“Dagghene di nummi!” – La complessità sociologica

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Natalino Codatozza svela il potere della semantica proverbiale nell’affrontare casi clinici sociologici intricati

In un mondo dominato da discorsi confusi e neologismi, Natalino Codatozza ci guida attraverso l’uso della semantica proverbiale, con l’invito implicito a “Dagghene di nummi!” – lasciar perdere i giri retorici e concentrarsi su argomentazioni chiare e dirette. Questo approccio, seppur in tono scherzoso, ci ricorda l’importanza di mantenere una logica improbabile sotto controllo, affrontando le opinioni espresse in modo apodittico da “esperti”.

Ecco il testo di Natalino Codatozza (lettore critico):

La semantica proverbiale come approccio antidotico a casi clinici sociologici.

Ho già scritto in altre occasioni ricorrendo alla forza delle espressioni dialettali per evidenziare i caratteri fondamentali, ma all’apparenza poco evidenti, di certi scritti complicati al limite dell’astrusità ed ulteriormente confusi da labirintici riferimenti e da neologismi che appaiono messi lì per dare peso all’opinione di chi li produce. “Dagghene di nummi!…”- “Dagliene dei nomi!…” è la locuzione polirematica che nel dialetto genovese si utilizza di fronte al tergiversare attorno a un tema; è l’invito sottinteso a lasciar perdere che si rivolge a chi insiste nella politica del disco rotto dopo che si è annusato l’ odore della tautologia. Questa espressione viene utilizzata di solito per indicare bonariamente all’interlocutore che le sue reiterazioni sono state rilevate e sarebbe il caso, volendo andare avanti, di addurre altre argomentazioni, ma in certi casi la pretenziosità di chi scrive è tale da impedirgli di ricevere qualsiasi segnale al di fuori dalla propria lunghezza d’onda assolutamente privata.
In altri commenti ad articoli con caratteristiche simili a quelle descritte all’inizio i toni della critica, satirici e più o meno faceti, ci avevano portati sino al mitico “regno del Prete Gianni”, seguendo i calembours di una disputa culinaria fatta di ”Cime” e di tortelli. Per ritornare all’intenzione dichiarata nelle prime righe e restando nell’immaginaria cornice per amor di goliardia, voglio riferirmi ad una vicenda risalente ormai ad un secolo or sono: certe asserzioni riferite a fatti (πραγμα) narrati come esperienze dirette e pubblicate in un racconto (romanzo proposto come effettiva cronaca di viaggio) furono riprese ed inserite in un contesto sincretistico per contribuire ad alimentare una costruzione ideologica che ancora oggi sussiste ed ha, in certi ambienti, dato luogo a pericolose degenerazioni. È il caso del libro di Ferdynand Ossendowski con il suo “ bestie uomini e dei”, ripreso da René Guénon come occasione per la stesura del suo panphlet “ il re del mondo”. Prendo a pretesto questo fatto perché il “mito del Prete Gianni” e l’appellativo di “ re del mondo” si riferirebbero, secondo l’interpretazione del Guénon (data ex cathedra come avviene sempre negli articoli di cui si sta trattando), ad un unico e reale personaggio, capo di una gerarchia suprema ed occulta. Nel nostro caso, è chiaro, non stiamo parlando di intellettuali dello spessore di quelli citati, la portata di certe tesi e la rilevanza sociale che possono avere è trascurabile, ma la sicumera con cui sono propugnate e “ l’ estrema mediatizzazione” in atto nel presente con la conseguente possibilità di ottenere un’amplificazione immediata ed estesa, può portare alla ribalta qualunque opinione. Mi auguro che quanto scrivo, nel solco di una logica improbabile e mantenendo un tono di scherzo, funga da contraltare riportando a dimensioni reali quanto asserito in tono apodittico da certi “esperti”.
La semantica proverbiale come approccio antidotico a casi clinici sociologici.

Tags: Natalino Codatozza

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