“Luce”, il tour: canta Fiorella Mannoia, suona Danilo Rea

Lazio

Di

Il tour Mannoia-Rea, che ha fatto tappa all’Auditorium Parco della Musica di Roma, si chiama “Luce”. E in effetti la luce, sprigionata dalla voce meravigliosamente “sporca” della Mannoia e dalle contaminazioni jazz divinamente “sacrileghe” di Rea, si diffonde in ogni dove. Luce, se non altro per le decine di candele sul palco, che non sono le “candele nelle processioni”, ma che creano un’atmosfera da teatro elisabettiano, che sfrangono gli argini del tempo e strappano l’imene della memoria e ti rivedi bambino, in un punto desolato del profondo sud, nei cupi pomeriggi d’inverno, a ripetere le poesie di Rodari a lume di candela perché la luce elettrica, chissà perché, appena fatto buio, saltava e se ne riparlava il giorno dopo… forse!

Luce, dunque, e felicità. Gioia che sgorga dal connubio miracoloso piano-voce e perché dall’alto, questa ben ordinata e simmetrica distesa di riverberi tremolanti, prende la forma di uno smile, che nel linguaggio dei social e di whatsapp, è la rappresentazione stilizzata del sorriso e della felicità, appunto, o di una mezzaluna crescente, simbolo molto femminile e sottilmente evocativo.

Il concerto scorre via dolce e pastoso come un bicchierino di rosolio tra un Danilo Rea ispirato come una baccante, che inchioda il pubblico dell’Auditorium con un quarto d’ora di assolo, facendolo viaggiare in un  medley quasi psichedelico di capolavori, da “With Or Without You” degli U2 a Il pescatore”, “La canzone di Marinella”, “La canzone dell’amore perduto”, “Bocca di Rosa” di Fabrizio De André, le colonne sonore più suggestive, i Beatles… e la Mannoia che, avvolta in un lungo abito rosso a sirena, come una sirena si insinua nell’animo degli spettatori di ogni ordine e grado e balla e si muove e, l’esatto opposto del “dai e dai delle meretrici”, ondeggia scalza su un morbido e spesso tappeto. Non sappiamo perché stia a piedi nudi. Magari, visto che “Luce” è un omaggio al meglio del cantautorato e della musica italiana ed internazionale, è per celebrare Sandie Shaw (pseudonimo di Sandra Ann Goodrich), tra le più famose vocalist britanniche degli anni Sessanta, soprannominata la cantante scalza per la sua abitudine di esibirsi sul palco a piedi nudi, e nota anche per il suo attivismo sociale e politico? Forse perché, come Beethoven che, sordastro, componeva grazie alla percezione delle vibrazioni, anche la Mannoia sente le vibrazioni del pioppo, che è il legno di cui sono fatte le tavole dei migliori palcoscenici, così come il fondo delle viole di Stradivari? D’altra parte, “il pensare divide, il sentire unisce”. Forse perché, molto più semplicemente, così sta più comoda? Chissà… Ricordi, nostalgie generate dalle suggestioni dei chiaroscuri, delle ombre evocate dalle candele, proiezioni stilizzate delle nostre angosce sulle quinte della cavea dell’Auditorium, pacificate dalle inflessioni jazzistiche di Rea e dal timbro caldo e rotondo, che ne enfatizza il registro grave, proprio come quello di una viola, di ispirazione autentica,  della Mannoia.

La Mannoia che ti insegue con le sue domande scalze, con la sua richiesta (innocente come un piccolo fiore, ma incalzante come una “combattente” cui “la vita ha smussato gli angoli e ha tolto qualche asperità”) di risposte senza parentesi perché vuole sapere. Anche noi vorremmo sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. E le risposte ce le fornisce sempre Fiorella, che non sa darsi pace, e le cose sia come interprete sia come donna te le dice e ci fa capire che noi veniamo dal grembo della madre, della madre terra, dell’universo e che lì ri-torneremo. E ci spiega anche, con forza ma senza arroganza, sul finale del finale, con un doppio bis magistrale e graffiante, che noi siamo i boia, gli assassini di “una nessuna centomila” donne. Siamo i figli degeneri di un’umanità che uccide la propria madre e che per questo non sa più da dove viene e non sa più dove tornare e vaga disperata come spettri senza dio. Anche se poi ci consola ricordandoci che “per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta” e che “per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta”.

Alla voce Fiorella Mannoia, al piano Danilo Rea.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube