Il Bari dagli evidenti limiti e dalle note lacune viene colpito e affondato da un grande Venezia

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Foto SSC Bari

Mala tempora currunt sed peiora parantur”, verrebbe da dire a sangue freddo. E già perché perdere ci sta, con una squadra candidata alla promozione diretta e che ha giocato una grande partita al San Nicola pure, e ci sta pure perdere per 3-0, ma perdere evidenziando lacune gravi, limiti storici e atavici senza intravedere nemmeno una lontana sagoma di miglioramento, o uno straccio di reazione, no.

Limiti nati un minuto dopo il gol di Pavoletti, confermati in sede di mercato estivo, anzi accentuati con giocatori, al momento, inutili e in alcuni casi anche dannosi, e messi in atto puntualmente nel campionato almeno fino adesso. Evidentemente questa squadra merita la posizione attuale in classifica, c’è niente da fare. Qui non si tratta di diffondere pessimismo o di infierire, no: a noi piace guardare in faccia la realtà e descriverla e la realtà, oggi, è questa. Domani chissà.

Sconfitta pesante, oggi, del Bari contro il Venezia che ha vinto per 3-0, le cui ultime due reti giunte a tempo scaduto, quasi a voler dare il colpo di grazia così come fanno le grandi squadre, un po’ sulla falsa riga del Bari dello scorso anno quando vinceva al 90′ dando il colpo di grazia agli avversari facendoli incazzare moltissimo, si ricorderà a Pisa cosa accadde, ma lo scorso anno si vivevano fasi in crescendo alimentando entusiasmo su entusiasmo, molte cose giravano per il verso giusto, il var ci dava sempre una mano, gli infortuni erano pochi o nulli e comunque mai più lunghi di un mese, prima del dramma sportivo dell’11 giugno, ma di quella squadra, di quello spirito non è rimasto nulla, anzi, lo spirito è peggiorato notevolmente. E’ stato tutto smembrato. Che peccato.

Il Bari oggi ci ha provato, occorre ammetterlo, ma l’atteggiamento, non dei peggiori, non è bastato quanto meno in termini di resa che poi era la cosa più importante.

La squadra di Marino ha tirato in porta pochissime volte, forse una o due volte, la prima rischiando il gol con un’autorete del Venezia, e la seconda su un tiro di Aramu deviato da un difensore che sembrava andasse dentro, poi il nulla praticamente, se non qualche tiro senza troppe pretese, tirati più che altro svogliatamente e per inerzia.

Ha giocato un primo tempo più o meno godibile, una parte del secondo dove ha praticamente schiacciato il Venezia nella propria metà campo senza combinare un granché, e poi nell’ultimo quarto d’ora è scoppiato a causa dei suddetti limiti e delle suddette lacune lasciando al Venezia la possibilità di fare due gol, il Venezia che merita la posizione che ha, inutile girarci intorno, occorre fare i complimenti ai “Leoni di San Marco” e fischiare non tanto la squadra perché, diciamocelo, quella è, quanto la società che, evidentemente, ha voluto tale mediocrità, perché di mediocrità dobbiamo parlare, non di altro, almeno non è ancora il momento. Non si è riusciti a rimpiazzare i “cinque dei 40 gol”.

Abbiamo visto un Bari coi difetti vecchi, con scarso peso offensivo, e poi col modulo che ha penalizzato molto la squadra. Marino, che fa del 4-3-3 il suo credo tattico, non fa altro che variarlo sia all’inizio che a gara inoltrata, e allora le responsabilità sono anche sue oltre che della società. Perché i giocatori a disposizione sono quelli, e sono adattabili al 4-3-3 con due esterni d’attacco e con un terminale offensivo, ma si insiste col 3-5-2 che, dati alla mano, non rende. Addirittura si potrebbe provare un 4-2-3-1 visto e considerato che si hanno a disposizione ben tre esterni d’attacco ma evidentemente non tira questa proposta, ma più in generale ci sono molte cose che nel San Nicola non girano a dovere. Troppe.

Con questa sconfitta difficilmente si può guardare avanti, occorre guardarsi indietro d’ora in poi almeno fino a gennaio.

Occorre essere realisti, questa è una squadra che deve salvarsi, inutile raccontare frottole per cui la squadra è migliore dello scorso anno, e forse si salverà senza tanto patire. Questo dice l’attualità. Poi, chi lo sa, a marzo o a febbraio potremmo vedere e fotografare un’altra squadra, ma al momento quella che si vede è davvero una brutta squadra, una di quelle orribili di fine anni 70 quando in panchina vennero chiamati Corsini, Renna e Radice con l’infausto finale che tutti non ci auguriamo, o di quei campionati di Sergeant, Candrina, Lipatin, Di Gregorio e compagnia bella.

Questa sconfitta acuisce la delusione della tifoseria che oggi, nonostante il maltempo e l’umore sotto i tacchi per Piacenza, ma più in generale per l’andamento del campionato, non ha fatto mancare il supporto essendo in sedici mila.

Il Bari non può vivacchiare così. Si sperava nel cambio di allenatore ma nulla è cambiato. Si rimane a metà classifica e se tutto va bene si farà un campionato anonimo. Mal che vada si dovrà lottare per rimanere in B. Bisogna cercare di fare più risultati positivi possibilmente almeno fino a gennaio sperando che qualche in squadra polla che decide di disfarsi di giocatori validi, sani, pronti, e perché no, di qualche attaccante da 15-20 gol. Ma si, speriamo, via. In fondo qualche squadra polla può capitare.

Certo, la sfiga ci mette del proprio con gli infortuni: oggi Diaw è risultato indisponibile all’ultimo momento, Pucino è uscito in barella, il greco dal cognome difficile è uscito malconcio, non ne parliamo di Menez e di Maiello e, toccando ferro, il campionato non è ancora finito, ma chi ha i capelli bianchi come chi vi scrive, sa bene come vanno a finire questi campionati e cosa accade nella squadra.

Il campanello d’allarme è suonato, anzi se vogliamo ha già cominciato a squillare nel secondo tempo di Piacenza. Occorre fare qualcosa e subito possibilmente.

Polito sta gettando le basi per un Bari da promozione entro tre anni coi prestiti e con i giovani, ma la realtà dice che ci sono moltissimi limiti che, ad occhio, sarà difficile limare, senza dimenticare il fantasma di Edjouma, quello di Aramu, l’inaffidabilità di Zuzek, l’approssimazione di Acampora, l’effervescenza di Dorval, la difesa che ormai prende tre gol a partita e se non ne prende tre almeno uno lo becca, con la vecchia guardia che, ormai, non incide più (Benali e Maita, tanto per fare due nomi) ed un attacco spuntato con Diaw per cui abbiamo capito che dovrà sopravvivere con problemi muscolari (ma non si poteva prevederlo? Nessuno, prima di prenderlo, si è preoccupato di saperne di più del suo stato precario? Le visite mediche a che servono? Solo per un elettrocardiogramma e per i prelievi e per i tamponi covid?). Il sospetto è che dovremmo abituarci con questi infortuni, un po’ alla Barreto e alla sua nota fragilità muscolare solo che Barreto faceva venti gol. Nasti è maledettamente troppo solo e fa quel che può, lui che ha la stoffa del centravanti e che sicuramente farà carriera ma che è, ovviamente, in prestito secco, Sibilli che è l’unico a fare la differenza ma poi si spegne. Su Achik e Akpa Chucku è bene non illudersi più di tanto perché son troppo giovani e ancora acerbi. Insomma, qui o si fa il Bari o si muore.

Barba non facit philosophum”, ovvero “la barba non fa il filosofo”, scriveva Plutarco.

Verrebbe da riportare la famosa frase del Gattopardo: “Tutto cambia perché nulla cambi” Ovvero, se cambia tutto esteriormente tutto rimane com’è, se tutto rimane com’è, tutto può cambiare interiormente. Inulti altre parole.

Massimo Longo

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