Dopo il golpe la situazione in Niger è ancora incerta

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L’azione diplomatica, in Africa e in Europa, punta a scongiurare un intervento armato nel Paese che rischierebbe di infiammare tutta l’Africa occidentale

AGI – Nelle ultime ore si sono succedute diverse proposte di transizione rivolte al regime di Niamey: l’azione diplomatica punta a scongiurare un intervento armato nel Paese che rischierebbe di infiammare tutta l’Africa occidentale. Di questo sono consapevoli sia i leader africani sia i ministri degli Esteri dell’Unione europea che, infatti, invocano prudenza.

Le proposte di transizione, formulate da Algeria e Nigeria, per ora rimangono lettera morta. Ecowas ribadisce invece che la soluzione è il ripristino dell’ordine costituzionale e la reintegrazione del deposto presidente Mohamed Bazoum.

Più che una proposta, quella del presidente nigeriano Bola Tinubu, che è anche l’attuale presidente dell’Ecowas, è un suggerimento che Tinubu avrebbe espresso ricevendo presso la State House di Abuja una delegazione guidata dal sultano di Sokoto, Muhammad Saad Abubakar III, personalità molto influente anche in Niger.

Gli scenari politici ed economici

All’inizio della settimana, l’Algeria, un altro influente vicino del Niger, era stata ancora più specifica nell’offrire al regime militare un “piano di transizione di sei mesi” sotto la supervisione di una “autorita’ civile”. Per il momento, i generali al potere a Niamey non hanno reagito a queste proposte e il loro unico intervento sull’argomento risale al 19 agosto, quando il nuovo uomo forte del Paese, il generale Abdourahamane Thiani, aveva indicato di volere una transizione da tre anni al massimo.

Molti la giudicano poco credibile, o troppo lunga: ci sono precedenti, dopo i colpi di stato in Mali e Burkina Faso, ma anche in Guinea, in cui le transizioni annunciate si sono allungate nel tempo, allontanando il ritorno dell’ordine democratico. C’è poi la questione della tensione con la Francia, ex potenza coloniale e partner del Niger soprattutto nella lotta anti-jihadista e con numerosi interessi economici nel paese.

Le autorità hanno revocato l’immunità e il visto diplomatico all’ambasciatore francese e hanno annunciato l’intenzione di espellerlo in una lettera inviata martedì a Parigi. Venerdì scorso avevano inizialmente concesso 48 ore a Sylvain Itté per lasciare il territorio, ma l’ultimatum è stato respinto da Parigi.

La giunta militare continua a fare molta pressione sull’ambasciata, tanto che, secondo testimonianze raccolte sul luogo, le auto in uscita dall’ambasciata francese sono state sistematicamente perquisite dalla polizia. Il nuovo ultimatum potrebbe scadere nel fine settimana, e le autorità militari hanno minacciato di espellere l’ambasciatore in maniera coatta; cosa che, ha avvertito Parigi, potrebbe provocare una risposta militare.

Le reazioni interne

La tensione cresce anche nelle piazze: l’M62, una coalizione della società civile contraria alla presenza militare francese, ha lanciato un appello per un “sit-in popolare” nel centro di Niamey, già a partire da oggi e per tutto il fine settimana, per chiedere la “partenza delle forze francesi”. Un’iniziativa analoga a quella lanciata da un’altra organizzazione della società civile, il Fronte patriottico per la sovranità del Niger (Fpsn).

La presenza militare francese in Niger è di 1500 militari, oltre a mezzi e intelligence, ai quali si aggiungono anche i contingenti di Usa e Italia (circa 350 uomini). La principale missione dei militari stranieri è il contrasto al jihadismo e alla tratta di essere umani, per fermare le migrazioni verso il Mediterraneo.

Da diversi anni il Niger si trova ad affrontare una violenza jihadista mortale che colpisce la parte sud-occidentale del paese, ai confini del Burkina Faso e del Mali – la cosiddetta area dei Tre Confini – e la sua parte sud-orientale vicino al bacino del Lago Ciad e al confine con la Nigeria.

Stop alle attività delle Ong

Il 31 agosto, le autorità hanno annunciato la sospensione delle attività delle Ong, delle organizzazioni internazionali e delle agenzie delle Nazioni Unite nelle aree delle operazioni militari “a causa dell’attuale situazione di sicurezza”.

Le zone interessate non sono state specificate, ma secondo l’ufficio locale dell’agenzia umanitaria dell’Onu (Ocha), sarebbero prese di mira le localita’ attorno a Banibangou, Sanam, Anzourou e Bankilare’, tutte situate nella regione di Tillaberi (sud-ovest), a causa la “recrudescenza della presenza e delle attivita'” dei gruppi jihadisti.

Le Nazioni Unite hanno annunciato di voler contattare i militari dopo questa decisione per “comprendere meglio cosa significa e quali sono le conseguenze per l’attività umanitaria“. In questo contesto, le diplomazie sono al lavoro per scongiurare ogni possibile innalzamento della tensione che infiammerebbe tutta l’Africa occidentale. In prima linea su questo fronte c’e’ la nuova ambasciatrice americana a Niamey che, pur non presentando le sue credenziali alla giunta perché Washington non la riconosce, ha presso possesso della rappresentanza diplomatica.

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