Processo Grillo, quell’amicizia rotta dalla violenza di gruppo

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L’amica della vittima, che accusa il figlio del garante del M5S e i suoi amici genovesi, si allontanò dalla ragazza, ma non ha rifiutato di testimoniare nel procedimento penale in corso

AGI – Un trauma che ha travolto le vite di due ragazze, sottoposte a una pressione mediatica enorme e a quella vittimizzazione secondaria che spesso accompagna le denunce di violenza sessuale, al punto da spezzare la loro amicizia. ‘Silvia’ e ‘Roberta’ sono i nomi di fantasia delle due studentesse che accusano di violenza sessuale Ciro Grillo, figlio del fondatore del M5S, Beppe, e i suoi tre amici genovesi Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria, durante una vacanza in Costa Smeralda, nel luglio 2019.

La prima, principale accusatrice, deporrà per la prima volta fra il 7 e l’8 novembre al processo in corso a porte chiuse nel tribunale sardo di Tempio Pausania da circa un anno. La seconda ha concluso stamane la sua testimonianza, in cui, a tratti commossa, ha ricostruito – con l’aiuto dei verbali quando i ricordi si sono fatti appannati a distanza di 4 anni – quanto accaduto nella notte fra il 16 e il 17 luglio 2019 nella casa in uso alla famiglia Grillo a Porto Cervo, dove le due giovani avevano seguito i quattro amici genovesi conosciuti la sera prima al ‘Billionnaire’.

‘Roberta’, che trascorse quella notte a dormire sul divano, dopo una cena consumata con gli altri, ha confermato che l’amica le confidò piangendo di essere stata violentata da tutti e quattro gli imputati e ha ricostruito il meccanismo che avrebbe portato ‘Silvia’ a comportarsi in modo apparentemente normale nei giorni successivi come per proteggersi dall’accaduto, accantonandolo. La teste ha anche confermato, in un momento in cui si era svegliata, di aver sentito Grillo dire a voce alta: ‘Io me la sono portata a casa perché me la volevo s…, invece se la sta s…lui’, con riferimento a Corsiglia.

Nel suo racconto nessuno era davvero ubriaco anche se la comitiva aveva bevuto un po’ “come capita in una serata in discoteca”, ha riferito l’avvocata che con Gennaro Velle difende Corsiglia, Antonella Cuccureddu, dopo l’udienza di oggi. “Tutti erano assolutamente consapevoli di quello che facevano e lucidi”.

In altre parole, a suo dire non erano del tutto sobri ma mantenevano il controllo. Le due amiche si sono poi allontanate, mesi dopo quella drammatica vacanza, e ‘Roberta’ in aula, difesa dagli avvocati Vinicio Nardo e Fiammetta Di Stefano, ne ha spiegato le ragioni. “Ha detto che la situazione di stress procuratale dai giornali, dalle notizie di stampa che la coinvolgevano, dall’essere continuamente chiamata dai giornalisti, ha incrinato il rapporto tra loro”, ha aggiunto Cuccureddu, “perché lei si è sentita coinvolta in qualcosa che in quel momento riteneva che non la riguardasse”.

L’amicizia è finita nella primavera del 2020, poco prima che arrivasse la chiamata del pm di Tempio Pausania che stava conducendo le indagini, dopo la denuncia presentata da ‘Silvia’ al rientro a Milano. Solo dopo un anno ‘Roberta’ è venuta a conoscenza che, a sua insaputa, tre dei quattro ragazzi (Corsiglia è estraneo al fatto) avevano girato immagini oscene davanti a lei mentre dormiva quella notte di luglio. “Foto che l’hanno fatta sentire svilita”, ha spiegato uno dei suoi difensori.

In aula ieri è stato letto un messaggio che la ragazza inviò all’amica, quando si è accorta della distanza che cresceva fra loro: “Mi dispiace se non mi sono saputa comportare. Non ho capito nulla di quella notte”. La fine dell’amicizia, che non ha retto alla pressione seguita alla denuncia e al procedimento giudiziario, non ha, però, fatto venir meno la solidarietà fra le due giovani.

foto ©  Facebook – Ciro Grillo

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