Il poverello e il gesuita

Senza categoria

Di

Il mio nome? Lo devo al Santo di Assisi, vorrei una Chiesa povera per i poveri.

San Francesco è la “visibilità” del Vangelo, ma Bergoglio nei fatti è proprio l’opposto!

Questa analogia tra San Francesco e Papa Francesco dovrebbe, nei veri credenti ed osservanti, destare un profondo senso di profanazione e far porre nella giusta dimensione il fatto che non si può né credere e né pensare che la nostra rinascita si possa concretizzare oltre che attraverso il Vangelo di Gesù anche soggiornando fra le mura di Santa Marta.  Professare la fede sul trono di Pietro non significa assoggettarsi al male minore restando pur sempre nella ricchezza, perché farlo certamente prende le distanze dal nepotismo, dalla lussuria, dall’incesto, dalle torture e dagli omicidi politici di Papa Borgia, ma sicuramente in alcun modo avvicina alla povertà, all’umiltà, alla sapienza, alla semplicità, alla carità, all’obbedienza ed all’amore per il Creato di Francesco di Assisi. Va ricordato che il Poverello di Assisi, nato Giovanni di Pietro di Bernardone, spogliatosi di ogni avere e di ogni vestito, scelse di consacrarsi a Dio vivendo in assoluta povertà a stretto contatto con la natura.  Pensare di poter accostare la figura di un qualunque  Papa a Francesco di Assisi è una vera e propria offesa blasfema. La scelta di Bergoglio di non voler vivere negli appartamenti papali, ma nell’elegante suite, numero 201, della Domus Sanctae Martha è stata dettata dall’esclusivo motivo di non voler sentirsi solo, ma di essere circondato sempre da persone. Essendo Santa Marta un Hotel ecclesiastico diviso su quattro piani, che può contenere tuttora fino a 130 cardinali e vescovi in visita a Roma, è di fatto l’habitat perfetto individuato a suo tempo dal Pontefice.

Nella promozione pastorale della povertà, attribuita a questa scelta di Bergoglio fino a riconoscere perfino “un sigillo indelebile al suo pontificato ed una impronta per tutti, segnata dalla povertà evangelica e dalla semplicità francescana”, si concretezza la vera mortificazione al sacro. La semplicità e la povertà di Francesco di Assisi si realizzano nella scelta di vivere in povertà nella  Porziuncola  e non sicuramente  nella scelta di Bergoglio di dimorare a Santa Marta. Rifiutare di alloggiare all’Emiratas Palace di Abu Dhabi, preferendo il Plaza di Roma non sembra proprio essere un sacrificio degno di nota. Tutt’altro sarebbe stato qualora Bergoglio avesse scelto di vivere in una tenda condivisa con un mendicante nei Giardini Vaticani.

E’ il concetto di povertà che manca e probabilmente anche quello di Dio!

Qualcuno dirà, ma questi concetti mancano a tutti, ma ci sarà chi farà giustamente notare che questa è una prerogativa che spetta a chi si consacra a Dio attraverso la promessa obbligante dei Voti. Visitare gli interni di Santa Marta aiuterebbe molto a capire di cosa stiamo parlando e ci vorrebbero i sali per far rinvenire quel devoto credulone che si aspetta di trovare in quella dimora un ambiente tipo dormitorio della Caratis. Per verificare l’assoluta mancanza di qualsivoglia parallelismo con il Poverello di  Assisi ed a riprova della più che evidente incongruità dell’accostamento, anche di pensiero oltre che di professione della fede, basta soffermarsi sull’enorme contraddizione contenuta nella frase di Bergoglio: “chi ama gli animali non ama i bambini”.  Un concetto errato e divisivo che riconduce la figura di Francesco di Assisi, il santo povero, l’uomo che camminava a piedi scalzi e coperto di umili panni, ad un delirante, allucinato  perdigiorno che trascorreva il proprio tempo ad ammansire il lupo di Gubbio, a scrivere il Cantico delle Creature, a predicare agli uccelli ed a qualunque altro animale disposto ad ascoltarlo. Non c’è comunque da meravigliarsi perché, anche se dal punto di vista della fede i Vangeli non sono cambiati, così come i capisaldi della dottrina, si può affermare con certezza che nemmeno in Vaticano nulla è cambiato, il lusso, lo sfarzo, i vizi ed il potere restano quelli che il Poverello di Assisi ha trovato nella Santa sede già nel 1210. Certamente bisogna riconoscere e premiare i due elementi portanti di questo tipo di fede, che si palesano con la secolare costanza del Vaticano nel promuovere la carità vivendo nel lusso e la profonda stoltezza dei fedeli nel continuare a dar credito, forza e denaro a chi di fatto potrebbe non essere proprio deputato a rappresentare Cristo, trascurando il contatto diretto con chi ha bisogno, anche solo di una carezza. Ma purtroppo, “La vita è come la messa della Domenica. La gente ci va per abitudine o per scrupolo. Ascolta distratta le parole del prete, si fa il Segno della Croce perché vede farlo agli altri, non capisce il significato dei Vangeli e aspetta con ansia la benedizione finale per correre a casa dove è pronto il pranzo della festa con il bollito misto. (Romano Battaglia)”

Ci ritroviamo al cospetto di un uomo ricoperto di bianco sopra una tunica nera, probabilmente  ignaro del fatto che amare vuol dire immedesimarsi, capire, ascoltare qualsiasi forma di vita nel Creato, che l’amore per la vita è una ginnastica quotidiana che non è mai divisiva ed arricchisce senza mai impoverire l’anima e soprattutto che un animale è quella Creatura di Dio che per tanti significa amore, per molti aiuto e per troppi sventuratamente salvezza. La risposta arriva proprio da lui, da Francesco da Assisi: “Se avete uomini che escluderanno una qualsiasi delle creature di Dio dal rifugio della compassione e della pietà, avrete uomini che trattano nello stesso modo i simili”.

Bergoglio è quell’uomo che in nome di Dio si è spazientito, ha sgridato e poi successivamente deriso, nel suo intervento agli Stati Generali della Natività, una credente che gli aveva chiesto di benedire il suo cagnolino contenuto nella borsa, ma che, in una differente occasione, non ha esitato a benedire una lussuosa Lamborghini che gli era stata donata, cosa ben lontana dall’indirizzo spirituale di Francesco di Assisi. Chiaramente Bergoglio, dal Soglio Pontificio, difficilmente può dar peso  a quanto un gatto possa curare la depressione di un anziano solo, a quanto un cucciolo possa aiutare un bambino infelice, a quanto un cane possa essere d’aiuto all’autostima di una persona disabile, a quanto un cane possa essere di aiuto per attenuare il dolore di una disgrazia. Questo Papa non potrà mai  immedesimarsi in queste storie di vite che non possono essere risolte attraverso la procreazione o l’adozione di un bambino.  Potrà mai sentenziare serenamente sullo spreco che determina la fame nel mondo, chi vive tra mura dorate che proteggono 60.350 tonnellate di oro,? Bergoglio incautamente, ancor prima di aprire bocca, spesso non si sofferma a riflettere sul fatto che lo IOR (Istituto per le Opere Religiose) amministra un patrimonio della Chiesa pari ad oltre 2mila miliardi, fra disponibilità finanziaria della Santa Sede,  della città del Vaticano, fra parte mobiliare ed immobiliare nel mondo, compresi ospedali, università e scuole, il tutto di sua esclusiva proprietà. (Fonte Il Sole 24 ore).

“Una Chiesa povera e per i poveri, per questo mi chiamo Francesco, come Francesco da Assisi”, racconta Jorge Mario Bergoglio, quasi come se quello che si vive da sempre fra le mura gli fosse del tutto estraneo. Eppure sia da vescovo che da cardinale aveva spesso alloggiato proprio a Santa Marta, frequentando il Vaticano e quella Chiesa dove i cardinali vivono da secoli nei super attici di lusso di settecento metri quadri, come quelli di Palazzo San Carlo, proprio accanto a Casa Santa Marta, la residenza scelta da lui e che non ha nulla da invidiare agli edifici vicini.

Per Bergoglio sarà sicuramente una sofferenza immane dover pensare che la Chiesa, da lui stesso rappresentata ormai da un bel pò di anni, oltre ad essere ben lontana dalla povertà tanta agognata, continui a sprecare più di cinque milioni all’anno in spot televisivi per l’8 per mille,  per accaparrarsi quel denaro che in ogni caso sarebbe destinato per beneficienza ad altre istituzioni religiose. Una  profana e vera corsa all’oro con in palio una consistente montagna di soldi, di cui ovviamente i più devoti sono certi della bontà e del morigerato e parco loro impiego.

Qualcuno ha scritto al Papa richiamando l’attenzione sul fatto che con i circa cinque milioni pagati alla Rai ed a Mediaset, per la pubblicità sulle opere della Chiesa con il ricavato dell’otto per mille, si sarebbe potuto dare un grande aiuto ai bambini che muoiono di fame, ma purtroppo parlare al vento non porta frutto. In tutto questo mare di denaro ed oro, in merito all’impegno sociale, torna utile precisare che le opere della Caritas sono possibili grazie all’erogazione dei contributi dei benefattori e che in poche parole la Caritas esiste solo perché i cittadini la sostengono. In ultimo fra le tante riflessioni su  questa chiesa da sempre troppo vicina ai “cambiavalute” seduti al banco, che Gesù cacciò fuori dal Tempio rovesciando i loro tavoli, è forse giusto richiamare, a proposito delle corse all’oro, dello sfarzo, dello spreco e del lusso in Vaticano, il monito usato in altro contesto da Bergoglio: “sono scene del presente: ma se le cose vanno così, sarà l’abitudine del futuro. Stiamo attenti.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube