottiglia sempre più ed è chiaro che l’unica strada è sostituire le fonti fossili con energia a basse emissioni.

 Recentemente i capi di Stato di Cina e Usa si sono impegnati a triplicare entro il 2030 la potenza delle rinnovabili, soprattutto eolico e fotovoltaico.

Questi obiettivi confliggono però con quanto riportato nel Production Gap Report  dove si legge,  che non solo gli Emirati, ma complessivamente i piani dei governi nazionali puntano, a un aumento della produzione globale di combustibili fossili che nel 2030 sarebbe doppia rispetto a quanto servirebbe, a mantenere le emissioni e l’aumento di temperatura sotto i livelli critici, in linea con l’accordo di Parigi.

Da oggi e fino al 10 dicembre, vedremo che percorso farà la“ Storia” del pianeta Terra

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