L’adozione legittimante fa venire meno anche i diritti del bambino nei confronti della famiglia biologica

Diritti & Lavoro

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E’ conforme alla Costituzione l’attuale normativa sull’adozione legittimante dei minori di età?

La c.d. “adozione piena, o legittimante” è l’istituto più applicato in Italia, salvo concreta impossibilità, a tutela dei minori di età i cui genitori, parenti o tutori si siano rivelati del tutto inadeguati a svolgere il rispettivo ruolo.

L’adozione piena o legittimante, disciplinata dalla legge n. 184 del 1983, ha lo scopo principale di tutelare gli orfani, i minori abbandonati o i bambini privi di adeguata assistenza dalla propria famiglia e recide ogni legame anche giuridico dell’adottato con la sua famiglia biologica. Una volta divenuta definitiva la sentenza di adozione, dunque, la famiglia adottiva diviene l’unica famiglia del minore il quale perde qualsiasi diritto, anche successorio, nei confronti della famiglia d’origine. L’unica eccezione a questa regola venne prevista per le adozioni pronunciate prima del 1967, in conseguenza delle quali gli adottati hanno dunque conservato i rapporti di diritto con i genitori biologici, in quanto con la legge n. 431 del 1967 per la prima volta venne introdotta per i minori di età una forma di adozione che rescindeva ogni legame del figlio adottivo con la famiglia biologica.

Con le leggi ordinarie sull’adozione legittimante, dunque, lo Stato italiano è intervenuto a modificare d’autorità non solo alcuni diritti e doveri del figlio biologico, ma addirittura a sopprimerne l’intero status, ossia l’intero insieme dei suoi diritti e doveri di generato da un padre e da una madre.

Le leggi ordinarie tuttavia devono rispettare i principi generali dell’ordinamento, e innanzi tutto le norme della nostra Costituzione, che all’art. 2 secondo la pacifica interpretazione prevede come diritto inviolabile il diritto all’identità personale, e all’art. 30 dispone che “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”, garantendo cioè l’assistenza materiale e morale al bimbo ma senza prevedere e imporre alcuna rescissione dei rapporti giuridici tra l’adottato e la famiglia biologica.

In realtà la rescissione dei rapporti giuridici tra l’adottato, nella adozione piena o legittimante, e la famiglia biologica, parrebbe rispondere più alle esigenze degli adottanti che del bambino: consente cioè agli adottanti di fare entrare nella loro famiglia un “bambino nuovo”, che per diritto è nato di nuovo nel momento in cui è divenuto loro figlio.

Perché per tutelare in punto di fatto il minore abbandonato, o maltrattato, e consentirgli di inserirsi pienamente nella sua nuova famiglia, senza subire disturbo dai parenti di sangue, sarebbe stato sufficiente prevedere il collocamento del bambino in famiglie residenti lontano rispetto alla famiglia di origine, in una diversa regione o addirittura all’estero.

L’adozione legittimante è un istituto che si presenta come “buono” per definizione, e raramente viene messo in discussione: il punto di frizione della normativa vigente con i diritti fondamentali dell’uomo si rende però evidente nei casi concreti, non infrequenti ormai, in cui la famiglia biologica dell’adottato è possidente, benestante, ricca, o comunque è titolare di diritti di proprietà o di cespiti di qualunque genere, o di una storia o genealogia socialmente invidiabile.

Non con riguardo di fatto a queste famiglie è stata introdotta la adozione piena o legittimante, ma tant’è ormai i tabu’ sono caduti, e il benessere economico o la stima sociale non sono più considerate circostanze incompatibili con lo stato di abbandono; probabilmente a torto, perché il benessere economico e la stima sociale consentono comunque alla famiglia biologica di contribuire (volente o nolente) al mantenimento del bimbo e ad assicuragli una buona posizione nella collettività, anche se egli deve essere collocato presso altra famiglia o affidato a una casa-famiglia, consentendogli di crescere affettivamente, intellettualmente e socialmente sia pure lontano dai suoi generanti. Ma tant’è, il dogma della “rinascita” anche giuridica del bambino adottato si sta espandendo al di là di ogni logica, fino a comportare talora un grave e insanabile pregiudizio quando la famiglia di origine sia ricca di beni, fondi e storia e cultura che non potranno però pervenire al figlio, che rischia così di essere depauperato proprio ad opera dello Stato e delle Istituzioni deputate alla sua protezione.

Si tratta di vicende kafkiane, in cui i parenti o lo Stato finiscono con l’arricchirsi di eredità o lasciti che sarebbero spettati al figlio, privato anche della propria storia e dei ricordi e delle glorie familiari.

E’ inoltre ormai riconosciuto che con elevata frequenza i bambini adottati con l’adozione piena o legittimante soffrono di patologie psichiatriche o perlomeno sono affetti da turbe della personalità per la mancanza di consapevolezza sulle proprie ancorchè dolorose radici, e si infilano nel vortice delle ricerche dei propri genitori biologici, affrontando a volte anche difficoltà nei rapporti con le istituzioni che gestiscono il fascicolo relativo alla loro adozione, per cercare di ottenere l’autorizzazione ad avere le informazioni e gli atti che, alla fine, li riguardano direttamente.

Infatti, come previsto dall’art. 24 comma 5 della legge n. 149/2001: “l’adottato, raggiunta l’eta’ di venticinque anni, puo’ accedere a informazioni  che  riguardano la sua origine e l’identita’ dei proprigenitori  biologici.  Puo’ farlo anche raggiunta la maggiore eta’, se sussistono  gravi  e  comprovati  motivi  attinenti  alla  sua salute psico-fisica.  L’istanza  deve  essere  presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza”. Quindi, addirittura una persona maggiorenne può essere privata dei suoi diritti, e sottoposta anche a una valutazione peritale per verificare se possa superare l’impatto della conoscenza della verità: e tutto ciò, benché la stessa legge n. 149/2001 al primo comma dell’art. 24 disponga che “il minore adottato e’ informato di tale sua condizione ed  i  genitori  adottivi  vi  provvedono nei modi e termini che essi ritengono piu’ opportuni”.Quindi ciò che si nega all’adottato, una volta divenuto maggiorenne e fino a quando abbia compiuto 25 anni, è la possibilità di avere accesso diretto alle informazioni che lo riguardano, agli atti del procedimento di cui egli sarebbe dovuto essere il protagonista, difeso addirittura da un suo proprio avvocato secondo i principi del diritto europeo ed internazionale.

E inoltre, anche una volta che abbia compiuto 25 anni, l’adottato non potrà conoscere le generalità dei suoi fratelli di sangue qualora questi non rilascino espresso consenso. Nel caso dei fratelli deve ritenersi che, attraverso il bilanciamento degli interessi che sempre deve informare i procedimenti di volontaria giurisdizione quale quello che si apre una volta depositata un’istanza di accesso agli atti da parte dell’adottato, debba prevalere su ogni altro il diritto di questi alla sua identità personale, costituzionalmente protetto, che si sviluppa anche come diritto alla sua identità familiare e sociale.

Invece la normativa che consente alla madre che alla nascita abbia scelto di non essere nominata, e che subordina il diritto del figlio a conoscerne le generalità, al consenso espresso da quest’ultima, è sicuramente legittima perché volta a tutelare il superiore diritto alla vita del neonato, che se venuto al mondo in un contesto estremamente difficile rischierebbe in punto di fatto di essere esposto a pericoli gravi e finanche alla morte, qualora non fosse prevista la facoltà per la donna di partorirlo in sicurezza in ospedale potendo contare sul segreto, potenzialmente per tutta la sua vita, sulla sua genitorialità.

Probabilmente, quando in un lontano futuro in molti si saranno interrogati sulla legittimità di un non indispensabile spossessamento statalista di identità, e ci sarà il coraggio di superare i dogmi e le abitudini interpretative, la normativa sull’adozione piena o legittimante verrà revisionata, o riletta in termini costituzionalmente orientati.

(grafica Zimmytws, copyright)

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