Chi è Mohammed Deif, la mente dell’attacco a Israele

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È l’uomo più ricercato del Paese. Scampato a numerosi tentativi per ucciderlo, nel 2014 la sua casa è stata bombardata ma lui è riuscito a fuggire

AGI – “Sarà l’11 settembre di Israele“. Questa la frase con cui Mohammed Deif ha annunciato ai propri uomini il piano per colpire a sorpresa lo stato ebraico. Deif è considerato la mente dietro l’attacco partito il 7 ottobre scorso, il primo nome sulla lista dei ricercati di Israele. Un uomo che ha perso moglie e figli ed è costretto da 20 anni su una sedia a rotelle. Lo stesso uomo che pochi giorni fa, con un audiomessaggio, ha dato il via all’operazione che sta incendiando il Medio Oriente.

“Siamo decisi a porre fine alle politiche con cui America e Occidente calpestano il diritto internazionale, alla follia di questa occupazione, ai continui crimini commessi nei confronti del nostro popolo. Facciamo capire al nostro nemico che non potrà più andare avanti senza pagare il conto per le proprie azioni”. Un messaggio diffuso con voce calma e decisa da quello che viene considerato uno dei capi di Hamas più influenti, il vertice dell’ala militare del gruppo, le brigate Izzedin el-Kassam.

E che Deif sia l’esponente di punta dell’organizzazione terroristica palestinese è confermato dal fatto che negli ultimi 12 mesi i servizi segreti israeliani abbiano pianificato cinque diversi piani per ucciderlo. Tentativi andati a vuoto, ma costati la vita alla moglie e ai figli del capo di Hamas. Un episodio che ha aumentato la rabbia di un uomo della cui vita si conoscono ben pochi elementi, emersi pezzo per pezzo da dossier dell’esercito israeliano finiti sui media israeliani.

Nato nel campo profughi di Khan Younes negli anni ’60, ai tempi in cui Gaza era sotto controllo egiziano, il suo vero nome è Mohammed Diab Ibrahim el Masri. Il padre e lo zio erano tra i miliziani palestinesi che negli anni ’50 si infiltravano in Israele. Il giovane Mohammed studia presso l’università islamica di Gaza dove si avvicina ai Fratelli Musulmani e inizia a prendere parte a manifestazioni contro lo stato ebraico e a scontri con le forze di sicurezza, che lo arrestano più volte.

Da giovane detenuto conosce Gazi Hamad, una delle figure più influenti ai tempi in cui il peso di Hamas nella Striscia di Gaza si andava consolidando. Il giovane Mohammed rimane rapito e sposa in pieno la filosofia dell’organizzazione. Uscito dal carcere, scala gradualmente le posizioni all’interno del gruppo terroristico pianificando attentati che nel 1996 costano la vita a più di 50 cittadini israeliani e contribuiscono a mandare a monte gli accordi conclusi tre anni prima a Oslo. Accordi conclusi da Yasser Arafat che però Hamas non ha mai accettato.

Israele intensifica l’embargo su Gaza e Mohammed Deif si concentra su nuove tecnologie che permettano di colpire lo stato ebraico. Trova il modo di creare ordigni di piccole dimensioni che esplodono in autobus delle città israeliane e produrre razzi per ovviare alle difficoltà di far entrare armi dai tunnel che l’esercito israeliano distrugge sistematicamente. Tecnologie che Deif sviluppa grazie all’apporto di un’altra figura storica della resistenza palestinese, Yahya Ayyash, conosciuto non a caso come “l’ingegnere”.

Un curriculum che ha fatto balzare Deif in cima alla lista dei ricercati già dieci anni fa. Tuttavia i servizi segreti dello stato ebraico gli danno la caccia da molto prima. Risale a 20 anni fa la notizia della sua uccisione in un raid aereo. Ma la soddisfazione del Mossad è presto smorzata: Deif ha perso le gambe ma è ancora vivo e pronto a lottare contro Israele anche da una sedia a rotelle. Un episodio che contribuisce ad accrescerne il mito all’interno della resistenza palestinese, con i giovani che iniziano a venerarlo come una divinità.

Disinteressato alla politica e alla lotta con Al Fatah, negli ultimi anni ha gradualmente imposto la propria dottrina: Israele va combattuto nei territori occupati illegalmente, le brigate Izzedin Al Qassam devono essere composte da soli palestinesi, è necessario creare un apparato che consenta di produrre armi e razzi direttamente a Gaza, senza bisogno di importarli. Un sistema messo su, secondo Israele, con i fondi del Qatar, che ha consentito alla guerriglia palestinese di produrre il primo drone nel 2014, ma anche di far crescere una ‘industria’ che ha dato da mangiare a tantissime persone negli anni.

Nei messaggi emanati prima del conflitto Deif ha messo in risalto la debolezza del governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che con la violenza ha cercato di nascondere le crepe di un’opinione pubblica spaccata. Per Mohammed Deif era arrivato il momento di colpire e Hamas lo ha seguito senza esitazioni.

FOTO © HO / AFP
– Il leader di Hamas Mohammed Deif

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