Il Paradosso della transizione green europea favorire chi inquina di più

Ambiente, Natura & Salute

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India e Cina sono rispettivamente il terzo e il primo maggiore inquinatore mondiale, eppure il nuovo corso green della Unione europea, lanciato dall’ ormai ex commissario all’ambiente Frans Timmermans, sembra paradossalmente essere pensato per favorire maggiormente proprio questi due paesi. Il paese del dragone, da tempo ha investito centinaia di miliardi per diventare la superpotenza nelle green economy. L’india dal canto suo forte di una crescita economica che si accinge a superare quella di una Cina in crisi, sta sovvenzionando con aiuti statali la crescita delle aziende che si occupano di batterie al litio ed energia rinnovabili.

In alcuni settori come quello della produzione di veicoli elettriche o di batterie per alimentarli, ,la Cina ha ormai oltre il 50% del mercato mondiale, in altri settori come quello per esempio del solare fotovoltaico questa percentuale sfiora il monopolio con oltre l’85% del mercato mondiale in mano ai cinesi. Nei primi tre mesi del 2023,  la Cina ha esportato un totale 1,07 milioni di auto elettriche, con un incremento del 58% rispetto all’anno scorso. Proprio per questo un recente articolo del Financial Times definiva la produzione di batterie al litio, come la nuova corsa all’oro dei cinesi, sovvenzionata ampiamente dallo Stato cinese. . Dei primi 10 produttori globali di batterie, stando ai dati di SNE research, cinque sono cinesi e controllano il 59% della produzione totale. Un dato impressionante, anche alla luce del fatto che tra i primi tre produttori ci sono la cinese CATL (37%), la sudcoreana LG (13,6%) e la cinese BYD (13,6%). l’India che cerca di recuperare terreno sul gigante cinese, nel 2022 ha approvato un piano di aiuti da oltre 3 miliardi di dollari per sviluppare progetti di produzione di batterie al litio. Nel 2022 sono state prodotte oltre 1 milione di auto con un aumento del 300% rispetto al 2021. Alcuni media sostengono che grazie a politiche ad hoc, come il portentoso “ the Faster Adoption and Manufacturing of Electric Vehicles (FAME) scheme”, lanciato nel 2019 e prorogato fino alla fine del 2024 che prevede grandi incentivi alla produzione all’acquisto di motori elettrici,  la produzione di veicoli elettrici possa raggiungere la cifra di 17 milioni di veicoli nel 2030.

Per quanto riguarda invece il fotovoltaico, invece,  il Siole 24 ore fa notare come è «made in China» addirittura il 97% dei wafer utilizzati nel mondo, stima il dipartimento dell’Energia statunitense, riconoscendo una dipendenza difficilissima da attenuare: oggi come oggi «non c’è alcuna capacità di produzione attiva basata negli Usa né per i lingotti, né per i wafer né per le celle di silicio» e questo deserto «sta già
provocando interruzioni nella catena di approvvigionamento».
In Europa siamo in condizioni di poco migliori. In Norvegia (Paese non Ue) sopravvivano infatti un paio di
produttori, Norsun e Norwegian Crystal, ma le due società, con una capacità di circa 1 GW, sono dei nani in
confronto ai colossi cinesi. Ed è in questo contesto che come fanno notare esponenti di spico del gruppo Ecr al parlamento europeo che la politica ultre green dell’Europa appare come un vero e proprio incentivo a Cina ed India a aumentare questo divario con il resto del mondo e l’Europa in particolare, “Nei suoi numeri e nelle modalità di impostazione e attuazione la transizione energetica dettata dalla UE rischia di essere soltanto un colossale regalo alla Cina. Come evidenziato dall’Aie, l’Agenzia Internazionale dell’energia, (riportato oggi dal Sole 24Ore), la Cina ha ormai il monopolio assoluto della produzione di pannelli solari ma anche delle materie prime e praticamente di ogni componente della catena, dal silicico fino al pannello finale. Il vero paradosso è che tutto questo è finanziato proprio dalla UE che è schiacciata sul solare per il quale è totalmente dipendente da Pechino”. Ha affermato Nicola Procaccini, eurodeputato di Fdi e copresidente del gruppo dei conservatori europei a Bruxelles. “Come conservatori europei, chiediamo a Bruxelles di cambiare l’impostazione delle politiche energetiche e ambientali, che finora hanno portato a consegnare centinaia di miliardi di investimenti ai colossi industriali cinesi, che controllano quasi interamente le filiere delle due principali componenti della transizione ecologica, i pannelli solari e le batterie. Tutto questo – ha ancora affermato Procaccini- è stato possibile anche dal dumping commerciale cinese degli ultimi venti anni, pratiche commerciali irregolari con cui la Cina ha abbassato enormemente i prezzi e sbaragliato la concorrenza a livello mondial. Pratiche che passano anche per lo sfruttamento della manodopera degli Uiguri nei campi di lavoro forzati che producono gran parte della materia prima dell’industria fotovoltaica cinese. Il risultato di tutto questo è che, secondo l’Aie, la Cina si prevede raddoppierà entro il 2024 la produzione di pannelli solari e senza nessun vincolo ambientale, con Pechino che da sola continua a emettere più anidride carbonica degli USA e dell’Europa insieme”

Insomma in vista delle prossime elezioni europee del 2024 questo ultimo anno scarso di legislatura, la battaglia intorno alla discussione su come affrontare la transizione energetica sarà certamente uno degli argomenti forti. Tra conservatori e popolari che sono per una politica di transizione energetica ed ambientale che non sia tutta sulle spalle di aziende e famiglie europee e chi come le sinistre e i liberali che sembrano caricare invece eccessivamente di ideologia e strumentalizzazioni la politica green europea. Le recenti dimissioni di quello che è considerato come il padre del corso green europeo, il vicepresidente e commissario Frans Timmermans, che vuole correre alle prossime legislative come candidato premier, non fanno altro che aumentare forse la diatriba e i contrasti tra i rispettivi gruppi parlamentari, in vista anche di quella che si preannuncia come una delle campagne elettorali per le europee, tra le più dure ed importanti degli ultimi decenni

 

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