La notte della ricerca e dei ricercatori

Arte, Cultura & Società

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Ritorna questa notte l’evento promosso dalla Commissione Europea, che fin dal 2005 coinvolge migliaia di ricercatori e istituzioni in tutti i paesi UE con l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica.

Due giornate, questa notte e la prossima,  ricche di eventi per avvicinare i cittadini al mondo della ricerca, scoprire le risultati e attività condotte in tutti i campi della scienza attraverso talk, spettacoli, giochi, esperimenti.

Obiettivi condivisibili ma che evitano la discussione fondamentale in Italia, rappresentata dal sistema della ricerca e dell’innovazione.

 Settore questo dove Università, Enti pubblici di ricerca e imprese si collocano nella parte bassa della classifica internazionale a causa dei finanziamenti.

 Situazione questa che si ripete da decenni e nessun passo avanti si riscontra affinché il Paese possa misurarsi nella dura competizione internazionale.

Cambiano i governi ma nessuna discontinuità si riscontra.

Non si è compreso o si rifiuta di comprendere che il futuro di questo Paese che cresce sempre poco, che ha un valore del PIL oggi quasi pari a quello che aveva nel 2008 risiede solo su ricerca scientifica ed educazione al fine di modificare la specializzazione produttiva del sistema paese e puntare sulla produzione di merci e di servizi ad alto tasso di conoscenza aggiunto.

Nessun dibattito, punto qualificante programmatico delle formazioni politiche ha mai riguardato il cambiamento di specializzazione produttiva.

 La classe dirigente ha sempre accettato che il sistema fondato sul dumping sociale (bassi stipendi, meno diritti dei lavoratori) potesse preservare lo status quo.

Una scelta perdente da ogni punto di vista. IL cambiamento di specializzazione produttiva non avviene con le solo forze di mercato ma occorre l’intervento dello stato che guidi e investa nell’innovazione.

Oggi l’economia che traina ,a livello globale è quella denominata “della conoscenza”.

IL maggiore valore aggiunto è dato dalle merci che incorporano soprattutto il valore della conoscenza.

Un esempio chiarirà l’affermazione: i nostri smartphone avrebbero un valore bassissimo se fossero valutati solo per il lavoro e le materie prime contenute. Costano molto per la conoscenza altissima di tecnologia digitale che contengono.

Eppure combinando i dati di spesa per ricerca e sviluppo e produzione scientifica totale l’Italia, nonostante i valori estremamente bassi di spesa, riesca ad avere una elevata produttività scientifica. L’Italia spende in Ricerca & Sviluppo 1,47% del PIL, valore tra i più bassi in Europa.

Spesa che rappresenta un indicatore della capacità d’innovazione di un Paese. La ricerca del settore pubblico definita“ di base” perché ha come obiettivo l’avanzamento della conoscenza. Lo Stato ha investito lo 0,19% e le imprese l’1,28%

 Sul piano educativo il 27,9% degli italiani compresi tra i 24 e i 35 anni  possiede una laurea collocandoci al penultimo posto tra i paesi OCSE.

Ai primi posti Corea del Sud con il 70%, Canada 63%, Giappone 62%.

Meglio dell’Italia fanno Ungheria, Columbia, Costa Rica!

 Anche nella classifica della UE a 28 l’Italia si colloca al penultimo posto.

 I finanziamenti pubblici  sono divisi in ricerca di base 0,32% e ricerca applicata 0,18%

che in termini assoluti corrispondevano nel 2020 a un investimento statale di 9,3 miliardi di euro (

6 circa in ricerca di base e 3 in ricerca applicata).

La Germania investe 30 miliardi di euro pubblici in ricerca (l’1% del  PIL), la Francia 18 miliardi (

0,75%), e dal loro settore privato arrivano rispettivamente investimenti pari al 2,1% e all’1,4% del PIL.

Le differenze colpiscono ancora di più quando si confronta l’investimento in ricerca pubblica fatto per ogni cittadino: in Italia 150 euro/anno da confrontare con i 250 euro/anno della Francia e i 400 euro/anno della Germania.

 La stessa distanza si misura guardando al numero di ricercatori per numero di abitanti: in Italia sono circa 6 ogni 1000, mentre la media OCSE è  9.

Esisteva un Piano  Amaldi che sottolineava le ragioni per classificare come avanzato un Paese e risiedono tutte nell’investimento in R & S specialmente quella di base, e proponeva cogliendo l’opportunità del PNRR di raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo fino al 2026.

 Proposta caduta nel vuoto.

 Su questi aspetti avrei fatto la notte della ricerca e dei ricercatori italiani.

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