Brics+6 e G7, due giganti a confronto

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L’ampliamento del gruppo preoccupa l’Occidente soprattutto dal punto di vista economico

AGI – Dal 1 gennaio 2022 i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) includeranno altri sei Paesi: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Un ampliamento massiccio che preoccupa l’Occidente soprattutto dal punto di vista economico, dopo i puntini sulle ‘i’ messi, in toni trionfalistici, all’annuncio dei nuovi ‘acquisti’ dal Presidente brasiliano Lula da Silva: i Brics+6, ha affermato, “rappresenteranno il 36% del Pil mondiale e il 47% della popolazione dell’intero pianeta”.

Ma solo per ora: una ventina di altre economie emergenti, ha aggiunto Lula, hanno già bussato alla porta chiedendo un possibile ingresso. L’ampliamento, soprattutto per Pechino e Mosca, ha per obiettivo la competizione economica (col dollaro) e quella politico-finanziaria (in istituzioni internazionali riconosciute come Imf e Banca Mondiale) con l’Occidente.
Chi sono i due blocchi in lizza? È veramente possibile compararli?

Brics e G7, la storia

Brics: nascono nel 2001, con l’acronimo coniato dall’economista Jim O’Neil di Goldman Sachs per indicare facilmente quattro destinazioni economicamente ‘attraenti’ per gli investimenti: Brasile, Russia, India, Cina. Nel 2006, i ministri degli Esteri dei quattro Paesi, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, formalizzano il gruppo BRIC che si sarebbe incontrato annualmente.

Nel 2010, con l’ingresso del Sud Africa, il gruppo “per rafforzare il coordinamento e le consultazioni tra i cinque principali Paesi in via di sviluppo” e per rendere più rappresentativo l’ordine mondiale dominato dall’Occidente, diventa ufficialmente Brics.

G7: il Gruppo dei Sette, ovvero delle 7 maggiori economie del Pianeta (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) nasce a metà degli anni’70 come foro di coordinamento informale economico e finanziario, sulla scia della crisi del sistema di Bretton Woods (basato sui cambi fissi tra valute e sulla centralità del dollaro) e della crisi energetica del 1973.

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© Dominika Zarzycka / NurPhoto / NurPhoto via AFP

Il G7 fu istituzionalizzato più tardi, negli anni ’80, con l’ingresso del Canada e dell’Ue in qualità d’inviato permanente alle riunioni. La sua missione è quella di facilitare iniziative macroeconomiche condivise dal Gruppo, definire risposte rapide in caso di crisi economiche, monitorare gli sviluppi mondiali. Il peso economico, finanziario, militare, politico e industriale del G7 è storicamente ritenuto d’importanza cruciale su scala globale.

Le popolazioni a confronto

I Brics: secondo le statistiche disponibili (statistica.com, dati 2021) la popolazione combinata dei BRICS è di 3,24 miliardi di persone (40% circa della popolazione mondiale). In termini demografici il peso di Cina e India, entrambe con oltre 1,4 miliardi di persone, fanno la parte del leone. I BRICS, ad accezione della Russia, sono anche i Paesi con i tassi di natalità piùelevati del Pianeta.

Dal 2024, con circa 404 milioni di abitanti dei nuovi Paesi membri, la popolazione dei Brics allargati arriverà a contare oltre 3 miliardi e 600milioni di individui sfiorando il 48% degli 8 miliardi che abitano il Pianeta. Il G7: la popolazione delle sette maggiori economie non arriva neppure a 700milioni di individui fermandosi, esattamente, a quota 772 milioni (dati World Bank, 2020), neppure il 10% della popolazione globale. Del Gruppo, alcuni membri come Italia e Giappone sono in piena decrescita demografica.

Le loro economie

Brics: secondo dati IMF/statistica.com le economie attuali dei Brics valgono in termini aggregati circa il 32% del Pil globale (20 anni fa pesavano poco più del 15%). Si nota tuttavia che il Pil cinese, da solo, pesa più di quello degli altri partner messi insieme. A livello nominale, il Pil combinato è di 26mila miliardi (dati 2022)ovvero il 60% del Pil combinato del G7, dato che rende il temuto ‘sorpasso’ dei Brics ancora parecchio lontano.

Brics+6 i nuovi membri aggiungeranno altri 3mila miliardi al Pil dei Brics portando il dato complessivo a sfiorare i 30 mila miliardi di dollari ovvero. Per misurare a colpo d’occhio il peso relativo del nuovo gruppo basti dire che il Fmi ha stimato la crescita mondiale a fine 2023 a 105 trilioni di dollari. Gli Usa, da soli, quest’anno dovrebbero essere confermati la prima economia mondiale, con un Pil previsto di $26,9 trilioni e la Cina dovrebbe rimane al secondo posto con un Pil previsto di 19,4 trilioni di dollari. L’unico soprasso sicuro sarebbe, sempre stando alle stime, quello di Nuova Delhi, candidata a diventare la quinta economia mondiale, su Londra.

G7: secondo elaborazioni Ispi basate su dati della Banca Mondiale, il Pil combinato delle prime economie pesa ancora almeno il 46% di tutto il Pil globale (una decina di anni fa, tuttavia, il G7 da solo rappresentava il 66% circa del Pil globale). La contrazione del peso economico relativo dei Grandi nel decennio non oscura comunque il dato del Fmi secondo cui il Pil nominale del G7 ammonta a 45,1 trilioni di dollari, mentre quella dei Brics si ferma a 27,8 ovvero circa 30 trilioni, sempre secondo stime del Fmi, dopo l’allargamento del 2024.

Il sorpasso?

Le statistiche e, in generale, i numeri possono essere lette in diversi modi e interpretate secondo diversi obiettivi. Comparando i due blocchi sulla base del Pil nominale è evidente che il sorpasso resta una prospettiva, nel migliore dei casi, di medio-lungo termine. Gli esperti in materia riconoscono che i Brics+6, specie se continueranno la loro campagna acquisti, andranno seguiti con grande attenzione.

“Se il coordinamento dovesse funzionare, la sua massa critica, a livello politico, potrebbe avere un ruolo sempre più determinate nell’orientare le decisioni di organizzazioni internazionali come Onu, Fmi o Omc”, come osservato da Gianni Castellaneta gia’ Ambasciatore italiano negli Usa.

Considerando il Pil a parità di potere d’acquisto (sempre secondo dati del Fmi) la fotografia però cambierebbe decisamente i suoi connotati perché in questo caso i Brics, anche senza i nuovi sei membri, hanno già contribuito al 31,5% del Pil globale, rispetto alla quota del G7 del 30%.

Gli economisti sottolineano, tuttavia, che il Pil a parità di potere d’acquisto è utile per analizzare la crescita di un’economia rispetto al proprio mercato interno, in base ai propri tassi d’inflazione, ma non per ponderarla rispetto agli altri Paesi, soprattutto alla luce del fatto che le economie odierne sono ‘aperte’.

Un nuovo ordine mondiale, fine del dollaro?

Fanno parte dei Brics+6 Paesi con crescite molto diverse fra loro e diverse visioni politiche ed conomiche. I cinque di oggi, e ancor di più gli 11 di domani, divergono anche sui grandi obiettivi da perseguire. Il presidente cinese Xi ha invocato una riforma della finanza internazionale lasciando intendere che i tempi siano maturi per istituzionalizzare un’altra valuta forte oltre il dollaro, una sorta di moneta unica dei nuovi Brics.

Ma anche su questo tema, sostenuto con diversa intensità dai Brics stessi, il Gotha degli economisti è stato piuttosto ‘tranchant’: le strutture, troppo diverse, delle economie emergenti renderebbero del tutto impraticabile allo stato attuale l’idea di una valuta unica o dell’internazionalizzazione del renminbi cinese. Alla luce delle difficoltà economiche cinesi, della contrazione conclamata del Pil di Mosca, del debito e dell’inflazione galoppante argentina (solo per citare alcuni fattori di ‘fragilita”) fanno apparire remota anche l’ipotesi di sostituire il dollaro come valuta per gli scambi internazionali.

Non da ultimo, sempre secondo il pensiero ‘main stream’, la prospettiva di una eventuale integrazione economica e finanziaria dei cinque, oggi, o degli undici, domani, è poco più di una chimera.

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