L’ostaggio liberato da Hamas: “Ho attraversato l’inferno”

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Sequestrata a 85 anni da uomini armati che hanno fatto irruzione nel suo kibbutz, la donna è stata picchiata e trasferita nella Striscia di Gaza dove è rimasta in prigionia per due settimane

AGI – Ha vissuto un inferno dal quale non pensava che sarebbe mai tornata: sequestrata a 85 anni da uomini armati che hanno fatto irruzione nel suo kibbutz, picchiata e trasferita nella Striscia di Gaza dove è rimasta in prigionia per due settimane nel’immensa rete di cunicoli che si sviluppa nelle viscere dell’enclave palestinese.

Yocheved Lifshitz è stata liberata ieri sera e dall’ospedale Ichilov di Tel Aviv ha raccontato il suo “incubo” che ancora vivono gli oltre 200 ostaggi nella mani del Movimento islamico. Lì, nella Striscia, c’è ancora il marito Oded, 83 anni: entrambi attivisti per la pace, per anni hanno aiutato i palestinesi malati di Gaza a ricevere cure in Israele, trasportandoli dal valico di Erez agli ospedali.

Ho attraversato un inferno al quale non pensavo che sarei sopravvissuta. Non pensavo che saremmo arrivati fin qui”, ha riferito, ricordando quei momenti terribili quando i terroristi di Hamas hanno “fatto saltare in aria la recinzione elettronica, quella recinzione speciale la cui costruzione è costata 2,5 miliardi di dollari ma non è servita a nulla”.

“Hanno assalito le nostre case, picchiato la gente, preso ostaggi, non facevano distinzione tra giovani e anziani”, ha proseguito, dicendo di essere stata caricata su una motocicletta e colpita con dei bastoni durante il trasferimento verso la Striscia, facendole male alle costole tanto da avere problemi a respirare.

“Ci hanno portato fino all’ingresso dei tunnel e abbiamo camminato per chilometri, c’è un gigantesco sistema di tunnel, come ragnatele. Quando siamo arrivati lì ci hanno detto che credono nel Corano, che non ci avrebbero fatto del male e che avremmo vissuto come loro nei tunnel. Dopo alcune ore di cammino abbiamo raggiunto uno spazio con 25 persone dentro e ci hanno diviso in base al nostro kibbut di residenza. Da Nir Oz eravamo in cinque. Ci sorvegliavano da vicino”, ha continuato a raccontare l’85enne, sottolineando che sono state fornite cure mediche, a lei come ad altri ostaggi che ne avevano bisogno, con “un dottore ogni due o tre giorni”.

Secondo il suo racconto, i sequestrati erano trattati bene e i rapitori erano amichevoli: “Eravamo sdraiati su materassi, si assicuravano che tutto fosse igienico, che non ci ammalassimo. Hanno pulito i nostri bagni, con il disinfettante, così non avremmo preso malattie, erano preoccupati per un’epidemia. Si assicuravano che mangiassimo, lo stesso cibo che mangiavano loro: pita con formaggio bianco e cetrioli”.

“Ci hanno trattato con gentilezza e si sono presi cura di noi. Erano pronti per questo, si stavano preparando da un po’, avevano tutto ciò di cui donne e uomini avrebbero avuto bisogno. Anche shampoo e balsamo”.

L’85enne, liberata ieri insieme alla 79enne Nurit Cooper, ha attaccato il governo, che ha “abbandonato” le comunità intorno a Gaza settimane prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, e le forze di sicurezza, che erano completamente all’oscuro di quanto stava per accadere: “Tre settimane fa, masse di gente sono arrivate alla recinzione” al confine ma “le forze armate non hanno preso la cosa sul serio. Siamo stati lasciati a noi stessi. Eravamo il capro espiatorio”.

© Erik Marmor / AFP
– Yocheved Lifshitz, 85 anni

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